Titolo a picco

Facebook sprofonda in Borsa: la Sec indaga

Andrea Tempestini

Corsa al ribasso senza fine per Facebook, che anche nel suo terzo giorno di contrattazioni sul Nasdaq di New York vede affievolirsi la sua capitalizzazione di oltre 6 punti percentuali. Il valore delle azioni del social network è crollato a 31,9 dollari rispetto ai 38 della quotazione dello scorso venerdì. Il nuovo crollo, indicano gli analisti, è dovuto alle dichiarazioni della Sec (l'equivalente dell nostra Consob, l'autorità di controllo sulla Borsa), che vuole vederci chiaro sulla Ipo della scorsa settimana. Corsa al ribasso - Mary Shapiro, il presidente della Sec, chiederà chiarimenti alla società di Mark Zuckerberg e alle banche sottoscrittrici dopo il mezzo passo falso al debutto in Borsa e dopo i successivi tuffi all'ingiù della quotazione. Venerdì scorso, nel giorno dell’Ipo, il titolo ha chiuso 23 centesimi sopra i 38 dollari del prezzo iniziale, mentre lunedì ha perso oltre l’11 per cento. Restano pesanti i volumi di scambio sul titolo, con 581 milioni di azioni passate di mano dal giorno del lancio sul mercato azionario: 168 milioni lunedì e altre 73 milioni martedì, a seduta ancora in corso.altri 73 milioni oggi, a seduta ancora in corso. Morgan Stanley nel mirino - Per l'affaire Facebook, nel mirino delle critiche ci finisce il colosso Morgan Stanley, la banca d'affari Usa che, in quanto sottroscritrice, è stata tra le responsabili del collocomento in borsa del titolo. L'istituto, da una parte, ha condotto una battaglia legale per consentire alla società di raggranellare i 16 miliardi di dollari in borsa e per mantenere sopra 38 dollari la quotazione delle azioni nel giorno del debutto a Wall Street, mentre dall'altra, ancor prima dell'Ipo, Morgan Stanley ha tagliato le sue stime sui ricavi della società di Zuckerberg. Scarsa informazione - Il taglio delle stime è stato deciso dall’analista di Morgan Stanley Scott Devitt, ed è arrivato a ridosso dell’ultimo prospetto depositato alla Sec lo scorso 9 maggio prima dell’Ipo. L’analisi metteva in luce il fatto che le entrate pubblicitarie di Facebok tendono a ridursi a causa dello spostamento dell’utenza dal desktop del pc agli smartphone, dove entrano meno avvisi pubblicitari. Si tratta di un’analisi corretta, che però non è stata adeguatamente diffusa da Morgan Stanley nella veste di sottocrittrice del titolo Facebook. In pratica Morgan Stanley non avrebbe informato adeguatamente il mercato, indossando una doppia veste di analista e di sottoscrittrice di Facebook.