Elezioni in Sardegna, Salvini: "La sinistra ha tradito operai, conosce più banchieri che pastori"
Romanzo
Raccontare dolori privati, autobiografici, è difficilissimo. Si rischia di scivolare nella retorica o nella banalità.
Tocca usare l'arma dell'ironia, ma ci vuole talento. Questo talento lo dimostra Maurizio Sbordoni, in un libro intitolato Stavo soffrendo ma mi hai interrotto (San Paolo Edizioni).
Sbordoni parla della malattia terminale di sua madre, nel contesto della cronaca famigliare. La sua è una famiglia della Roma bene.
Lui racconta una tragedia, catturandone, con uno spirito di osservazione esemplare, ogni sfumatura vitalistica.
La madre è un "usignolo da combattimento"; il padre, autoritario, ma impotente di fronte a questa realtà, un uomo d'affari spiazzato e con lo sguardo sempre più perso nel vuoto.
Le due sorelle vivono l'angoscia ciascuna a modo suo. Il figlio-autore descrive l'assurdo baraccone della clinica di lusso con una limpida precisione linguistica che, incredibilmente, strappa spesso il sorriso.
I protocolli balzani delle cure, i medici tutt'altro che onnipotenti, gli infermieri-camerieri. La donna che gli ha dato la vita, mentre lotta contro la morte.
Sbordoni ama definirsi uno che non lavora, perché non ha raccolto l'eredità paterna. Per scrivere un libro come questo però deve avere lavorato molto, con costanza e con dolore.
Uno stile così brillante e il susseguirsi di aforismi semplici e profondi, richiedono un impegno speciale. Apritelo a caso e cominciate a leggerlo. Vi catturerà.
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