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Vittorio Feltri sul coronavirus: Tutti danno consigli, ma nessuno impartisce ordini

 Vittorio Feltri

Vittorio Feltri
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Questo articolo non è una difesa di Giuseppe Conte il quale mi è simpatico come il fuoco di Sant'Antonio. Semplicemente esso punta ad affermare che qualsiasi decisione avesse preso il governo a riguardo del virus tutti noi avremmo sbuffato. Oddio, che questo esecutivo sia costituito da incapaci non lo abbiamo scoperto ieri, già prima che l'infezione dilagasse il Consiglio dei ministri aveva dimostrato ampiamente di essere inadeguato.

Quando il titolare del dicastero degli Esteri, Gigino Di Maio, invece di dire "virus" pronuncia "vairus" (testuale), significa che non sarebbe all'altezza neppure di fare l'assessore allo sport a Casoria o comune affine. Quindi scopriamo l'acqua calda se dichiariamo sconsolati che il governo in carica non sarebbe in grado neppure di figurare quale comparsa nella commedia dell'arte. Il punto è un altro. La Lombardia non è più la locomotiva del Paese, l'hanno ridotta a un ghetto dove la maggioranza degli abitanti è formata da fantasmi che si annidano negli angoli più oscuri e riparati della città, timorosi di contrarre la malattia del momento. Si aggirano impauriti come topi accerchiati da una colonia di gatti e tremano di paura.

Nei bar gli avventori si osservano l'un l'altro con sospetto. Cercano di tenere le distanze, poi si dimenticano di questo comandamento e con il bicchiere dello spritz fanno cin-cin con grave pregiudizio della sicurezza sanitaria. Ogni tanto qualche pazzo scriteriato si avvicina a me e mi chiede un selfie. Mi dispiace mandarlo al diavolo e accetto di fare la foto a una condizione: tu stai davanti a me e io due passi indietro. Il tizio di solito acconsente sorridendo. Io sbuffo e torno in macchina, deciso a rientrare in casa: lo spritz mi piace ma lo berrò a domicilio.

Intanto mi guardo intorno e scopro che la gente se ne fotte del Corona. Infatti invade in massa i supermercati e si tallona per arrivare prima alla cassa. I Navigli sono affollatissimi. C'è qualcosa di eroico nel popolo deambulante, è dominato dal fatalismo e ritiene che se il virus non è scemo colpirà soltanto gli sfigati, non i coraggiosi che lo sfidano andandogli incontro nella pubblica via. La Galleria Vittorio Emanuele continua ad essere un luogo di passeggio. Soprattutto i giovani e i vecchissimi gironzolano indifferenti alla minaccia del morbo. D'altronde è noto, la storia insegna che i ghetti non sono mai stati deserti.

Mi sorprende semmai la mancanza di informazione. La maggioranza dei milanesi non ha capito un tubo dell'ordinanza emessa da Palazzo Chigi: trattasi di raccomandazioni, di consigli o di imposizioni? Il premier in merito non ha precisato. E noi persone semplici, benché incazzate, non sappiamo come comportarci. Si può o non si può uscire in auto o in treno dalla regione? Siamo autorizzati a recarci in Tirolo a salutare la nonna di 90 anni o dobbiamo limitarci a telefonarle? Se abbiamo un lavoro in Ticino in che modo ci regoliamo? Non desideriamo disobbedire, tuttavia vorremmo imparare a chi cavolo dare retta.

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