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Vittorio Feltri: "Il coronavirus? Paragonarlo alla guerra è uno scandalo, meglio evitare il contagio che un colpo"

 Vittorio Feltri

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Chiunque esprima un parere sul virus micidiale che ci perseguita non può fare a meno di dire: praticamente siamo in guerra. Un luogo comune che sconfina nella banalità. Chi lo ripete senza rendersi conto che si tratta di una scemenza, evidentemente ignora le cause dei conflitti e le conseguenze che essi produssero sulle nazioni coinvolte.

Cominciamo col ricordare che gli scontri armati mondiali avvenivano tra uomini talmente sprovveduti da non capire che sia i vincitori sia gli sconfitti non avrebbero tratto alcun vantaggio. Infatti gli schieramenti, al termine di ogni battaglia, dovevano solo contare il numero delle vittime lasciate sul campo. Centinaia di migliaia di soldati morti ammazzati gratis. Cataste di cadaveri, gente sacrificata in modo incosciente da capi di Stato privi di moralità, i quali imponevano con la forza a poveri cristi di recarsi al fronte per sparare e uccidere altri poveri cristi in nome di un patriottismo gonfio soltanto di retorica frusta. Sia la prima quanto la seconda guerra mondiale furono devastanti e incisero negativamente anche sull'economia di interi continenti, ridotti in miseria e costretti, per riprendersi dalla batosta, a enormi sacrifici della durata di anni e anni. Se penso che per colpa di Hitler e di Mussolini mio padre finì in un campo di concentramento, da cui fuggì, mi si rivoltano le budella. E se sento qualcuno, capita spesso, che rimpiange le dittature che mandavano al massacro i nostri nonni in Russia senza scarpe, mi viene voglia di mettere mano alla fondina.

Ecco perché paragonare il virus alla guerra è semplicemente scandaloso. Il Corona non è mica il duce che costringeva gli italiani abili e arruolati a farsi trucidare in trincea, al massimo, tramite Conte, fastidioso quanto una zanzara, non di più, ci obbliga a stare sul divano o in tinello ad aspettare la sera, quando sul tavolo comparirà una bottiglia di vino buono, svuotando la quale ci sarà garantita una notte tranquilla. Vero che il morbo sta sterminando migliaia di miei coetanei, e ciò non consola, ma è altrettanto vero che evitare il contagio è molto più facile che schivare i colpi dell'artiglieria.

È preferibile litigare con Conte e il Movimento 5 stelle che con i manipoli in camicia nera. Meglio crepare in un reparto di terapia intensiva che davanti a un plotone di esecuzione. Per comparare il presente al passato bisogna avere memoria, la quale manca in coloro che blaterano di guerra senza averla sperimentata e quindi mai subita. A casa mia fino al 1945 i vetri delle finestre erano oscurati da una carta blu, quella degli spaghetti, per impedire che il mitragliamento degli aerei ci prendesse di mira. I caloriferi erano spenti per mancanza di nafta. Noi ragazzi avevamo i geloni, molti lettori immagino non sappiano neppure che roba sia.

In prima elementare ogni mattina andavo a scuola portando con me, oltre alla cartella, un ciocco onde alimentare la stufa a legna troneggiante nell'aula. La cena si riduceva a una brodaglia in cui inzuppavamo pane secco. Oggi con l'infezione circolante ci azzuffiamo per entrare al supermercato. Signori della guerra attuale, andate a fare in culo. Un'ultima annotazione dato che temo di annoiarvi: in questi giorni crepano molti vecchi, purtroppo, mentre all'epoca di cui ho narrato qualche dettaglio non tiravano le cuoia perché le avevano già tirate da giovani.

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