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Pietro Senaldi sui provvedimenti per fermare il Covid-19: “Il blocco totale aiuta solo Conte, perché ha ragione Renzi”

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 Diavolo d' un Renzi. Se non fosse perennemente in conflitto con chi non gli si inchina davanti e non fosse così visibilmente preso da se stesso e dai propri affari almeno quanto lo è dal Paese, forse qualcuno lo ascolterebbe quando la dice giusta. Ieri, in un' intervista all' Avvenire, l' ex premier, con mezza Italia nel panico da Covid, il governo incapace di qualsiasi strategia, l' opposizione in deficit di argomenti e l' Europa che si è rivelata una finzione, se n' è uscito con una considerazione da politico di razza. «Il vaccino non c' è, non possiamo permetterci di restare chiusi un anno, dobbiamo imparare a coesistere con il Corona e prepararci a tornare a vivere, anche se con la mascherina». Quindi, si riaprano le fabbriche prima di Pasqua e si facciano i tamponi agli studenti per riaprire le scuole il 4 maggio; dopo di che, si sospendano tasse e affitti a chi non ha incassato e la si smetta con la burocrazia, l' unica cosa che l' epidemia, capace di uccidere le nostre libertà e i nostri diritti costituzionali, non è riuscita a distruggere.


Non siamo dei tifosi del leader fiorentino, è notorio, però non possiamo non riconoscergli lucidità e realismo, come se l' uomo fosse rientrato in contatto con il Paese vero. Se non altro, stavolta, ha parlato per dire qualcosa e dopo un (breve) periodo di silenzio. L' epidemia è una cartina di tornasole. Non come Conte, che parla tutti i giorni senza dire nulla. L' avvocato pugliese, prima che scoppiasse il Corona, era scoppiato di suo.
Dopo il via libera alla Finanziaria il governo era fermo, ma la pandemia ha rivitalizzato il premier, che ha occupato la scena. Risultato: otto decreti della presidenza del Consiglio, due delibere della medesima, altri sette decreti legge, 19 ordinanze e tre provvedimenti ministeriali per non risolvere nulla. Oltre all' annuncio di 50 miliardi di sostegno all' economia dei quali non si è visto neppure un euro.

 

 


Per il professor Giuseppe però va bene così. Non ha mezzo progetto per sconfiggere il virus se non quello della quarantena totale. Efficace, ma è la stessa soluzione che si usava nel Medio Evo, quando non c' era internet e neppure gli ospedali, i farmaci, le terapie intensive, i tamponi, i prelievi del sangue e tutti quelli strumenti per fronteggiare un' epidemia che gli altri Paesi hanno usato. Conte sa che, quando il peggio sarà passato, verrà il momento di fare i conti, e lui finirà sul banco degli imputati. Perciò ha prorogato l' emergenza fino al 31 luglio, garantendosi mesi di vita e fregandosene se il Paese va in malora economicamente.
Renzi ha posto un problema serio e infatti il governo lo attacca. La ministra dell' Istruzione scrive che i ragazzi imparano più a casa che sui banchi, quello dell' Economia porge la mano all' Europa, a chiederne la carità, quello dell' Interno si dice preoccupato delle tensioni sociali ma poi parla come un medico anziché come un poliziotto, quello del Sud promette redditi di cittadinanza e denari a pioggia, come quello dello Sviluppo, mentre quello della Sanità nasconde la testa sotto la sabbia. Tutti a sostenere che la proposta del leader di Italia Viva è prematura. E siamo d' accordo, ma almeno butta sul tavolo un argomento.


100 MILIARDI AL MESE
Ma poi, la questione è davvero così fuori tempo? Al Sud sono iniziati i primi assalti ai supermercati, e per smontarli il governo dice che c' è dietro la camorra. Cosa che può anche essere vera, ma da sempre la criminalità organizzata prospera dove lo Stato latita e abbandona i cittadini. Solo che la rabbia sociale sta salendo anche al Nord, come denuncia la vicepresidente di Confindustria, Licia Mattioli, affermando che il tessuto economico non può tenere ancora a lungo e che fra un po' imprenditori ed (ex) dipendenti scenderanno in piazza con i forconi.


La chiusura totale ci costa cento miliardi al mese. Se si riaprirà il 20 maggio, sono già stati messi in conto una perdita di oltre 250 miliardi di Pil, un debito pubblico al 160%, uno spread intorno ai 350 punti e un calo degli occupati dal 59 al 54% della forza lavoro attiva. Un disastro che, nella migliore delle ipotesi, costerà in media tre-quattro mensilità a tutti. L' ex premier sembra l' unico a porsi il problema del domani, mentre il governo, privo di strategie, non si pone neanche quello dell' oggi. D' altronde il ministro Speranza non è riuscito neppure a dotare medici e infermieri delle mascherine necessarie, benché ci vantiamo di essere l' ottava economia al mondo. Ma in termini economici, il Pd, Conte e forse i grillini, anche se nessuno può saperlo visto che da due mesi non sono pervenuti, confidano nell' Europa, negli eurobond e, tutti tranne il premier, nel dio Draghi.


Banda di illusi. Draghi non si metterà a capo dell' italica ammucchiata di parlamentari incompetenti e litigiosi, neppure se costoro gli promettono il Quirinale. L' ex governatore punta a essere il commissario straordinario dell' Europa, non della scassata Italia. Quanto alla Ue, non c' è da aspettarsi nulla, se Draghi non tornerà.
Prodi, che dell' Unione è padre e madre e fino all' anno scorso chiedeva agli italiani di esporre dai davanzali la bandiera Ue, ha ripudiato ieri ufficialmente la propria creatura, scrivendo che l' egoismo della Germania la sta uccidendo ed è il miglior viatico per i nazionalismi. Perfino Monti ha accusato la sua amica ed ex dante causa Merkel di miopia suicida, avvertendola che, se non acconsentirà agli eurobond, finirà vittima della disintegrazione della Bce. E mentre i nostri ultra europeisti mollano la Ue, Conte e Gualtieri sono i soli a non aver capito e con il piattello in mano ancora implorano benevolenza. Carità e quarantena, ecco le ricette giallorosse contro l' epidemia. Siamo proprio tornati ai tempi dell' Armata Brancaleone. E come dei pezzenti i nostri eroi vengono trattati dalla Germania e dall' Europa. Proprio ieri sera, mentre Conte parlava, la presidente Von der Leyen ha detto all' Italia di infilarsi in quel posto la sua richiesta di eurobond anti-Corona.

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