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Silvia Romano, Pietro Senaldi: "Perché molti hanno criticato la sua conversione all'Islam, senza possibilità di ritorno"

Pietro Senaldi
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«Che Allah vi benedica per tutto l' affetto che mi state dimostrando. Grazie a Dio, grazie, grazie. È bellissimo, è un' emozione grande. Ciao fratelli, a presto, sia fatta la volontà di Allah». Silvia Romano ha ringraziato così ieri la comunità islamica che le dava il benvenuto dopo la conversione. È la prova che il titolo di Libero, «Abbiamo liberato un' islamica», che da sinistra in molti ci hanno contestato, accusandoci di prendercela con una ragazza che ne ha passate di ogni, è fattuale, privo di ogni velleità critica. Il male è solo in chi lo vuol vedere. Il pregiudizio non è nostro ma di chi ci processa, e non si capisce se sia nei confronti di Libero o verso l' islam, ovverosia se ci contestano perché siamo noi ad aver detto che Silvia è diventata musulmana o perché ritengono che, definendola così, l' abbiamo insultata.
Poco importa. Va di moda la parola islamofobia e chiunque trova singolare che una ragazza, sequestrata e rimasta 18 mesi nelle mani di un gruppo di terroristi islamici, torni coperta dal velo, è accusato di seminare odio, alla stregua di un macellaio dell' Isis. Noi di Libero invece pensiamo che non sia necessario detestare Allah per rimanerci male per la conversione di Silvia-Aisha. È normale che molti italiani, dopo aver sborsato in tempi di crisi nera qualche milione di euro per riportare la giovane, partita avventatamente per il Kenya, ci siano rimasti male nel vederla scendere dalla scaletta dell' aereo intabarrata in una divisa islamica che ricorda gli scafandri degli infermieri impegnati nei reparti anti-Covid-19.

 

 

 

Tutti sono contenti della liberazione della cooperante, ma a tanti non è piaciuto che le sue prime parole siano state di assoluzione verso i sequestratori.
La principale preoccupazione di Silvia è stata cercare di convincerci di aver passato 18 mesi non nelle mani di un gruppo di efferati tagliagole bensì in una sorta di confraternita di ferventi religiosi, che l' hanno sempre trattata con rispetto, cucinandole perfino gli spaghetti.
Non è islamofobia affermare che avremmo preferito che la ragazza ringraziasse l' Italia per averla liberata e si scusasse per il disagio creato a tutti, piuttosto che elogiare i suoi aguzzini per averle consentito di leggere il Corano e convertirsi liberamente. Senza riuscire a spiegare cosa ci sia di libero nel restare 18 mesi alla catena.

Nessuna misoginia - Un' altra delle balle che la sinistra ha fatto circolare per screditare chi è rimasto perplesso dalla conversione della ragazza è che Silvia sia stata attaccata perché donna, mentre altri rapiti che poi hanno abbracciato l' islam non hanno destato il medesimo scalpore.
Oltre a islamofobi quindi saremmo anche misogini. La realtà è opposta. Il sequestro della Romano ha suscitato maggiore attenzione mediatica rispetto ad altri proprio perché tutti erano particolarmente toccati dalla tragedia di una donna, tutta sola in Africa, e per di più molto giovane e inesperta. Ci siamo interessati alla sorte di Silvia più che di quella di altri ostaggi ma non abbiamo mai speculato sulla sua disavventura. A voler strumentalizzare la vicenda è stato il governo, che ha organizzato la passarella del suo rientro perché finalmente aveva una buona notizia con la quale oscurare i disastri che sta combinando nella gestione della pandemia. Conte e Di Maio non hanno tutelato la ragazza, comprensibilmente scossa dall' esperienza della prigionia, tanto che ha recentemente dichiarato di «aver bisogno di ritrovarsi». Poi, lo show, malamente preparato, si è rivelato un boomerang e le polemiche hanno coperto tutto. Altrettanto normale è che la conversione della Romano faccia più notizia di quella di un uomo. Abbracciare l' islam per una giovane comporta rinunce e un nuovo stile di vita che per la maggior parte delle donne occidentali sono inaccettabili. Se un laico trattasse la propria moglie come fanno molti musulmani, sarebbe denunciato per maltrattamenti.
Ferma la libertà di ognuno di credere in quel che gli pare e di cambiare idea quante volte vuole, solo per questo in molti si sono dispiaciuti della conversione di Aisha. Un passo senza possibilità di ritorno, giacché Maometto prevede la pena capitale per gli apostati.

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