Mezzo secolo di diplomazia italiana in Germania
Ach Italien, il titolo del book on demand (su Amazon al costo di 14,99) scritto da Inge Adams, fresca pensionata tedesca della Renania, ma per 43 anni a servizio dello Stato italiano, nella fattispecie della sua diplomazia in terra di Germania, è un modo per richiamare le tante perplessità con le quali tanti in Germania guardano all' Italia.
Assunta come traduttrice, Inge ha lavorato, facendo in realtà di tutto, prima presso l' Ambasciata di Bonn, poi nel Consolato di Colonia, quando Berlino tornò ad essere la capitale tedesca. In quasi mezzo secolo ha visto passare ben dodici ambasciatori: una lunga storia di diplomazia italiana in un Paese il cui popolo vive da sempre con quello italiano un rapporto che è fin troppo facile definire di amore e odio.
Il libro, ricco di episodi curiosi, divertenti, addirittura incredibili, è scritto in tedesco per il semplice motivo che Inge, «metà italiana e metà tedesca», traduttrice e interprete diplomata, non se la sentiva di scrivere il libro in italiano.
Episodi incredibili come quello avvenuto nel 2005 ad Aquisgrana: c' era da preparare la visita del Presidente della Repubblica, Azeglio Ciampi, per la consegna del Premio Carlo Magno. Come d' uso, qualche giorno prima ci fu il sopralluogo di una folta delegazione italiana (una trentina di persone) e fu nella cattedrale della città che a Inge arrivò l' imbarazzante richiesta del capo di protocollo della Presidenza della Repubblica: «Chieda al vescovo di Aquisgrana di spostare quella "cassa", perché impedisce la visuale al Presidente». «Ma com' era possibile», scrive Inge, «si trattava nientedimeno che del sarcofago dell' imperatore Carlo Magno!».
In realtà, e lo si capisce molto bene ascoltando un' intervista rilasciata qualche mese fa dalla Adams a Radio Colonia, questo libro-memoriale è un attestato di riconoscenza e d' amore all' Italia. Tanto più che non le sono mancati gli apprezzamenti da parte degli ambasciatori ancora in vita, compreso Luigi Vittorio Ferraris, che ricoprì l' incarico dal 1980 al 1987, il quale, morto nel 2018, è riuscito comunque a leggere in bozze il capitolo che lo riguardava.
L' idea di un libro-memoriale come questo non è derivata tanto dal desiderio di togliersi qualche sassolino dalle scarpe (come qualcuno ha scritto). Fu il padre di Inge, dall' inizio, ascoltando i suoi racconti a cena, a suggerirle di scrivere quanto aveva vissuto a servizio della diplomazia italiana. Covata per 40 anni, la scrittura è iniziata solo tre anni prima del pensionamento. Nell' ufficio stampa dell' Ambasciata capitò per esempio che la sua traduzione di un testo su Giulio Andreotti venne "cambiata": «Ha a che fare con la mafia» fu sostituito con: «Andreotti eccellente rappresentante della politica italiana». Adams ricorda anche quando il cancelliere Helmut Schmidt, usando un tedesco del nord della Germania, raccontò una barzelletta su di un carro armato italiano con una marcia in avanti e tre retromarce.]Uno dei due ambasciatori che non hanno potuto leggere il libro della Adams è Silvio Fagiolo (l' altro è stato Corrado Orlandi Contucci), in servizio a Berlino dal 2001 al 2005, gli anni del II governo Berlusconi: un uomo non sempre allineato con gli indirizzi governativi. E Inge ricorda nel libro la reazione seccata di Fagiolo alla richiesta del Cavaliere di inoltrare all' allora cancelliere Schröder l' invito a fare vacanza nella sua villa in Sardegna: «Questo proprio non posso farlo», si sentì rispondere la Adams. Non mancano certo gli appunti alla macchina burocratica italiana, ma nella citata intervista Inge ha dimostrato di non avere dubbi: «Nonostante i tanti ostacoli e le tante insufficienze, soltanto l' Italia è in grado di funzionare così come funziona. Negli anni in cui le crisi di governo si susseguivano a distanza di poche settimane, i giornalisti tedeschi mi chiedevano continuamente: come fa a funzionare l' Italia senza un governo?
Ma io ho sempre risposto: l' Italia non ha bisogno di un governo, funziona da sola».
Alla domanda poi se non abbia mai pensato di lasciare quel posto a contratto a servizio della diplomazia italiana, la Adams ha risposto senza tentennamenti: «Mai.
Non l' ho mai pensato. Fin dall' inizio, quando venni posta davanti all' alternativa: amministrazione olandese o tedesca, oppure amministrazione italiana, non ho avuto dubbi. Lavorare per olandesi o tedeschi sarebbe stato noiosissimo, triste, "pallido".
Un' amministrazione italiana ha un aspetto spettacolare, di commedia, in senso positivo. Un altro elemento che mi ha fatto rimanere così a lungo a servizio dell' Italia», ha aggiunto Inge, «è stata la flessibilità. In Germania, una volta entrati in un contesto di lavoro con una qualifica precisa si è rinchiusi per 40 anni lì, dentro quella funzione. Nelle strutture italiane, invece, sono stata chiamata non solo a fare la traduttrice, ma a sbrigare pratiche private per il capo, a preparargli il caffè, a predisporre la rassegna stampa, ad organizzare grandi eventi, addirittura a scrivere messaggi politici».