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Renato Farina, la vergogna dello Stato bloccato: "La burocrazia è un cancro, fa più danni del coronavirus"

Renato Farina
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Il Coronavirus scema, per fortuna, ma la burocrazia non scema, per nostra disgrazia, e ci fa diventare scemi. Non stiamo dicendo nulla di originale. È una storia antica. Quando il popolo boccheggia, la burocrazia gorgheggia. In tempi di guerre e di pestilenze, Cesare dovrebbe però saper accorciare le redini tra sé e i cittadini perché ogni minuto è sangue e morte. È capitato negli anni del dopoguerra, durante la ricostruzione, quando il Friuli venne giù nel 1976, e lo Stato con il popolo lo tirò su. Ancora all'Aquila, nel 2009, nell'emergenza il soccorso funzionò. Oggi tocca invece registrare il garbuglio orrendo di poteri che si attorcigliano intorno al collo di chi avrebbe bisogno di poche e chiare vie d'uscita, possibilità di rinascita, e sapere su quali risorse contare e quando incassarle.

Niente. Ieri, 30 maggio molti tra voi che leggete e avete fatto domanda il 3 aprile di 600 euro in quanto partite iva, avete ricevuto sì dall'Inps l'sms con la presunta erogazione, ma sul conto zero. In duecentomila piccoli e medi imprenditori hanno acquistato dispositivi leonardeschi di sicurezza e compilato per giorni pergamene elettroniche per avere i contributi destinati a pagarli. Ed ecco che lo sportello della burocrazia è rimasto aperto esattamente un secondo e quattro centesimi, e solo tremila hanno ricevuto quanto promesso dal governo. Ma ora con il decreto crescita, tranquilli, andrà peggio. Annasperemo e moriremo senza un euro, mentre lassù, sui monti, dicono di aver fatto scendere a valle 55 miliardi. Li conosciamo i nostri governanti. Allargano le braccia e dicono: la burocrazia vuole la sua parte, che ci volete fare.

C'è una parte di verità, ma la sbrighiamo in fretta. Cesare decide da svariati millenni la direzione della cosa pubblica. Dalle cime immacolate l'acqua chiara e fresca scaturita dalla mente del Principe (il potere politico, una volta dispotico e oggi, forse, democratico) è da sempre travasata nelle piazze e nelle case con il solito secchio: la burocrazia. Cioè, letteralmente, il potere degli uffici. L'amministrazione pubblica, gli apparati, i "grand commis de l'Etat", giù giù fino ai geometri degli assessorati e agli esattori, i quali arrivano a noi impugnando discorsi incomprensibili dove l'unica cosa che si legge bene è la cifra delle tasse, multe, ammende, diritti di riscossione. Vecchia storia - dicevamo. E il popolo odia da sempre soprattutto loro, gli ingranaggi, e la loro mano che s' infila nelle tasche. Nel Vangelo i più detestati sono i pubblicani, la burocrazia fiscale del tempo, vessatoria e ladra. Ci volle la bontà di Gesù per chiamare a sé Matteo e il capomafia Zaccheo e redimerli. Da allora si distingue. Tanti burocrati sono bravissimi. Il problema è che messi insieme sono una Malabestia, che cresce inesorabile e si siede sopra di noi.

MASSA GELATINOSA
E siamo ai nostri giorni, in Italia. La burocrazia da noi è una massa gelatinosa che taglia le gambe ai volonterosi. C'è un perché. Non è un'eredità borbonica, come si dice. È stata la politica, persino quella rivoluzionaria e di sinistra a stabilirne l'enfiagione e a desiderarne le complicazioni. A raccontarlo è stato un grande burocrate, direttore della Gazzetta Ufficiale, Alfonso Celotto ("Ciro Amendola. Non ci credo, ma è vero", Historica, pag. 112, euro 12). Nel trasferimento da Torino a Firenze la burocrazia piemontese teneva. Quando si trattò di trasferirla a Roma, il plenipotenziario del governo Lanza, il rivoluzionario e mazziniano Stefano Castagnola, tenne questo discorso ai capi di gabinetto esterrefatti: «Lo Stato avrà bisogno di fidelizzare la popolazione romana ai Ministeri. Si avvierà perciò una campagna di assunzioni in sovrannumero agli organici».

I dirigenti si opposero. Funzionavano benissimo, chiamare gente inutile avrebbe rovinato la macchina. Niente da fare. Chiare e nefaste le conseguenze. Il virus della indolenza e dell'irresponsabilità fu iniettato allora. Con l'assunzione di gente stipendiata non per lavorare ma per fingere di lavorare, anzi per intralciare il servizio. Per evitare il rigetto dello Stato piemontese si seminò nel centro dello Stato la gramigna dell'assistenzialismo clientelare. Commenta Celotto: «Una gran furbata politica, ma con effetto pratico devastante». Dura tuttora. Il fascismo non ha potato alcunché. Nel dopoguerra si cercarono di iniettare forze fresche. Don Sturzo creò una scuola di formazione, che diede uomini di grande qualità. Ma il sottobosco rimase quello che sappiamo.

Finché ci sono politici che conoscono la macchina, e le procedure, come certa classe politica democristiana, laica e socialista l'Italia si sviluppò. Assunzioni a valanga, ma qualche condotto era pulito. Si difese con Berlusconi e il centrodestra. Gianni Letta seppe far funzionare la macchina come un orologio, almeno nelle altre sfere. Finché siamo ad oggi, e allo strapotere della burocrazia di basso calibro trascinata ai vertici da un potere politico incompetente e ignorantissimo. Non conosce la storia, non sa come sia fatto il motore e come funzionino i nessi tra volante e direzione di marcia. Sparge parole, che la burocrazia complica.

L'INVASIONE
Con Conte e una compagine ministeriale inetta, nei posti nevralgici dello Stato siamo alla prevalenza della cretineria burocratica che è peggio del Corona, il quale onestamente ci ha dichiarato guerra e sembra volerci dar tregua. Invece quella che il generale De Gaulle chiamava "intendenza" e Gianfranco Miglio "aiutanteria" ha invaso coi suoi liquami collosi e i grovigli indecifrabili delle sue leggi e regolamenti la nostra vita disperata da Covid-19, che avrebbe bisogno di semplicità, fiducia, ragionevolezza, invece di impiastri indecifrabili di impotenze confusionarie. Ma dev' essere chiaro un punto. Le torture crescenti che ci infligge la burocrazia sono figlie della miseria del ceto politico. Se Cesare è un nano, la sua burocrazia si fa gigantesca, come il Behemoth biblico, che si siede sul popolo. Chi fu capace di trasformare la burocrazia? Napoleone Bonaparte nelle sue memorie racconta che dedicava il 5% dell'energia per prendere una decisione anche colossale (una riforma, una guerra), il 95% per fare in modo che venisse applicata correttamente. È la prova che anche allora esisteva la burocrazia, con le sue strozzature. Ma ci vuole qualcuno bravo per disgorgarne i condotti. Invece Conte è un tutt' uno con questo ciarpame che intasa lo Stato e la nostra vita quotidiana. Ci vorrebbe un idraulico. Qualcuno con un quid. 

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