Analisi e affondo

Vittorio Feltri e l'arte della supercazzola di Giuseppe Conte: "Libertà sospesa senza dire nulla, da vero avvocato"

Vittorio Feltri

Su gentile concessione dell'editore pubblichiamo l'articolo di Vittorio Feltri per la rivista «Arbiter» in edicola a giugno

Ugo Tognazzi è sempre stato uno dei miei attori prediletti. Nei film e in televisione. Uno dei suoi personaggi più famosi è il Conte Mascetti di Amici Miei, la commedia di Mario Monicelli, girata nel 1975 insieme ad altri fuoriclasse del calibro di Duilio Del Prete, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Adolfo Celi . Le vicende sono notissime. Un gruppo di amici toscani ha molta voglia di divertirsi e poca di lavorare. Architetta dunque una serie di burle per ammazzare il tempo, la nostalgia della gioventù, la paura di invecchiare prima di aver strappato un'altra risata da gettare in faccia alla morte. Il Conte Mascetti è forse il personaggio più malinconico della compagnia. 

Amante delle belle donne e della buona cucina, proprio come Tognazzi, il furfante adora prendere in giro i boccaloni e i burocrati confondendoli con le ormai proverbiali "supercazzole": frasi insensate, contorte, pronunciate alla velocità della luce. Il malcapitato di solito finge di aver capito, e capisce male, esponendosi al ridicolo. Ecco un esempio di "supercazzola" tratta dalla pellicola. Fermato da un vigile il Mascetti replica: «No, mi permetta. No, io... scusi, noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribàcchi confaldina? Come antifurto, per esempio». E per concludere: « ...senza contare che la supercazzola prematurata ha perso i contatti col tarapìa tapiòco». Multa evitata. 

 

I MASSIMI ESPERTI
La supercazzola è entrata nei vocabolari e perfino nella Treccani col significato, riassumo, di "parlare senza dire nulla". A questo punto, avrete capito che i massimi produttori di supercazzole in Italia, e forse anche nel resto del mondo, sono i politici. In questi mesi di reclusione forzata, seguita dalla libertà vigilata, è quasi sempre sembrata una impresa irrealizzabile cavare due parole di senso compiuto dai nostri governanti. Il premier Conte, in particolare, ha una capacità tutta avvocatizia di parlare per minuti e minuti senza fornire indicazioni precise su nulla, "nulla" si fa per dire, perché l'argomento delle supercazzole presidenziali erano robetta come la sospensione a tempo (in)determinato delle libertà costituzionali. 

Spassose, anche qui si fa per dire, le supercazzole a tema giustizia dopo le polemiche seguite alla scarcerazione di una tonnellata di boss mafiosi per motivi di sicurezza (dei boss, ovviamente, non delle nostra). Il ministro competente si è difeso con argomentazioni così involute da poter entrare tranquillamente nella sceneggiatura monicelliana. Ma non sarebbe onesto infierire sui politici quando un'altra categoria è salita alla ribalta in questo periodo occupando la scena con una sequela di supercazzole da competizione mondiale. Esatto, lo avete intuito, sto parlando dei virologi, i tecnici, i consulenti, i commissari. I virologi sono saliti in cattedra ma solo in televisione. Per il resto non ne hanno azzeccata una e sono stati costretti, supercazzola dopo supercazzola, ha rimangiarsi tutto per arrivare a sostenere il contrario di quanto avevano detto.  

 

IL RIDICOLO
«Nessun pericolo in Italia». Venticinquemila morti. «È come un'influenza». Due mesi di isolamento. «Le mascherine sono inutili». Obbligatorie per decreto. »Riapriamo tutto, andiamo a bere i cocktail». Polizia costretta a inseguire per le strade pericolosi cittadini con il cagnetto che non rispetta il distanziamento sociale. I virologi non hanno fatto una piega. Hanno continuato a predicare senza preoccuparsi di mostrare coerenza, almeno per cinque minuti. Tanto disprezzo per il ridicolo consente di presentarsi davanti alle telecamere e pronunciare qualunque scempiaggine sia prevista dal canovaccio della trasmissione, di "approfondimento giornalistico", per carità. Anche la classe a cui appartengo, quella degli scrivani, non si è infatti tirata indietro. Gli editoriali sono stati sostituiti da supercazzole di gente che brancolava nel buio ancora peggio dei sedicenti professori. Oltre a non capire un tubo di scienza, i giornalisti spesso non capiscono un'acca di politica, limitandosi ad accodarsi al potente di turno. 

Abbiamo visto così "eroi della libertà di pensiero" perdersi in sconsolanti supercazzole per difendere l'indifendibile, cioè una classe dirigente, mi vien da ridere a scrivere "dirigente", che si è mostrata quasi completamente inadeguata, per usare un eufemismo. Alt. Non pensiate che il pueblo sia immune dalla supercazzola. No, è vero il contrario. Aprite un social network qualsiasi e guardate quali sono gli argomenti più discussi e le frasi più commentate. Scoprirete che esistono supercazzole anche di tre sole parole, tipo #andratuttobene. Sì, certo, abbiamo visto. E le supercazzole contro il vero colpevole del Coronavirus, identificato dai più "svegli", nel libero mercato che distrugge l'ambiente? Peccato il virus sia nato nell'unico Paese comunista rimasto al mondo, Corea del Nord a parte. Ma alla tentazione di sparare una supercazzola è difficile resistere: anche se va contro ogni logica, serve a confortare i pregiudizi degli stolti.