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Vittorio Feltri contro il governo: "Legge ridicola, sarà vietato dire qualcosa dei nostri gay"

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Vittorio Feltri
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Questo governo non finisce mai di sorprendere. L'ultima sua trovata è la prossima approvazione di una legge che punisca severamente chi commetta uno strano reato. Questo: omotransfobia. Pochi sanno di cosa si tratti, ma in poche parole cerco di spiegarlo: vietato parlare di omosessuali e transessuali benché in Italia, e nel mondo, non siano pochi e abbastanza riconoscibili. Se la norma passerà, come è probabile, sarà proibito dichiarare o scrivere che una famiglia regolare è costituita da madre, padre e figli. Simile affermazione sarà punita con gravi sanzioni, poiché è passato il concetto che un bambino possa avere due babbi omosessuali o due mamme altrettanto omosessuali.

 

 

A me non scandalizzano le unioni tra due individui delle stesso genere, non me ne importa niente, dato che ciascuno fa quello che vuole senza doversi giustificare con argomenti più o meno accettabili. Ciò che invece trovo assurdo è che sia lecito criticare chiunque, preti, suore, avvocati e medici, specialmente se eterosessuali, mentre i gay siano intangibili nelle loro abitudini. Su chiunque è legittimo scherzare e pronunciare battutacce tranne che su persone che, piaccia o no, hanno appetiti erotici differenti da quelli ordinari, diciamo pure di maggior consumo. Aggiungiamo che è inopportuno sfottere coloro che hanno gusti particolari in materia di affetti e di rapporti ravvicinati, non è neppure il caso di renderli oggetto di discussioni da bar, tuttavia mi sfugge altresì la necessità di segregarli in un ghetto di intoccabili, in una sorta di ambiente protetto. Essi vivono ovviamente tra di noi, nella società, dove i calvi vengono chiamati calvi, gli zoppi vengono chiamati zoppi, gli obesi vengono chiamati ciccioni e i magri stecchi.

Certe classificazioni popolari nascono spontanee e non hanno forza discriminante. Niente di offensivo. È bizzarro che i gay meritino una sorta di privilegio in base al quale non siano sottoposti a una aggettivazione che li contraddistingua. Io stesso sono stato pubblicamente redarguito in quanto li ho definiti froci, in modo scherzoso, oppure ricchioni, quando costoro, tra loro, usano esattamente questo linguaggio poco elegante ma neanche ingiurioso. Faccio notare che l'Ordine dei giornalisti, al quale, avendo intenzione di dimettermi, non mi onoro di appartenere, mi ha perseguito per un titolo, di cui risponde il direttore responsabile, che recitava "aumentano gli omosessuali".

Capirete che scoperta! La corporazione che mi odia intende processarmi, ma non avrà la soddisfazione di condannarmi, considerato che non sono più un giornalista, bensì un cittadino finalmente libero di essere tale, limitandomi a osservare la costituzione che permette a tutti di esprimere il proprio pensiero, in qualsiasi forma. Ciò sottolineato mi auguro che questa volta almeno l'eccesso di politicamente corretto (anzi, scorretto) non ci conduca al varo di una normativa che impedisca di discutere di gay come si discute di qualunque altro soggetto.

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