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Renato Farina su Lucia Azzolina: "Gli studenti italiani sono molto meglio della loro ministra"

Renato Farina
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Uno studente universitario italiano è il fenomeno dell'anno: è indicato secondo tutti i parametri come predestinato a grandissime cose nel campo della "neuro scienza". Perché parlare di Giulio Deangeli- così si chiama - laureando a Pisa, ed esaltato dall'Università di Cambridge come il migliore dopo una selezione tra 22mila pretendenti, oltretutto vincitore di 5 borse di studio per portenti internazionali? Semplice. Per tirarci su il morale. Per non cadere nella palude del disincanto sull'intelligenza media degli italiani, constatando il livello infame delle decisioni governative. In ispecie quelle che riguardano il ministro autore di "linee guida" che gettano il sale, come fecero i romani a Cartagine, sul sistema scolastico da cui un fiore come De Angeli non spunterà più.

 

 

E speriamo abbia la decenza di non inviare un messaggio di congratulazioni allo studente-fenomeno: non ha il diritto di farsi ancora più bella e con le labbra ancor più stupendamente rosse dopo gli atti con il suo nome usciti nei giorni scorsi. Diciamolo. In un numero sperabilmente abbondante di casi, gli studenti e i professori sono di un altro livello rispetto alla ministra. Non sarà l'invidia della bravura altrui ad averla spinta al suo disegno di devastazione di quel vivaio di gente notevole che avrebbe dovuto amministrare con disciplina e onore? La professoressa Lucia Azzolina ha sì due lauree, ma spesso, come si diceva una volta, sono pezzi di carta, sono sepolti in uno scomparto irraggiungibile del cervello, condensato di esami surgelati, che non possono riscattare l'assoluta mediocrità politica dell'esponente grillina.

IL RINGRAZIAMENTO
Le patinate di meriti dello studente fornite dall'Adnkronos sono fantastiche. Ma più significative e sintesi di qualità umana e persino patriottica sono le parole di gratitudine destinate da Giulio ai luoghi dello studio, alle scuole dove si è formato, e vi si intuisce la commozione per professori e antichi maestri. «Il mio amore per la scienza è sempre stato viscerale, ma devo ringraziare l'ambiente accademico straordinariamente stimolante nel quale mi sono trovato a Pisa se oggi i miei progetti più ambiziosi si stanno concretizzando. Nutro un profondo sentimento di riconoscenza verso la mia Università e il mio Paese, per avermi messo nelle migliori condizioni per perseguire i miei sogni». Colpiscono questi sentimenti così forti e semplici per la sorprendente coincidenza di questo entusiasmo con le nefaste notizie scolastiche di questi giorni.

DOVE NASCE LA ROVINA
Che cosa succederà alla scuola italiana? La ministra Lucia Azzolina, per la quale troviamo solo scusanti evangeliche - «perdonala Padre perché non sa quello che fa", del resto non sa nulla - ha collocato in questi giorni una carica esplosiva sotto le colonne portanti di una istituzione le cui fondamenta, diceva il sussidiario di terza elementare, erano state poste da Carlo Magno intorno all'800 d.C. Le sue "linee" da applicarsi a settembre sono una secchiata demenziale di ukase il cui esito è la disarticolazione del piccolo tesoro che è il segreto autentico della scuola, la sua struttura elementare ed essenziale: la fiducia e la speranza che legano il maestro e il bambino-ragazzo-giovane.

Il quale grazie a questo legame competente sente fiorire dentro di sé una missione unica, buona proprio per lui: sia quella di approfondire le neuro-scienze così da trovare la cura per le malattie tipo Sla, come si ripromette Deangeli dalle sue ricerche a Cambridge; sia quella di essere il miglior falegname o cuoco o capomastro d'Italia. Invece, da settembre che accadrà con la scusa del Covid? Turni e controturni, accorpamenti e scorporamenti, maestri girovaghi con richiesta di ubiquità. A essere lesionato irreparabilmente sarà il rapporto personale, l'incontro tra docente e discente, senza cui non esiste educazione, istruzione, amore alla scrittura che dà nome alle cose e ai sentimenti, e alla matematica che introduce alla scienza e alle sue sudate e incantevoli intuizioni. La frantumazione dei rapporti umani in un pulviscolo quantistico, sarà la vera rovina della scuola, l'annichilimento degli slanci entusiasti e riconoscenti che abbiamo visto sprizzare nella gioia dello studente pisano esaltato da Cambridge. Costui non è un fenomeno da circo equestre, ma il campione di un movimento più vasto, che ha retto e dato frutti nonostante strutture edilizie e politiche governative fatiscenti. Che tristezza.

LE PAROLE DI CAMUS
Leggendo le parole di Giulio Deangeli, all'inizio della sua avventura di scienziato, ritrovo Albert Camus nel suo culmine. Subito dopo aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura, nel novembre del 1957, fuori dal baccano mondano, ringraziò il suo maestro delle elementari, Louis Germain. Gli scrisse una lettera breve e dolce. «Senza di lei, senza quella mano affettuosa che lei tese a quel bambino povero che io ero, senza il suo insegnamento e il suo esempio, non ci sarebbe stato nulla... il suo lavoro e la sua generosità sono sempre vivi in uno dei suoi scolaretti che, nonostante l'età, non ha cessato di essere suo riconoscente allievo». Ciao, scuola. Ciao, maestri. C'è la Azzolina.

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