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Pietro Senaldi e i suoi auguri a Libero: "Fra vent'anni sarà ancora qui e farà ancora torcere le budella a tanti"

Pietro Senaldi
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C'ero anch' io il 18 luglio del 2000, redattore ordinario. Non conoscevo nessuno, a parte Gianluca Marchi, ex direttore della Padania, con il quale avevo lavorato e che mi segnalò. Per imbarcarmi su questa nave corsara stracciai un paio di contratti con corazzate dell'editoria. Allora non era raro che a un giovane di belle speranze si aprissero possibilità interessanti. Non mi sono mai pentito della scelta. Volevo fare il quotidiano e stare in un giornale d'opinione. Pensavo che le dimensioni dell'azienda, a misura d'uomo, mi avrebbero consentito di vedere all'opera da vicino chi ci sapeva fare e di imparare meglio e più rapidamente. E poi, probabilmente, già allora avevo testa da bottega artigiana e non da catena di montaggio. Non intendo però ammorbarvi con il passato né con i giri che mi hanno portato, quattro anni fa, a diventare direttore responsabile. Dirò solo che è un viaggio che è valso lo sforzo e ha dilatato gli orizzonti, non solo i miei spero. Vent' anni sono tanti, specie se vissuti intensamente, come una pubblicazione che esce ogni giorno impone. Però a vent' anni si è ancora molto giovani, si ha tutta la vita davanti.

 

 

Tocca a me quindi parlarvi del futuro, perché una cosa è certa: tra altri vent' anni saranno cambiate molte cose e qualche faccia, ma Libero ci sarà ancora. Questo farà torcere le budella a tanti, ma se ne dovranno fare una ragione. Risultare indigesti a chi si pensa migliore di noi ci dà gusto, anche se non riusciamo a capire perché quanti ostentano disprezzo nei nostri confronti poi ci considerino così tanto. Forse perché Libero fa incazzare. Questo è un pregio, significa che facciamo bene il nostro mestiere, che poi è raccontare ai lettori come stanno le cose, senza vasellina e senza tentare di manipolarli. Cosa c'è nell'Italia di oggi che può non fare incazzare una persona che lavora, paga le tasse, vuole vivere tranquilla e di ritorno dallo Stato non ha neppure un terzo di quanto dà? Come la maggioranza degli italiani, noi remiamo in direzione ostinata e contraria a un governo e a un sistema di potere che ci prendono in giro, non ci apprezzano ma non ci lasciano in pace e svuotano le tasche dei cittadini senza neppure ringraziarli; anzi, ruttandogli in faccia e dandogli dei maleducati se non sorridono di rimando.

LA STORIA SI RIPETE
Oggi c'è ancora più bisogno di Libero rispetto a quando siamo nati. Nell'estate del 2000 Berlusconi, malgrado fosse in politica da sei anni, aveva governato solo otto mesi. Il suo primo esecutivo cadde su se stesso, come un Prodi qualsiasi. D'Alema, considerato un ribaltonista benché fosse andato a Palazzo Chigi senza senza aver cambiato maggioranza, si dimise solo per aver perso le Regionali. E sì che ai tempi Baffino veniva rimproverato, anche tra i Ds, di essere un arrogante abusivo nella stanza dei bottoni. La sinistra conservava un senso della rappresentanza democratica che con il tempo ha smarrito. Tant' è che oggi Conte e la maggioranza, malgrado abbiano perso quasi tutte le elezioni degli ultimi due anni e continuino a governare per decreto prolungando oltre ogni evidenza lo stato d'emergenza, neppure si pongono il problema della legittimità del loro operato e del loro potere. Poi Berlusconi vinse, e rivinse. E poi vinse Salvini, e rivinse ancora. E dall'altra parte qualcuno iniziò a pensare che l'Italia è democratica solo quando la governa la sinistra, e iniziò pure a dirlo in giro senza che si attivasse la neurodeliri per ricoverarlo. Il clima peggiorò e la magistratura provò decine di volte a mandare a casa i leader del centrodestra come fece con quelli della Prima Repubblica; e con Silvio in parte ci riuscì. L'ultimo tentativo ora è l'incriminazione di Salvini per sequestro di persona. «Sappiamo che il reato non c'è, ma il leghista è un nemico e va processato» era la linea del capo dei magistrati, intercettato al telefono. Complimenti. Non sono il solo a rimestare nel torbido, è la difesa del topo nella marmellata. Non ne dubitiamo; anzi, lo documentiamo e continueremo a farlo. Quando siamo nati ci battevamo per affermare idee e uno stile di vita liberali, che non erano condivisi da tutti ma ai quali chiunque riconosceva diritto di cittadinanza.

Oggi viviamo un dramma politico e culturale. Bisogna lottare per la sopravvivenza non solo della democrazia ma perfino del buonsenso. Da un lato il blocco giallorosso, che in Parlamento si tiene insieme con lo scotch, per evitare che gli elettori lo mandino a casa impedisce pervicacemente all'Italia l'agibilità democratica. La maggioranza, per non implodere, ci condanna all'immobilismo e all'assenza di rappresentanza. Dall'altro lato è in corso da parte della sinistra una violenta offensiva. La libertà di pensiero è minacciata da un'ortodossia culturale in base alla quale quattro gatti vogliono stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato per tutti, e chi non si adegua è un fascista, un sessista, un razzista. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la popolazione ha perso sette punti in media di quoziente intellettivo in trent' anni; ci rincoglioniscono per manipolarci meglio. Vale la pena provare a resistere. Ci vuol pure qualcuno che rappresenti le ragioni di chi non pensa che Conte ci salverà, i grillini abbiano la ricetta economico-sociale giusta per il Paese, Zingaretti sia un leader, sull'immigrazione abbiano ragione Fico, Delrio e Fratoianni, Gentiloni si farà valere in Europa, Bonafede sia un avvocato e la Bellanova funzioni più al ministero che nei campi.

LA NOSTRA BENZINA
Quando scoppiò la vicenda di Ruby Rubacuori, titolammo «Patata Bollente» e nessuno ci contestò. Allorché i grillini attaccarono la Raggi, sostenendo che la sindaca mischiasse vita privata e vita pubblica, noi proponemmo l'identico titolo ma fummo crocifissi e tacciati di sessismo dagli stessi per cui la minorenne marocchina è una donna che si poteva criticare ma la sindaca grillina è una Madonna intoccabile. In realtà, la differenza tra le due è che una stava con Berlusconi, l'altra con un partito oggi alleato del Pd.

Questo per dire qual è la situazione dell'informazione e della giustizia oggi in Italia. Libero lo conoscete ed è inutile fare manifesti programmatici. Certo, crescerà ancora di più su Internet, che auspico che per molti nostri giornalisti diventerà una vetrina ulteriore rispetto alla carta. Ai lettori promettiamo solo che continueremo con la nostra incoscienza consapevole, che ci consente di aggiungere islamici, e magari anche bastardi, alla parola terroristi, quando qualcuno ci fa saltare in aria in nome di Allah, di trattare le donne come trattiamo gli uomini, perché questa per noi è la parità, e di dire che siamo per una politica dell'immigrazione uguale a quella degli altri Paesi Occidentali: entra chi ci serve, è in regola e rispetta le nostre leggi. Come dovrebbe essere in qualsiasi comunità, visto che non esistono altri modi per farla funzionare. Anche chi ci ama, da Bechis a Sallusti, in questo inserto nel quale celebriamo i nostri vent' anni pensa che noi di Libero siamo un po' folli. Ma la follia è la miglior guida per l'uomo ed è saggia, perché fonda il sapere e l'esperienza. Almeno, così diceva Erasmo da Rotterdam. Mica Grillo. Voglio ringraziare la redazione, il fondatore, Vittorio Feltri, che mi ha assunto due volte, i colleghi di internet, che hanno quattro milioni di lettori al giorno e anche più, Daniele Cavaglià, che fa quadrare i conti, la famiglia Angelucci, che ci sostiene. Ma soprattutto voi lettori, per l'affetto e la costanza che ci testimoniate ogni giorno. Siete voi la nostra benzina.

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