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Conte e i suoi ministri in vacanza, italiani in malora. Alessandro Giuli: "Un governo spiaggiato"

Alessandro Giuli
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Ministri in vacanza, italiani in malora. È questa la formula che meglio definisce l'estate anomala del governo giallorosso rappattumato un anno fa, dotato dei più ampi poteri nella storia repubblicana per via dell'emergenza virale, eppure incredibilmente spiaggiato nella settimana post ferragostana che sta riprecipitando gli italiani nell'angoscia. Uno stato d'animo dominato dall'incertezza pandemica che incombe sulla nostra salute e il nostro lavoro e che rischia di compromettere la riapertura delle scuole; una sensazione di precarietà legata all'attesa di un rientro autunnale sul quale gravano le incognite sanitarie e le certezze di una batosta economica senza precedenti. Ma il Conte bis intanto che fa? Si prende la sua vacanza di potere, distratto dalla campagna per le regionali che investe anche la sua Puglia (a differenza del governatore veneto, Luca Zaia, per il quale la campagna elettorale si fa lavorando), rilascia interviste ecumeniche per invocare alleanze tra Cinque stelle e Pd che vengono subito rinnegate e sbertucciate dai diretti interessati, tira a campare e a svacanzare assieme ai suoi ministri mentre si accumulano sulla sua scrivania i dossier inevasi. Da ultimo ieri è stato il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, Agostino Miozzo, a rimescolare il brodo della confusione generale intorno alle scuole, ammettendo che non c'è nulla di sicuro a parte la carenza dei banchi e scuolabus e il prevedibile «uso esteso delle mascherine» in classe negato fino a qualche giorno fa: «È sicuro che ci saranno dei casi di Covid nelle scuole. Se si dovesse verificare, non vorrà dire chiudere le scuole, vorrà dire esaminare il contesto di volta in volta e, se necessario, mettere in quarantena una classe o l'intera scuola». Che è un po' come dire: non siamo in grado di fare uno straccio di previsione né di concordare un protocollo uniforme che gli dèi ce la mandino buona.

Rallentamento - Ma è tutto l'impianto strategico e comunicativo del governo ad aver subìto un increscioso rallentamento. Basti pensare che lo stesso Giuseppe Conte, intervistato dal Fatto Quotidiano, ha tranquillamente confidato che soltanto a ottobre verrà presentato quel Recovery Plan in nome del quale il premier e la sua corte hanno convocato gli inutili fasti tardoprimaverili di Villa Pamphilj chiamati impudentemente "Stati generali". In altre parole: il piano di sopravvivenza necessario per ottenere (dalla metà del 2021) i miliardi promessi dall'Europa è ancora un castello di sabbia abbozzato sula battigia di una vacanza senza compitini al seguito. In questa bolla sospesa nella calura mediterranea, si fa strada la tentazione di ricorrere ai quattrini-capestro del Mes per rimpannucciare il sistema sanitario, ma invece di precisare le nostre buone intenzioni ai colleghi continentali l'esecutivo già annaspa in un grottesco scaricabarile con le Regioni sulle carenze di tamponi negli aeroporti e di controlli lungo le frontiere colabrodo. Per non dire dell'altra emergenza che si somma a quella del coronavirus e l'aggrava di giorno in giorno: gli sbarchi dei migranti sono aumentati del 148,7 per cento, una gran parte di clandestini viene letteralmente rimpallata di Regione in Regione (ultimi a ribellarsi: i piemontesi) mentre una percentuale minore ingrossa i focolai che proliferano in centri d'accoglienza fatiscenti e dalle porte girevoli affacciate sulla clandestinità. Insomma siamo al grado zero della presenza pubblica in un regime di pieni poteri esercitati a colpi di Dpcm fantasma cuciti sulla dismisura di un presenzialismo mediatico dai tratti narcisistico-compulsivi.

Un'aggravante in più - Anche molti italiani sono in ferie, ci mancherebbe altro, essendo titolari del diritto all'oblio e allo svago, se non altro per irrobustire il loro sistema immunitario in vista di una seconda ondata cavalcata dall'allarmismo generale. Ma per il ceto politico che nell'agosto del Papeete si è impadronito del potere, e che ora soggiorna nell'immeritato relax di una prolungata controra, non dovrebbe esistere nemmeno l'ombra di una vacanza ordinaria. Non prima di aver consegnato ai cittadini le certezze necessarie per contenere i costi umani, materiali e psicologici di un anno infernale. E invece il massimo dell'attenzione sprigionata dalla maggioranza si è concentrato nella tardiva chiusura delle discoteche (dopo Ferragosto!), pretesa dal tormentato ministro della Salute Roberto Speranza, e nel vuoto delle promesse autunnali espettorate da Conte a mezzo stampa. Con un'aggravante in più: quell'eterno gioco al rinvio balneare caratteristico delle classi dirigenti italiane e sintetizzabile nell'espressione «vedremo a settembre» si è trasformato in un pigrissimo «se ne riparla a ottobre» infarcito di toppe a scadenza ravvicinata (i così detti bonus) e nella più totale assenza di progetti dalla lunga durata. Sempre complice una tornata elettorale dalle imprevedibili conseguenze sulla tenuta dei giallorossi. Nel frattempo, i contribuenti attendono ancora circa novecento decreti attuativi indispensabili a rendere efficaci i provvedimenti anti Covid ma continuano a finanziare l'agonia di Alitalia, mentre l'Ilva di Taranto non paga l'affitto alla gestione commissariale, le aziende dell'indotto lamentano arretrati per 40 milioni di euro e diecimila lavoratori sono sull'orlo della disoccupazione. Eppure gli inquilini di Palazzo Chigi non hanno fissato un nuovo incontro con le parti. Sono troppo impegnati a sudare in spiaggia o a sciamare sulle passerelle più o meno patinate dei rotocalchi quotidiani.

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