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Immigrazione, Renato Farina e la verità sull'invasione di Lampedusa: "Non scappano dalla guerra, ma poveracci da mantenere"

Renato Farina
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Ieri ne sono arrivati cinquecento a Lampedusa. L'isola sta impazzendo. Il sindaco Salvatore Martello si propone di noleggiare lui una barca e fare il viaggio all'incontrario, verso la Tunisia. Tranquillo: lo affonderebbero. È gente seria, che tiene alla sua «patria blu», quella tunisina. Mandateci un peschereccio, se la fa franca. Ho scritto 500. Questa mattina - mentre state leggendo - saranno raddoppiati. Scommettiamo? Ma nessuno accetta scommesse, tant' è ovvio che questi arrivi si ripetano, anzi si moltiplichino. Covid o non Covid, approdano qui, e questo governo non ha altra strategia che chinare il capo e la sua lotta a questa rottura della legalità è rimpinzare di euro i mandanti di queste spedizioni: 1) Ieri e oggi, beneficiano di finanziamenti italici le milizie libiche jihadiste, che li usano per pagare guerriglieri del Califfo a sostegno di Al Serraj e Erdogan, creando sempre nuovi fuggitivi, ormai anche - fatto nuovo - tra gli stessi cittadini libici; 2) Il governo tunisino, perché oggi è dai porti di questo Paese «democratico e amico» che arrivano non più giganteschi barconi, ma veloci barchini, barchette, che approdano sereni a Lampedusa.

SIAMO IL BENGODI
Cinquecento in un giorno dalla Tunisia! Non c'è nessuna guerra, la gente scappa come volentieri farebbero i nostri ristoratori, imprenditori e lavoratori dei servizi, se avessero anche loro un Bengodi con su scritto Welcome come l'Italia. La quale infatti, grazie a questo governo, è il Paese della cuccagna sì, ma per gli altri. E di questi tempi - dicono le statistiche ufficiali - specie per tunisini e migranti dal Bangladesh. Non Stati in guerra, o travolti dalla carestia, ma luoghi dove il ceto medio - non i famosi ultimi! - investe qualche migliaio di dollari puntando di moltiplicarli, di riffa o di raffa, venendo accolti da noi. Accolti si fa per dire. Prima di essere sbattuti in giro come cani randagi, per un bel po' saranno mantenuti a caro prezzo, non per misericordia ma per i calcoli ideologici della sinistra rossa e per l'incompetenza totale della dirigenza grillina. Costoro non sanno da che parte cominciare per affrontare questo problema in sede diplomatica e di rapporti di forza. Sorridono e cedono. Per sembrare uno di loro, Luigi Di Maio si è preso la tintarella, ma il cervello è sbianchettato da sempre. Come sostiene in primis Giorgia Meloni, l'unico rimedio in questo caos è un regime di legge e ordine senza se e senza ma. Esso esige un blocco navale da praticarsi immediatamente al di fuori delle acque nazionali dei Paesi africani interessati alla tratta. La Libia è in guerra interna civile e incivile, con due anzi ormai tre fazioni in guerra. Oltre allo scontro tra Serraj e Aftar, adesso ce n'è uno intestino tra Serraj e il suo ministro dell'Interno. Ciascuna di queste masnade è assecondata da truppe straniere di ogni tipo: turche e russe, siriane e dello Stato Islamico, droni americani e francesi, mentre noi teniamo da conto da bravi ragazzi un ospedale da campo. Dalla Libia ormai riescono a partire in pochi, perché i canotti o i barconi sono ormai destinati ad essere assaltati da banditi nemici dei banditi che li hanno spinti in mare con due taniche di benzina. Ora sono i porti tunisini quelli da cui provengono i navigli, spesso tascabili, per lo più strutturati in modo da arrivare a Lampedusa con la rapidità necessaria per non essere intercettati ed eventualmente tenuti fuori dalle nostre acque e rispediti a casa. Anche l'opzione Sardegna è contemplata, e qui vi si giunge ancora più serenamente, talvolta anche dall'Algeria.

 

 

ASTUZIA DIABOLICA
Il flusso affaristico è garantito. Il turismo è morto, le traversate rendono assai. Il rischio è che l'Italia usi il polso invece che la lingua per leccare i capi africani. Per impedire l'adozione di misure drasticamente limitative, l'astuzia diabolica di questi esportatori di carne nera fa sì che certi barconi malmessi siano stipati davvero di poveretti eritrei o sudanesi, con donne e bambini, spediti a bella posta premeditandone il naufragio nei pressi di navi ong, ad uso di filmati di propaganda dell'accoglienza sempre e comunque, con l'aggiunta di cadaveri ottimi per un marketing sciagurato. Non stiamo parlando a naso di ceto medio da esportazione. Citiamo agenzie ufficiali. «In base ai dati forniti dal Viminale e relativi ai rilevamenti dal primo gennaio al 28 agosto sono sbarcati sulle coste italiane 17.985 migranti dall'inizio dell'anno, di cui 3.968 nel solo mese di agosto. Nel mese di luglio il totale dei migranti sbarcati ha raggiunto i 7.067. La Tunisia continua a rappresentare il primo Paese per nazionalità dichiarata al momento dello sbarco con 7.581 persone sbarcate in Italia dall'inizio dell'anno, seguita da Bangladesh (2.803), Costa d'Avorio (911), Algeria (834), Sudan (620)». Salvo il Sudan, dove continua la forte tensione tra lo Stato del Nord e quello del Sud, con persecuzione dei cristiani da parte di bande di pastori islamici, nessuno di questi Paesi di provenienza - a differenza dell'Eritrea e della Somalia - può essere invocato come un lager da cui fuggire con diritto all'asilo politico o umanitario. Semmai il problema potrà porsi se a scappare saranno i libici, i quali - in balia di orde di contrapposti fanatici, generati anche dalla nostra idiozia suicida anti-Gheddafi - si stanno infatti attrezzando, secondo un informato reportage di Domenico Quirico sulla Stampa, per attraversare il Canale di Sicilia e approdare in Calabria e in Trinacria. Tranquilli. Il governo sarà concavo, morbido come mammelle apostoliche verso i futuri sbarchi. Ne eravamo certi dopo la dichiarazione di Giuseppe Conte del 18 agosto. Allora disse, dopo aver manzonianamente lavato i panni in qualche torrente paterno della sua Puglia, così: «Non possiamo tollerare che ARRIVANO (sic) dei migranti addirittura positivi e VADINO (ri-sic) in giro liberamente». Nell'occasione, l'esibizione del marchio di fabbrica dei grillini, malati cronici di congiuntivite, ci parve particolarmente scandalosa, riferendosi a un contesto grave. Ho imparato da Leonardo Sciascia che l'errore di grammatica di un uomo potente nasconde sempre una menzogna.

 

 

FONDI A TUNISI
Infatti. Da quel giorno abbiamo versato 11 milioni di euro a Tunisi: utili per la benzina dei motoscafi. Per il resto Conte ha consentito, consente e consentirà che tunisini e affini arrivino e vadano in giro ovunque, perché negli hot spot non ci stanno, e salutame à soreta. E lo sapeva benissimo che sarebbe rimasta questa la regola d'ingaggio stante gli accordi con il Pd. Medesima garanzia di Conte l'aveva (sper)giurata la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese: «Tutti rimpatriati subito». Credibile? Se ne avessero avuto il sia pur minimo sospetto di questo trattamento da spedizione a domicilio tipo Amazon Prime, non ci sarebbe stata ieri la carica dei 500. C'è un ulteriore elemento di preoccupazione, fornito nei giorni scorsi dall'eccellente inviato di Avvenire Nello Scavo, il quale già in passato rivelò gli accordi infami tra il nostro governo e gli scafisti ingrassati dagli oboli dei servizi segreti italiani. Ha scritto che «nei giorni scorsi si sono perse le tracce di alcuni tunisini sbarcati in Sicilia. E dal Paese d'origine le autorità hanno fatto sapere, in modo piuttosto informale, che tra loro potrebbe esserci qualche ex combattente del Daesh (Isis), di cui la Tunisia è stata tra i principali fornitori. Reduci della campagna siriana che tornando a casa non hanno alternative alla detenzione, perciò s' imbarcano verso l'Europa». Allegria. Anzi no: blocco navale. Evita naufragi, contiene la pandemia, combatte il terrorismo.

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