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Pietro Senaldi, il piano di Giuseppe Conte: scarica M5s e Pd, sta per nascere il suo partito

Pietro Senaldi
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Se ne parla da mesi, ora sembra che i tempi siano maturi. Giuseppe Conte si sarebbe deciso a lanciare, tra poche settimane, il proprio partito personale, che all'inizio potrebbe partire come una semplice associazione culturale, oppure un movimento con intenti sociali. Nelle ambizioni del premier, devoto a Padre Pio, che in effetti lo ha miracolato, il progetto dovrebbe portare a una sorta di riedizione della Democrazia Cristiana, rivista in chiave ambientalista, con bonus per tutti e lavoro per pochi. Forzisti in disarmo, grillini scornati e nostalgici irriducibili dello Scudo Crociato si sono già messi in fila, trepidanti, per fare gli stagionati allievi dell'avvocato-professore di Volturara Appula. Il rumor, che si fa sempre più insistente, trova conferma nel basso profilo tenuto in estate dal presidente del Consiglio, passato dal presenzialismo più assoluto alla fuga da ogni ribalta e responsabilità, proprio nel momento delicato della ripartenza, laddove un vero primo ministro dovrebbe occupare la scena. Conte però non vuole bruciarsi con quelle che saranno le inevitabili difficoltà, dalla scuola, all'economia, a un parziale ritorno del virus. L'uomo ormai agisce da segretario di partito anziché da premier. Giuseppe è ancora alto nel gradimento degli italiani soprattutto perché ha saputo differenziarsi dai partiti che lo sostengono, M5S, Pd e Italia Viva, travolti dalla propria inconcludenza e dall'inadeguatezza dei loro ministri. Conte si è salvato tenendosi a distanza, ma il ritorno sulla scena non è più procrastinabile. La sua è una posizione che oggi scotta e, spinto dal desiderio di non tornare a fare l'avvocato e da un delirio d'onnipotenza (e onnipresenza) quotdianamente alimentato dalle ambizioni del suo portavoce Casalino, il premier si sarebbe deciso a giocare il tutto per tutto per tenersi la poltrona attaccata al sedere.

L'appuntamento - Ottobre potrebbe essere la data utile per scendere in campo. Il premier sarà l'attesissimo ospite del convegno di tre giorni a Saint Vincent, in Valle d'Aosta, il 9-10-11 del mese prossimo, un appuntamento nel quale si discuterà di ecologia e religione in compagnia di ex-democristiani doc, verdi scoloriti e altri volti noti. Il titolo è tutto un programma, anche politico: «Laudato si': la politica cristiana dal bianco al verde». Ai tavoli del convegno si alterneranno personaggi già noti alle cronache politiche, come Alfonso Pecoraro Scanio, Rocco Buttiglione, Renato Schifani, Michela Vittoria Brambilla. Si partirà con il dibattito «L'enciclica Laudato si' cinque anni dopo: la cura del creato nuova frontiera dell'impegno politico dei cattolici». Il giorno seguente si cercherà di rispondere alla domanda: «Cattolici ed ecologisti: è l'ora di un'alleanza per la terra?». Ci si interrogherà poi su un altro tema caldo: «Dopo le Regionali. Riforme o elezioni?». E l'11 ottobre potrebbe essere il giorno designato per il grande annuncio del premier, che terrà il discorso di chiusura, dopo la celebrazione della Santa Messa e la riflessione sulle conclusioni politiche affidata a Silvio Berlusconi. La scelta temporale dell'iniziativa di Conte, che cade tre settimane dopo le Regionali, quando le fibrillazioni della maggioranza possono mettere in serio pericolo la sua poltrona a Palazzo Chigi, è estremamente strategica. Meglio fondare un nuovo partito piuttosto che ambire alla guida del Movimento 5 Stelle, dato che i grillini sono sempre più frammentati e il loro probabile tracollo elettorale potrebbe ribaltare i rapporti di forza nella maggioranza. A quel punto il governo, già alle prese con i disastri del Covid dovrebbe seriamente traballare. Sondaggi riservati danno un partito di Conte tra il 10 e 15%, ma si tratta di cifre indicative. Ancora a fine agosto il 60% degli italiani non bocciava l'azione del premier. Si tratta di una percentuale molto alta, sebbene in rapido calo. Se venissero confermate le voci e Conte lanciasse davvero un partito o un'associazione con finalità politiche a Saint Vincent, si verificherebbe quello che è già successo con altre due figure non votate chiamate a ricoprire il ruolo di premier, Lamberto Dini e Mario Monti. Entrambi, pur di rimanere in politica, hanno fondato un partito personale, ma con scarsa fortuna. Rinnovamento Italiano e Scelta Civica sono state piccole meteore nella storia politica italiana, e non hanno lasciato il segno. MODELLO PAPALE Nel caso di Conte le cose sembrano diverse per più di una ragione. Innanzitutto l'avvocato del popolo scommette sulla creazione di un centro di ispirazione cattolica con venature ecologiste, prendendo a modello l'enciclica di Papa Francesco del 2015 che porta lo stesso nome del titolo del convegno e che chiede l'impegno del mondo cattolico per la salvaguardia del creato. Il nuovo che avanza? Non proprio, ma Conte potrebbe porsi come federatore di più mondi che partono dalla vecchia Dc per arrivare ai Verdi passando da Forza Italia. La vera novità sta nel far leva, per ottenere il consenso popolare, sul tema ambientalista che ha tenuto banco fino a prima dell'avvento della pandemia da coronavirus e ha permesso di ottenere buoni risultati elettorali alle liste ecologiste in mezza Europa. Solo così si spiega l'idea di aggregare e scommettere su figure politiche datate che in passato hanno ricoperto ruoli di governo o cariche istituzionali e che ambiscono a vivere da protagonisti anche una nuova avventura. Quel che è certo è che Conte non intende uscire di scena, vuole evitare di rimanere schiacciato, a fine legislatura, tra Pd e 5Stelle ed è preoccupato dall'ombra di Draghi, che si staglia sempre più prossima all'orizzonte e gode, se non di voti certi, di molti gradimenti in Italia ma soprattutto a Bruxelles. QUALE NOME? La grande incognita è ancora il nome del partito. L'opzione più gettonata fino a qualche tempo fa era «Con-te» ma è troppo personalistico per un partito d'ispirazione cattolica e si presta a diventare uno slogan elettorale piuttosto che il nome di un nuovo partito. Si sta cercando qualcosa di più politicamente significativo anche se non si vuole ricadere sugli errori del passato compiuti dagli ex premier con definizioni troppo anonime come appunto furono Rinnovamento Italiano e Scelta Civica. Suggeriamo «Che dio me la mandi buona», per ingraziarsi ancora di più Bergolgio. Sempre meglio di un «Io speriamo che me la cavo», più rispondente agli obiettivi del progetto e alla qualità media di chi lo anima.

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