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Nicola Zingaretti contro Libero e il titolo sulla nera contro Salvini. Carioti: "Gli altri possono, noi no"

Fausto Carioti
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Spunto per l'evoluzione culturale di Nicola Zingaretti e del suo partito: la parola inglese «black» significa «nero». Il movimento nato di recente negli Stati Uniti si chiama Black lives matter, ovvero «Le vite dei neri contano». Molto prima c'erano state le Black panthers, le Pantere nere. Negli anni Sessanta i neri gridavano «Black is beautiful», che vuol dire «Nero è bello». Bob Dylan, nella canzone antirazzista Hurricane, cantava di «black folks», ossia di «neri», e Barack Obama racconta di essere «married to a black American», sposato a un'americana nera. Tutto questo per dire ciò che a un cervello normale risulta ovvio: «nero» non è un'offesa, bensì una constatazione. Motivo per cui, solo nelle ultime settimane, sui giornali italiani sono apparsi titoli come «Nero ucciso dalla polizia» (La Stampa, il Corriere della Sera), «Muore nero incappucciato dalla polizia» (Avvenire), «Grassa e nera? Allora ti censuro» (Il Riformista). Cosa c'è in questo che non va? Nulla, a parte il decadimento intellettuale di chi guida il Partito democratico. Perché dopo avere ingoiato in parlamento tutto ciò che gli ha servito Luigi Di Maio, il gruppo del Pd alla Camera, composto da una novantina di deputati guidati da Graziano Delrio, ha provato a ridarsi un tono di sinistra prendendosela con Libero, che ieri ha titolato «Salvini aggredito da una nera». Pagina che gli indignati alle vongole hanno ripubblicato su Twitter con le parole «una nera» cerchiate di rosso, a evidenziare ciò che non si deve dire. Accanto, il sermoncino col ditino alzato: «L'ennesima pagina di Libero che fomenta il razzismo... Non ci stancheremo mai di condannare la violenza, in tutte le sue forme, e di contrastare ogni discriminazione». Si apprende così che il dizionario Sinistrese-Italiano ha avuto un ennesimo aggiornamento: parole come «nero» e «nera» possono essere usate nei resoconti di cronaca solo se costui o costei svolge il ruolo di vittima; nel caso sia colpevole di violenza vige invece l'obbligo di astenersi da ogni riferimento al colore della sua pelle. L'etichetta di fascista, in compenso, te la appiccicano appena fai sapere di essere contrario al trasferimento in massa della popolazione africana sul suolo italiano. E siccome aggredire un fascista non è un reato, il resto viene da sé. Scene di vita quotidiana nella zona di confine tra il ridicolo e il liberticida, insomma: quella dove il Pd orfano del comunismo ha piantato le tende, sentendosi finalmente a casa.

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