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Immigrazione, la farsa della Ue: cambia il trattato di Dublino solo per finta. Una minaccia per l'Italia

Lorenzo Mottola
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Per la terza volta nel giro di un anno la maggioranza di governo Pd-M5S ha annunciato di aver trovato - grazie all'aiuto dell'Unione Europea - una soluzione alla questione migratoria. E per la terza volta non era vero niente. Tutto è iniziato nel settembre del 2019 quando il ministro degli Interni Luciana Lamorgese ha inventato gli "storici" accordi di Malta, intesa grazie alla quale finalmente i governi Ue avrebbero dovuto accettare di accollarsi una parte dei clandestini sbarcati in Italia. Un gesto di grande benevolenza, si è detto. "L'Europa s' è desta", ha titolato Repubblica in prima pagina. Poi è venuto fuori che l'Europa non era desta né benevola, che non esisteva alcuna intesa ma solo qualche proposta fumosa. E, come prevedibile, la gran parte delle nazioni Ue ha successivamente risposto con gesti osceni alle nostre richieste d'aiuto. Facendo una media, per ogni 20 immigrati che arrivano, soltanto uno viene ricollocato. 

 

IL PIANO GIGINO
Incassata la prima sberla, qualche tempo dopo è entrato in scena Gigino Di Maio, con il suo piano anti-sbarchi. Il trucco, ha spiegato in varie interviste, non era farli muovere verso nord, ma verso sud. In pratica: rimandarli al loro paese. Per farlo, però, bisognava stringere accordi con i governi delle nazioni da cui provengono i disperati. Senza il permesso del Paese d'origine, infatti, non è possibile rispedire uno straniero al mittente. La legge è questa. Qualche Stato ci ha chiesto pure soldi per collaborare (vedi gli 11 milioni di euro regalati alla Tunisia). Nonostante l'esborso, però, è cambiato molto poco: l'esecutivo Conte rimpatria una media di 21 persone al giorno. Non molto più di Salvini, che si era fermato a 18. Nel 2020 però ne sono sbarcati 80 ogni 24 ore, più del triplo di quelli che arrivavano quando il segretario del Carroccio controllava il Viminale. 

Insomma, per dem e grillini anche questo tentativo è andato a vuoto. Così i nostri giallorossi sono tornati con il piattino in mano a Bruxelles, chiedendo una rettifica degli accordi che frenano la redistribuzione di profughi nell'Ue: il trattato di Dublino. La commissaria Von der Leyen due giorni fa ha garantito: «Posso annunciare che aboliremo il regolamento. Lo rimpiazzeremo con un nuovo sistema europeo di governance delle migrazioni. Avrà strutture comuni per l'asilo e per i rimpatri». Pd e M5S hanno fatto partire la festa. Vito Crimi ha sentenziato: «È una grande vittoria per noi». Come è finita? Anche questa volta pare non sia vero niente. Mercoledì verrà presentata la bozza della nuova legge per regolamentare il traffico di profughi, ma su un punto non si discute proprio: il Paese che deve accogliere e mantenere i richiedenti asilo (i quali, come ben sappiamo, sono in gran parte clandestini) è quello di approdo. Una pessima notizia. Visto che è difficile dalla Libia sbarcare in Svezia, in pratica significa che l'Italia continuerà a sostenere la gran parte del peso delle migrazioni. 

«L'attuale regolamento di Dublino non sarà abolito totalmente, ma conterrà emendamenti», ha confermato ieri la commissaria per gli Affari Interni Ue Ylva Johansson. Il vero problema è che Palazzo Chigi arriva a ridiscutere questa norma in un momento di enorme debolezza. Il governo deve incassare i fondi del Recovery Fund. Il sospetto, quindi, è che i nostri partner continentali abbiano compreso la situazione e la sfruttino a loro vantaggio. In altre parole, in questo momento siamo debitori, non possiamo chiedere molto. Per di più, all'Ue interessa soprattutto la gestione dei flussi a est, ovvero la Turchia. La nostra penisola non è la priorità. 

 

COSA CAMBIA
Quel che pare possa essere modificato, è solo la gestione del sistema di rimpatri. In pratica, potrebbe essere l'Europa a coordinare le trattative con il terzo mondo e non più i singoli Paesi. Insomma, non sarà più Di Maio ad andare in Tunisia per trattare sul prezzo da pagare per ogni persona riportata alla base. Potrebbe anche essere l'Ue a occuparsi di questa pratica, accollandosi i costi. Ovviamente una parte di quei soldi li pagherà comunque l'Italia, versandoli nelle casse dell'Unione, ma forse risparmieremo qualche soldo. Resta il "forse", perché in realtà bisognerà capire cosa diranno i Paesi dell'est Europa al riguardo, visto che la legge che tra poco inizierà il suo iter dovrà essere discussa anche con i sovranisti del blocco di Visegrad, notoriamente poco propensi ad aprire il portafogli per i clandestini altrui. E sempre con queste nazioni bisognerà discutere eventuali piani per la ridistribuzione nei Paesi europei dei migranti. Di solito hanno sempre risposto che non se ne parla. Un po' poco per parlare di svolta. Eppure Crimi festeggia lo stesso.

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