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Vincenzo Spadafora, così la sua riforma mette a rischio le olimpiadi Milano-Cortina

Giuliano Zulin
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Vincenzo Spadafora è un ministro da record: la sua riforma dello sport non piace a 11 milioni di sportivi italiani e al Comitato olimpico internazionale. È vero che ogni stravolgimento delle regole, in qualsiasi campo, genera insoddisfazioni. Tuttavia scontentare chiunque è un primato mondiale. Medaglia d'oro. Comunque non avevamo dubbi: non è mai accaduto che un grillino partorisse qualcosa di buono. Il caso Spadafora è scoppiato ieri, in occasione del mondiale di ciclismo che si è svolto a Imola. Il presidente del Cio, il bavarese Thomas Bach, ha fatto sapere che probabilmente il 7 ottobre durante la riunione in videoconferenza, l'esecutivo del Comitato olimpico tratterà la situazione italiana, poiché - in base alla bozza di riforma del ministro grillino - «il Coni non è conforme con la Carta Olimpica».

 

In che senso? Qua entriamo nel tecnico: La Carta Olimpica - spiega bene l'agenzia Agi - è una sorta di "Magna Carta" composta da 6 capitoli e 61 articoli che contiene le regole e le linee guida per come si organizzano i Giochi olimpici e la governance del movimento olimpico. Secondo punto non trascurabile: il Coni, unica struttura di riferimento del Cio sul territorio italiano, viola due norme. La prima è al paragrafo 5, ovvero le «organizzazioni sportive aderenti al Movimento olimpico devono essere politicamente neutrali». La seconda, all'articolo 27 (e successivi commi) del paragrafo 7: «i Noc (Comitati olimpici nazionali) devono preservare la propria autonomia e resistere a pressioni di qualsiasi tipo, incluse quelle politiche, giuridiche, religiose o economiche che potrebbero impedire loro di adempiere alla Carta Olimpica». C'è l'esplicita menzione anche della possibile sospensione, «se la Costituzione, la legge o altre norme in vigore nella Nazione in questione, siano ostacolo all'attività o alla libera espressione del Noc stesso».

BACH LE SUONA AL GRILLINO
«Siamo molto preoccupati sulla non funzionalità del Coni, speriamo che una soluzione venga trovata molto presto», ha detto il tedesco Bach, oro olimpico nella scherma nel '76 a Montreal. Timori «anche per l'organizzazione delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. In questo momento vediamo un rischio sulla preparazione degli atleti olimpici dell'Italia anche in vista delle Olimpiadi di Tokyo del prossimo anno, questo potrebbe significare meno chance di medaglie per l'Italia». Essere sospesi dal Cio significa niente bandiera italiana, niente inno di Mameli in caso di vittoria, divise neutre, medaglie che rientrerebbero nel serbatoio degli Independent Olympic Athletes (IOA).

E poi potrebbero partecipare solo atleti italiani qualificati e a titolo individuale e non le squadre. Niente nazionali di pallavolo o Settebello. Con il Coni sospeso per una legge nazionale non conforme alla Carta Olimpica, la Svezia potrebbe ricorrere al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna e, con un iter decisamente molto articolato, chiedere che i Giochi del 2026 vengano dati a Stoccolma-Aare, unica avversaria della candidatura vincente di Milano-Cortina alle votazioni del 24 giugno 2019. Si rischia insomma una figuraccia olimpica. Spadafora tuttavia non ci sta: «Bach sta in modo inusuale e poco istituzionale parlando di una bozza di legge che francamente stento a credere che abbia personalmente letto - ha replicato -. Se invece davvero così fosse, indichi con chiarezza assoluta in quali punti la bozza non rispetta la Carta Olimpica, oppure eviti di trascinare il Cio in un dibattito davvero poco edificante per una istituzione così importante. Se per Bach l'autonomia del Comitato Olimpico in Bielorussia non è in discussione, figuriamoci in Italia».

 

TUTTI FURIOSI
Il punto di discordia è chiaro, in realtà. Mentre, fino ad oggi, il referente a cui lo Stato aveva affidato ogni competenza in materia di sport era il Coni, ora - in base alla bozza diffusa dal ministero - le competenze sarebbero distribuite tra tre soggetti: il Coni, la società Sport e Salute e l'ufficio sport (futuro dipartimento) della Presidenza del Consiglio dei ministri. Inoltre il riconoscimento degli enti di promozione sportiva sarebbe affidato allo stesso ufficio sport di Palazzo Chigi, violando il paragrafo 5 della Magna Carta del Cio, secondo il quale le «organizzazioni sportive devono essere politicamente neutrali». Chi ha ragione? A sentire gli sportivi, al di là dei tecnicismi, la riforma Spadafora va buttata. Lo dicono quasi tutte le 75 federazioni e gli atleti (che hanno chiesto di incontrare il ministro). Si parla addirittura di una mobilitazione contro l'esponente grillino. Undici milioni di sportivi contro uno: Spadafora. Chi vincerà? 

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