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Gregoretti, la Mani Pulite dell'immigrazione: fanno il "mazzo" soltanto a Matteo Salvini

Iuri Maria Prado
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Il processo a Matteo Salvini è la Mani Pulite dell'immigrazione. Tutti allora pagavano i partiti come tutti ora, più o meno lungamente, "sequestrano" i migranti frapponendo ostacoli agli sbarchi: e come allora, durante Tangentopoli, la giustizia si risvegliava picchiando una parte e lasciando stare l'altra, così oggi essa si muove nel solco della direttiva di Palamara, quello che a Salvini bisogna fargli il mazzo perché è una me**a a prescindere. In Italia le politiche sull'immigrazione non sono buone o cattive per quel che prevedono e disciplinano, ma secondo che a vararle sia l'uno o l'altro. E così può succedere che una motovedetta italiana affondi un barcone carico di albanesi ammazzandone ottanta su centoventi, con il presidente del Consiglio di allora, Romano Prodi, a spiegare che «la sorveglianza dell'immigrazione clandestina va attuata anche in mare» e che il governo «ha il dovere di proseguirla»: speronamento democratico, diciamo.

Può succedere che il governo finanzi le torture nei lager libici, e poi venda qui in Italia il risultato degli sbarchi che diminuiscono: ma non c'è nulla di male e anzi va benissimo, perché a rivendicare quei modi di tutela della "tenuta democratica" del Paese è un giudizioso ministro postcomunista. E può succedere che a denunciare la «evidente correlazione tra immigrazione e Covid» non sia un volgare esponente della destra razzista, ma ancora un illustre rappresentante della sinistra cultura avversaria: e ancora una volta è tutto okay, anche se è soltanto un altro modo per dire che i negri portano il virus.

 

 

PRIMA DEL PAPEETE
Tutta questa roba però non eccita i fremiti della stampa umanitaria, quella che rimprovera Salvini se dice «zingaraccia» ma poi mette in prima pagina il controllore che fa la ramanzina agli «africani» senza biglietto: razzismo democratico, diciamo, ammissibile se ad abbandonarvisi è il giornalismo coi fiocchi ma vergognoso se il titolo lo fa il giornalaccio di destra. E appunto niente processi, perché l'attenzione inquirente della giustizia - che peraltro è curiosamente distratta per tutto il corso del "sequestro" salviniano, che non avveniva propriamente in segreto - ha ragione di esercitarsi sempre che i sequestri avvengano prima del Papeete: dopo, non sono più sequestri ma sacrosanta difesa del modello italiano, perché c'è caso che i migranti, come spiega l'avvocato del popolo, «vadino» in giro liberamente. E i processi, come durante il Terrore giudiziario di Mani Pulite, mica li fanno tirando dentro tutti. C'era un clan di sequestratori, cioè il governo tutto, ma le politiche dell'immigrazione si raddrizzano con una giustizia esemplare che ne manda a processo uno soltanto e con gli altri che continuano a fare quel che faceva lui: cosa molto armonica nella Repubblica fondata su Piazzale Loreto, un po' meno in un sistema democratico con un'amministrazione della giustizia non proprio sguercia.

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