Dietro le quinte

Antonio Socci, il retroscena su Matteo Renzi: abbaia ma non morde. "Vediamo se hanno le palle? Per ora solo le poltrone"

Antonio Socci

Nella conferenza stampa di domenica sull'emergenza Covid il presidente del Consiglio Conte è andato contro Pd e Renzi, bocciando solennemente il Mes come operazione inutile e pericolosa: ha detto che «non è una panacea, se prendiamo i fondi dovremmo aumentare le tasse e tagliare la spesa» e «c'è il rischio stigma» che metterebbe in allarme i mercati e in pericolo l'Italia. Alberto Bagnai (Lega) gli ha riconosciuto «buon senso». Claudio Velardi - che ha vissuto la Sinistra dal Pci, al Pd, fino a Renzi - ha twittato: «Sulla risposta data sul Mes qualcuno dovrebbe fare cadere il governo domani. Vediamo se hanno le palle di farlo, dopo aver ricevuto schiaffoni in piena faccia». Guido Crosetto gli ha risposto: «Perché questa battute a tarda sera?». L'ironia sorniona di Crosetto sottintende che, nonostante gli schiaffoni presi, è impossibile che Pd e Italia viva mollino le poltrone, aprendo una crisi di governo: il potere - a Sinistra - viene prima di tutto. Eppure gli "schiaffoni" sono stati forti perché Conte ha bocciato il Mes - dimostrandone la perniciosità - proprio usando gli argomenti che in questi mesi sono stati esposti da Lega e Fdi, in particolare da Alberto Bagnai e Claudio Borghi, il quale ha aggiunto una spiegazione importante: «La resa di Conte sul Mes» ha osservato Borghi «include un concetto non banale Come ammesso anche da Baldassarri, il debito emesso e ricomprato dalla Bce non verrà mai restituito e verrà rinnovato ab aeterno. Quindi il Mes (come il Recovery Fund) è da ripagare, i Btp no».

 

 

Ma il Pd e Italia viva hanno fatto del Mes una bandiera ideologica a prescindere dal merito. L'opposizione sospetta che con il Mes il Pd intenda legare le mani a un prossimo governo di centrodestra. Sia come sia, avendo trasformato il Mes in bandiera politica la conseguenza che Pd e Renzi dovrebbero trarre dalla dichiarazione di Conte è quella prospettata da Velardi: «far cadere il governo», avendo «ricevuto schiaffoni in piena faccia». la gaffe La reazione immediata di Ettore Rosato, presidente di Italia viva e braccio destro di Renzi, è stata dura, ma solo a parole: «Sono sbalordito per la banalità e la demagogia delle parole di Conte sul Mes». Ieri mattina è arrivata anche la risposta del segretario del Pd e, come gli capita spesso, è incorso in una gaffe: «Non si può liquidare il tema con una battuta alla stampa. Il Mes va discusso in Parlamento». A Zingaretti nessuno deve aver detto che proprio la settimana scorsa il Parlamento ha discusso del Mes e lo ha bocciato con un voto che ha spaccato i partiti di governo (e perfino il Pd ha votato contro). Ieri si è fatta viva pure la "minoranza del Pd" (qualunque cosa ciò voglia dire) e con un comunicato stizzito ha intimato a Conte di «rispettare» il Pd e Zingaretti, «altrimenti non ha senso restare nel governo».

 

 

Ma la reazione più attesa era quella di Matteo Renzi che però deve aver deluso Velardi, infatti si è limitato a dire che «questa decisione» è «un grave errore politico». Aggiungendo banalità propagandistiche: «Dicendo no al Mes il premier Conte fa felici Meloni e Salvini». Renzi così finisce all'angolo, senza strategia e senza prospettiva, tanto che perfino Alessandro Di Battita lo provoca: «Si incartapecorisce ancor di più il 'Fu Matteo Renzi' che dovrà trovare un altro argomento per i suoi latrati quotidiani che lo auto-illudono di esistere ancora politicamente. Il Movimento da sempre si è dichiarato contrario al Mes e ne va dato atto». In effetti le parole di Velardi erano rivolte proprio al Pd e a Renzi (per cui Velardi simpatizza): «qualcuno dovrebbe fare cadere il governo domani. Vediamo se hanno le palle di farlo, dopo aver ricevuto schiaffoni in piena faccia». In ambiente renziano circola un'idea per uscire dall'angolo dove sono condannati a un irrilevante 3 per cento senza futuro: dare ascolto a Velardi, cogliere l'occasione del Mes per abbattere Conte e lanciare Draghi a capo di un governo che spacchi sia l'asse Pd-M5S che il Centrodestra, ridando di nuovo a Renzi il ruolo di protagonista, come catalizzatore di un nuovo (fantomatico) "centro". Ma ci vorrebbe coraggio e molta spregiudicatezza. Velardi dice: «vediamo se hanno le palle». Al momento hanno le poltrone e preferiscono tenersele strette.