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Vittorio Feltri e i messaggi a Bellomo delle allieve "perseguitate": e Massimo Giletti che dice?

Vittorio Feltri
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Avrei voluto anche io ricevere i messaggi appassionati che ricevette l'ex consigliere di Stato Francesco Bellomo da parte delle brillantissime allieve che furono le sue fidanzate. Ne cito qualcuno, non svelando nulla di nuovo, dato che si tratta di materiale messo agli atti e che pubblicammo già su questo quotidiano qualche mese addietro. «Il pensiero di te mi assale qualsiasi cosa faccia. Questo desiderio mi sta consumando». «Tu appartieni a me, anche se non dovessi vederti mai più». «È stato splendido fare l'amore con te in questi giorni. Buonanotte, mio superuomo». «Mi lasci un vuoto». «Metto te sopra ogni cosa, sei la prima persona che sento al mattino e l'ultima prima di andare a dormire. Non c'è una cosa che non farei per te, ad ogni discussione scapperei lì da te ad abbracciarti, perché quando si ama una persona ogni litigio è solo uno spreco di tempo e di energie». E ancora: «Genio, conoscenza, sensibilità, giustizia. Tu la bellezza della perfezione». «Sai perché mi sono legata a te? Sei fuor di dubbio una persona eccezionale. Ma ciò che più mi ha colpita è qualcosa che va oltre le apparenze. Tu hai una purezza d'animo assoluta e una visione del sentimento altissima. Sei una persona estremamente sensibile».

 

 

Vorremmo anche noi concordare con Massimo Giletti e le sue ospiti di domenica sera andate all'attacco della nostra giornalista Azzurra Barbuto, accusata di sessismo per avere messo in luce nient' altro che dati di fatto che non dovrebbero essere divisivi: nelle aule di tribunale si processano imputati per presunti reati e non per vizi e peccati e dovrebbe valere sempre, sia per gli uomini che per le donne, il principio della presunzione di innocenza, per cui un individuo è ritenuto presunto innocente fino al terzo grado di giudizio e sentenza definitiva. Ecco, vorremmo dare ragione a Giletti e alle sue illustri ospiti e affermare che le studentesse di Bellomo, sue ex fidanzate, oggi ritenute parti offese nei procedimenti, siano esseri deboli, influenzabili, corruttibili, indifesi, sprovveduti, inermi, fragili come canne al vento.

Soltanto che poi ci ricordiamo che queste preparatissime signore sono magistrati, che ci giudicano all'interno dei nostri tribunali. Se sostenessimo la loro suggestionabilità la quale le avrebbe rese facili prede del docente definito «porco» a priori, dovremmo pure rimuoverle dal loro ruolo, poiché non è propriamente equo farsi giudicare da chi non dimostra proprietà di giudizio e discernimento. Preferisco quindi ipotizzare, alla luce di questi messaggi, che le dottoresse, all'epoca dei fatti donne già laureate, avvocatesse, di ottima famiglia, fossero perfettamente in grado di intendere e di volere, proprio come oggi e che fossero sincere allorché dichiaravano amore folle al loro professore, lodandone le virtù di lealtà e sensibilità. Qualità che di solito non si riconoscono a un molestatore o a uno stalker. 

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