Cerca
Logo
Cerca
+

Tasse, il governo fa dietrofront e si piega all'Ue: "Prima la solita fandonia preelettorale, poi le gabelle"

Esplora:

Emilia Urso Anfuso
  • a
  • a
  • a

Correva l'anno 2013, e nel mese di giugno l'Osservatorio di Confesercenti pubblicò uno studio, preso in scarsa considerazione. Un'analisi sul rischio di desertificazione degli esercizi commerciali e delle piccole e medie imprese, fondamenta dell'economia nazionale. Il timore si basava su considerazioni coerenti: la minaccia dell'aumento dell'Iva - che all'epoca era al 20% - paventato dal governo in carica presieduto all'epoca da Enrico Letta, abbinato a un aumento della pressione fiscale, avrebbe generato come conseguenza diretta la chiusura di una moltitudine di negozi. «Il Paese è a un passo dal baratro. I negozi di prossimità chiudono i battenti!». Catastrofismo? Macché, dati di fatto. L'analisi, realizzata sui primi 4 mesi del 2013, parlava chiaro: per ogni nuovo negozio ne chiudevano tre, per oltre 12.000 attività cancellate. Era solo l'inizio della concretizzazione di un'infausta, quanto realistica, previsione.

 

 

Nel frattempo il governo di sinistra s' interessava maggiormente alle clausole di salvaguardia, ai tagli alle agevolazioni fiscali e al conseguente impoverimento di tutti i contribuenti. Nessuno prese in seria considerazione il monito lanciato dall'organizzazione nazionale. L'Iva aumentò dal 20 al 22% ed è prevista una nuova impennata al 25% entro il 2021. Per non parlare della pressione fiscale, che è tra le peggiori al mondo. Se ne infischiano allegramente della Costituzione, che all'articolo 53 detta le regole sulla progressività della contribuzione in base alla capacità economica dei cittadini. Solo in questa nazione non è necessaria una riforma costituzionale per modificare le regole. Procedono come carrarmati Panzer Tiger, senza alcun tipo di limite o timore. Tornando a bomba: motivo dell'aumento dell'Iva? Mettere le pezze a colori sul bilancio pubblico più sgarrupato a livello europeo. Parliamoci chiaro: se i governi in carica promettono agli elettori di creare benessere per tutti, ma è la solita fandonia preelettorale e poi, di fronte alle richieste pressanti della UE di pareggiare i bilanci non si trova altra soluzione se non quella di aumentare le gabelle, è ovvio che non si possa poi cadere dal pero quando le conseguenze si presentano puntuali come il conto al ristorante.

Di tagliare dove sarebbe auspicabile manco a pensarci, tanto che gli sprechi per mala gestione della pubblica amministrazione, ogni anno, sono arrivati a costarci la bellezza di 200 miliardi. Palesemente le strategie economiche nazionali fanno acqua da tutte le parti. Non si pensa mai a ideare soluzioni strutturali e si va avanti giorno per giorno, misura dopo misura, come se il futuro non fosse cosa gradita, o comunque interessante per chi governa. Il futuro degli italiani, che fino a una manciatina di anni fa potevano mettere in cantiere qualche progetto di vita, come comprare casa, metter su famiglia e depositare un gruzzolo per ogni eventualità, e che ora guardano atterriti verso il nulla generato da un sistema paese evidentemente andato in tilt. Oggi che le attività chiudono anche a causa del Coronavirus per le misure scagliate come sassi contro l'economia nazionale basata sui negozi di prossimità, attraverso limiti orari incoerenti che hanno il sapore di proclami dittatoriali, non possiamo far altro che osservare l'avanzata delle truppe vittoriose sul suolo italico: le altre nazioni, che stanno acquistando per pochi spiccioli ciò che resta di un paese. Il nostro.

Dai blog