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Luigi Di Maio e Napoli disperata: ministro grillino imborghesito, ha dimenticato il suo popolo

Azzurra Barbuto
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Non basta essere campani per comprendere la disperazione dei napoletani che venerdì sera sono scesi in strada in massa al fine di protestare contro le misure volte al contenimento del contagio imposte dalla Regione. Non basta, ad esempio, al ministro degli Esteri, già ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, avellinese, il quale su Twitter ha pubblicato un post severo: "Davanti alla violenza non ci sono scuse, nulla di ciò è accettabile". Indiscutibile la condanna della forza bruta, certo. E noi di Libero siamo sempre i primi a schierarci in difesa delle forze dell'ordine che rischiano quotidianamente la vita per uno stipendio troppo misero. Tuttavia, i fatti di Napoli costituiscono anche un segnale che sia la classe politica nazionale che quella locale non possono permettersi di ignorare, poiché il rischio è che questa rabbia divampi tracimando in cieca brutalità. La manifestazione della scorsa notte, dunque, rappresenta un'anticipazione della rivolta sociale che potrebbe presto esplodere su tutto il territorio nazionale, in particolare in quel Sud che non è mai uscito dalla crisi del 2008 e che adesso si trova ad affrontarne una ancora più devastante. Eppure i manifestanti sono già stati bollati quali fascisti, soprattutto camorristi, come se Napoli e Camorra fossero la stessa cosa e qualsiasi fenomeno sociale sorga dal ventre del capoluogo campano debba essere interpretato attraverso la medesima chiave di lettura. L'indifferenza o l'atteggiamento di sufficienza adottato dai governanti nei confronti del popolo ha sempre agito da alimentatore dello scontro e della ribellione, mai il contrario. Ci vengono in mente le celebri parole attribuite alla regina Maria Antonietta di Francia, la quale, allorché le comunicarono che i francesi erano sul piede di guerra poiché non avevano il pane, senza scomporsi affermò: "Che mangino brioches". Da Luigi Di Maio ci aspetteremmo qualcosa di più, soltanto perché non è mai stato un reale, quindi non ha trascorso l'esistenza tra agi e mollezze, dato che fino a qualche anno fa vendeva bibite allo stadio, e soprattutto conosce bene le problematiche che affliggono il territorio campano e la sua gente. Ad esempio, il babbo del ministro, come ha ammesso egli stesso, nella sua aziendina si avvaleva del contributo di lavoratori irregolari. Il lavoro nero trionfa in tutto il Mezzogiorno e va da sé che coloro che sgobbano in maniera non regolare non possano usufruire della cassa integrazione che tocca ai lavoratori in regola. Questo significa che il coprifuoco, che solo a Milano determina una perdita di 2 milioni di euro ogni notte, ha effetti ancora più drammatici sul fronte occupazionale in quel di Napoli, dove la disoccupazione è già elevata e spesso si cerca di campare alla giornata, svolgendo lavoretti in nero, pure nelle ore serali, guadagnandosi la pagnotta giorno per giorno ché "del doman non v' è certezza. Quando questa macchina, per quanto precaria e a tratti illegale, si ferma, gran parte della popolazione si ritrova senza entrate e altresì senza possibilità alcuna di averne. Quindi i rivoltosi napoletani non sono mafiosi, sono in maggioranza individui alla canna del gas, padri e madri di famiglia che devono poter sfamare i figli, titolari di piccole imprese, commercianti, terrorizzati davanti all'ipotesi di un nuovo lockdown che li metterebbe definitivamente in ginocchio. Non si tratta di giovanotti viziati che corrono in strada per fare valere il proprio diritto a fare l'aperitivo. Facile giudicare per Di Maio, ingessato nel suo abito blu dentro la sua auto blu, il quale pur essendo campano si è scordato quanto sia arduo nascere e crescere in certe aree della nostra penisola, dove persino la speranza si spegne. Se Gigi passa da una poltrona all'altra, sempre a capo di dicasteri importanti, se all'età di 34 anni è stato già vicepremier, se ha stipendi stellari e assicurati, non è di sicuro per le sue brillanti competenze o i suoi titoli. Colpi di fortuna di cui i suoi coetanei di Avellino, di Napoli, di Caserta, non hanno goduto. E molti di questi suoi coetanei l'altra sera non ce l'hanno fatta più e si sono riuniti nelle piazze per urlare il proprio sconforto. Il vero crimine sarebbe tapparsi le orecchie. 

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