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Decreto rilanci, ristoratori presi in giro: costretti a pagare 2 miliardi per chiudere

Sandro Iacometti
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Perché, vi chiederete, ristoratori, albergatori, esercenti e piccoli imprenditori stanno scendendo in piazza furibondi in tutta Italia se oggi il governo staccherà un sostanzioso assegno per compensare tutti i danni e farsi perdonare il disturbo? Proviamo a fare due conti. Fino ad ora il terziario, il settore più colpito dagli effetti economici della pandemia, ha perso circa 30 miliardi di fatturato (fonte Fipe-Confcommercio) a causa del lockdown e dei suoi strascichi. Gli indennizzi a fondo perduto previsti dal decreto Rilancio non hanno superato i 6 miliardi. Sanificare e mettere in sicurezza i locali aperti al pubblico è costato la bellezza di 2,1 miliardi (fonte Confesercenti). Di questi, appena 200 milioni sono stati restituiti attraverso il credito di imposta. La nuova stretta sulle aperture decisa con l'ultimo Dpcm comporterà perdite che si aggirano sui 2,7 miliardi al mese, con un impatto complessivo sul quarto trimestre di 17,5 miliardi (fonte Confcommercio).

Ed ecco il punto: volete sapere quanti sono i soldi che il governo ha intenzione di sganciare? Le fonti più attendibili parlano di un decreto Ristoro di circa 5 miliardi, di cui solo 1-1,5 miliardi destinati agli indennizzi per una platea di circa 350mila imprese (si ipotizza un intervento medio di 2.000 euro ad azienda) attive nei settori della ristorazione, dei bar, dello spettacolo e dello sport. Risorse a cui si dovrebbe aggiungere qualche altro centinaio di milioni per il nuovo credito d'imposta per gli affitti commerciali di ottobre e per l'esenzione dal versamento della seconda rata dell'Imu. Certo, oggi l'esecutivo potrebbe smentire tutti mettendo sul piatto cifre ben più robuste. Eventualità da augurarsi, ma assai poco credibile. Come ha detto lo stesso Giuseppe Conte, l'intervento non dovrà modificare i saldi indicati nella Nota di aggiornamento al Def. Il che significa, considerando che bisogna rifinanziare la Cig fino a dicembre e trovare il denaro per un altro giro di reddito di emergenza, che la coperta non è corta, ma praticamente inesistente.

SOLO BRICIOLE
Insomma, a fronte di perdite ingenti e a doppia cifra che gli imprenditori del comparto hanno sostenuto e dovranno sostenere nei prossimi mesi, arriveranno un po' di briciole con cui calmare temporaneamente i morsi della fame. E neanche a tutti. I grossisti paventano un colpo da 10 miliardi, l'agroalimentare potrebbe non riuscire a vendere fino ad un terzo della produzione, gli operatori del turismo organizzato perderanno quei pochi clienti con cui ancora riuscivano a lavorare. Tutti settori che, ad oggi, non rientrano nell'operazione di salvataggio annunciata dal governo. Tra chi beccherà un po' di soldi, poi, c'è la beffa per bar e ristoranti, che ai fini della distribuzione degli aiuti saranno considerati meno bisognosi dei loro colleghi costretti a chiudere del tutto. Ma c'è davvero qualcuno a Palazzo Chigi che pensa si possa tenere aperto un locale solo per la colazione e il pranzo, per di più con un esercito di lavoratori in smart working? Come ha detto chiaramente il presidente di Confimprenditori, Stefano Ruvolo, «se non si può restare aperti fino alle 22, meglio andare subito in lockdown». Almeno si tagliano pure i costi. L'obiezione è nota: la situazione è difficile, ma è colpa del Covid, non di chi lo combatte. Benissimo. Ma i due miliardi spesi dagli imprenditori per la fase2 (ve la ricordate ancora?) non sono stati usati per lo stesso motivo? E che dire del Trentino, dove, grazie all'autonomia di cui godono, hanno gettato nel cestino il Dpcm e lasciato tutto com' era? Sono dei pazzi che vogliono morire di coronavirus?

VOCI DISCORDANTI
È strano perché, passi l'opposizione, ma anche nella maggioranza sono molte, a partire da quella dei renziani, le voci discordanti sull'ultimo provvedimento di Conte. E poi, diciamolo, i dati che dimostrano l'impatto delle cene fuori e dell'attività sportiva sulla diffusione del virus non esistono. Nasce il sospetto, a questo punto, che il governo sia andato per esclusione. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ci ha detto che il 75% dei contagi avviene in famiglia. Ma qui c'è la Costituzione di mezzo. Sui trasporti ci sono molti dubbi, però la ministra Paola De Micheli assicura che lì il virus non circola. Idem per la scuola, parola della ministra Lucia Azzolina. Impensabile, infine, fermare l'industria, unico settore che si è rimesso sui binari e alimenta il Pil. Cosa resta? Ristoranti, piscine, palestre e cinema, per l'appunto. Ma la primavera è passata. E gli italiani, a quanto pare, non sono più disposti a farsi prendere per i fondelli.

 

 

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