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Open Arms, Giuseppe Conte rischia: "Processabile direttamente", il "boomerang" a disposizione dei giudici

Pietro Senaldi
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Forse anche i giudici non ne possono più di Giuseppe Conte e usano Matteo Salvini per dargli la spallata finale. È una provocazione, ma è quello che potrebbe accadere se andrà avanti il processo all'ex ministro dell'Interno, incriminato per sequestro di persona per non aver fatto sbarcare nell'agosto di un anno fa i 163 migranti a bordo della nave battente bandiera spagnola di un'organizzazione non governativa, Proactiva Open Arms. Ieri la magistratura palermitana ha fissato per il 12 dicembre la data dell'udienza preliminare. Poiché il diritto e la legge dovrebbero essere uguali per tutti, è auspicabile che la comparsata prenatalizia del leader leghista vada come quella dell'inizio di questo mese, a Catania, dove Salvini si è recato per rispondere di sequestro di persona per aver vietato lo sbarco dei profughi salvati dalla motonave della Guardia Costiera Gregoretti.

La Procura siciliana ha chiesto l'archiviazione per mancanza di reato e il giudice dell'udienza preliminare ha convocato Conte, Di Maio, Lamorgese e Toninelli per rispondere dell'accaduto. Le prossime tappe sono fissate per il 20 novembre e il 4 dicembre e il quartetto di testimoni potrebbe trasformarsi in una compagnia di indagati con l'ex titolare del Viminale. Le differenze tra il caso Gregoretti e il caso Open Arms al momento sono due, una negativa e l'altra positiva per l'ex vicepremier. Quella sfavorevole è che, mentre nella vicenda della motonave della Guardia Costiera, la Procura catanese si espresse fin da prima del rinvio a giudizio a favore dell'archiviazione del procedimento, sulla storia della Open Arms i pm di Palermo non hanno scoperto le carte, limitandosi a trasmettere al Tribunale dei Ministri gli atti raccolti dal pm di Agrigento Luigi Patronaggio, che ha mosso l'azione contro Salvini. Nessuno sa, quindi, quale sia l'orientamento della magistratura inquirente.

LA SOVRANITà IN GIOCO
L'aspetto favorevole è che la Open Arms è spagnola, e quindi i migranti a cui era impedito lo sbarco si trovavano in territorio straniero, pertanto non in custodia dell'Italia, come invece quelli della Gregoretti. La circostanza dovrebbe liberare Salvini da ogni accusa. Ma non si può mai dire, perché la vicenda giuridica della nave iberica ha un punto inquietante. Sul destino dei profughi a bordo infatti era stato raggiunto un accordo diplomatico tra Roma e Madrid, che si era detta pronta ad accoglierli e aveva fatto partire dalla Spagna una nave pronta a caricarli e traghettarli in terra iberica. Il giorno prima dell'arrivo dell'imbarcazione di salvataggio, Patronaggio decise però di rompere lo stallo. Salì a bordo per un'ispezione, decise che la situazione non era più sostenibile e mise la Open Arms sotto sequestro, facendo sbarcare gli immigrati e vanificando la trattativa internazionale. Al di là di qualsiasi valutazione di merito, l'azione del magistrato inquirente ha impedito la costituzione di un precedente importante che avrebbe stabilito che la sorte dei profughi è nelle mani del primo Paese che li ospita, ovverosia quello di nazionalità della nave che li salva, e non di quello d'approdo. È evidente che sarebbe stato di interesse nazionale favorire l'assunzione di responsabilità di Madrid, graziata invece dalla procura agrigentina che poi ha incriminato Salvini.

 

 

L'AZIONE DEL GOVERNO
Ora è probabile che a Palermo vada in onda lo stesso film trasmesso a Catania, con il giudice per l'udienza preliminare che potrebbe chiamare a testimone Conte e gli altri ministri per verificare se è fondata la tesi della difesa, ovverosia che il Viminale non fece tutto da solo ma che la sua azione era concordata dall'intero governo, in particolare dal premier. L'argomentazione, propugnata dall'avvocato Bongiorno, legale del leader leghista, è sostenuta dalla maggioranza dei costituzionalisti italiani ed è confermata dal fatto che Salvini, su espressa richiesta di Conte, fece scendere subito i 28 minorenni a bordo della nave spagnola, spiegando per iscritto che, pur non essendo d'accordo, acconsentiva allo sbarco obbedendo a ordini superiori. Insomma, come la Gregoretti, anche la Open Arms rischia di rivelarsi un boomerang per Conte e i ministri giallorossi. O Salvini viene assolto, o i suoi vecchi colleghi di governo rischiano di essere rinviati a giudizio con lui.

E non è neppure detto che per processarli sia indispensabile l'autorizzazione del Parlamento, che era invece necessaria per Salvini. La giurisprudenza infatti è divisa. C'è chi ritiene l'azione di un ministro nell'esercizio delle sue funzioni come una responsabilità individuale e chi invece la reputa responsabilità di governo. Nel secondo caso, non sarebbe necessario ripassare dalle Camere e Conte e compagni sarebbero processabili direttamente, perché il via libera parlamentare sarebbe implicito nel sì al giudizio contro il leader leghista. Nel primo caso invece, si verificherebbe un cortocircuito politico. La stessa maggioranza che ha votato per mandare alla sbarra Salvini sarebbe chiamata a esprimersi sul rinvio a giudizio del suo premier e dei suoi ministri per il medesimo atto. E sarebbe veramente grottesco se M5S e Pd, dopo aver fatto processare il capo della Lega, risparmiassero Conte e Di Maio, accusati del medesimo reato. Grottesco, ma non alieno agli usi e costumi dei democratici e dei giustizialisti a corrente alternata che ne riempiono le file. 

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