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Giuseppe Guzzetta contro Conte e Speranza: "L'ultimo decreto? O si cambia la Costituzione o la si rispetta"

Alberto Rapisarda
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 Chiudere una Regione con un'ordinanza di un ministro? Una cosa del genere, giura l'autorevole giurista Giovanni Guzzetta, non si era mai vista con questa Costituzione. «La Carta semmai prevede che sia il governo a farlo, con quei poteri sostitutivi che non sono mai stati attivati in tutta l'epidemia - quindi da questo punto di vista il dettato è stato completamente ignorato - ma non è nemmeno previsto in una legge questo potere». Per il costituzionalista questa è la cosa più grave: la "novità" di questo Dpcm.

Professore, lei sostiene che con l'introduzione delle zone rosse Giuseppe Conte l'ha combinata davvero grossa. Perché?

«Perché uno dei caposaldi del nostro ordinamento vuole che quando si tratta di attribuire poteri nuovi a qualche organo è necessario che ci sia una legge che lo preveda. Perché una legge? Perché è l'atto su cui il Parlamento esprime la propria volontà. E quindi, indirettamente, è il popolo stesso che si esprime. Inoltre la legge consente al Parlamento di discutere queste decisioni. E a mio parere in questo caso ci sarebbe molto bisogno di discutere prima di adottare misure del genere».

Sta dicendo che si tratta di un provvedimento incostituzionale?

«Sì».

Al ministro della Salute è assegnata la possibilità con delle semplici ordinanze di inserire intere regioni nel vortice delle zone colorate. Per lei significa addio al principio di legalità?

«Esatto. Indipendentemente dal contenuto di questo potere, attribuirlo a un organo pubblico senza una base legislativa che lo consenta è al di fuori del principio di legalità».

In soldoni: alcune libertà fondamentali - fra cui quella di lavorare e di circolare - sono impedite da un atto che discende non dalla Costituzione né dal Parlamento ma direttamente da Conte, da oggi pure "legislatore"?

«Sostanzialmente è così. Poi la giustificazione che viene data è che questo atto del ministro sarebbe un atto che descrive un automatismo. Perché il modello è stato già predefinito: si tratta solo di applicarlo in concreto».

I cosiddetti 21 parametri...

«A parte che non è vero perché il ministro ha poi dei poteri discrezionali. La Costituzione comunque non fa differenza fra poteri automatici, poteri discrezionali o liberi. Il principio è molto semplice: ogni volta che c'è un potere nuovo occorre che a prevederlo sia una legge».

Qualcuno ha avvertito il Colle di tutto questo?

«Ah, questo non lo so. Il Dpcm comunque è sottratto a qualsiasi controllo: del capo dello Stato, della Corte costituzionale, del Parlamento. Quello che c'è da sperare è che la questione sia posta da qualche giudice amministrativo e che questo ne colga il vizio».

L'ultima speranza è il Tar

«Sì, perché non ci sono altri strumenti di controllo. E mi pare che è quello che stia provando a fare la regione Calabria e presso qualche Tar».

Obiezione: professore - direbbero da Palazzo Chigi -, siamo in emergenza pandemica e lei sta qui a parlarci di Costituzione

«Si può anche non parlare di Costituzione ma a quel punto bisogna ammettere che sono stati attribuiti pieni poteri al premier al di fuori della Carta. Non so se Conte sottoscriverebbe questa affermazione».

La "nuova normalità" di cui si parla varrà pure per la Carta?

«Mi auguro proprio di no e che si torni alla normalità costituzionale. Tra l'altro sostengo che questa avrebbe potuto essere rispettata anche durante la pandemia».

Come?

«Attraverso gli strumenti che ci sono: i decreti legge, il potere sostitutivo dello Stato...cosa che non è stata fatta adeguatamente».

Perché?

«La giustificazione è stata: perché gli interventi dovevano essere così tempestivi che non c'era nemmeno il tempo di convocare un Consiglio dei ministri. Il piccolo problema è che questa affermazione è poi contraddetta dal fatto che con riferimento ai Dpcm è stato previsto un procedimento con cui addirittura si convoca il Parlamento prima della loro adozione. Quindi questa tempestività che si pone alla base è stata smentita. Peraltro questa vicenda che riguarda l'attribuzione a Speranza di questi poteri speciali contraddice questo modello: perché a questo punto non si capisce bene perché non sia Conte a stabilire la destinazione per fasce delle regioni...».

Non è che ha voluto lasciare l'ingrato compito al povero Speranza?

«Non faccio processi alle intenzioni politiche. Però constato che non c'è nessuna giustificazione perché questa determinazione sulla collocazione delle regioni, proprio per la sua importanza per la vita dei cittadini, non debba essere in capo a colui che fino ad ora ha rivendicato il ruolo di gestione di tutta la pandemia. Cioè il premier».

Lei afferma che ormai siamo assuefatti da questa logica machiavellica applicata al diritto: il fine, l'emergenza, giustifica i mezzi. Ha parlato addirittura di "negazionismo costituzionale".

«Ne ho parlato a proposito del fatto che per mesi si è detto che non era necessario, utile, possibile coinvolgere il Parlamento e che tutto andava bene. Dopodiché, grazie anche alla moral suasion di Mattarella, finalmente c'è stato un dibattito in Aula prima dell'introduzione delle misure. Il problema è che ciò non può essere un fatto episodico ma deve essere sistematico. Così come il governo è operativo continuamente su questa vicenda anche il Parlamento deve essere messo in condizioni, secondo la logica del nostro sistema costituzionale. Poi se lo vogliamo cambiare ben venga, però bisogna cambiarlo. Fin quando c'è, invece, va rispettato». 

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