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Inps, "calcoli sbagliati": ecco quali pensionati devono restituire parte dell'assegno. Ma l'ente dà sussidi anche ai mafiosi

Antonio Castro
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L'Inps elargisce assegni a chi non dovrebbe e con il Reddito di cittadinanza - distribuito a pioggia prima ancora di effettuare i previsti controlli - la casistica delle truffe e delle dichiarazioni false è lievitata. Poi, però, se spunta dopo anni un'incongruenza sui cedolini dei pensionati regolari - che per una vita hanno versato i contributi - non perde tempo e ingiunge con tanto di raccomandata, entro il termine perentorio di 30 giorni, di aderire al «piano di rientro» e di rifondere quanto percepito. Peccato che prima l'Inps abbia conteggiato e stabilito quanto il vecchietto dovesse percepire. Poi, sempre l'Istituto, ha provveduto ad accreditare mensilmente l'importo. Salvo rendersi conto di aver sbagliato (?) e quindi con qualche anno di riflessione si lancia nel recupero di crediti minacciando, altrimenti, di mettere le mani nel conto corrente o sulle altre proprietà del malcapitato nonno.

Paradossi di un'Italia che con oltre 18,5 milioni di prestazioni previdenziali attive non riesce a far combaciare neppure i conteggi tra contributi versati e prestazioni erogate. È sempre l'ente previdenziale che prima fa di conto. Poi sbaglia, se ne accorge con calma e quindi mette sul banco degli imputati i pensionati che hanno accettato i conteggi, incassato in buonafede le mensilità, salvo trovarsi imputati per un indebito incasso. In casi del genere i ricorsi amministrativi - quando non c'è dolo da parte del pensionato che ha fatto semplicemente domanda - fioccano. Anche perché l'alternativa è accettare di pagare secondo il piano di rientro stabilito dall'ente previdenziale. E senza sgarrare neppure una rata perché l'Istituto potrebbe rifarsi oltre che sui trattamenti in pagamento anche sui beni, i conti correnti e le proprietà del malcapitato. Il caso forse più eclatante è quello di un povero pensionato che si è visto recapitare una richiesta di rimborso da 29.231 euro. Ora la pratica è in mano all'avvocato Celeste Collovati - esperto di ricorsi in materia riporta il sito de Il Giornale - che ricorda i diritti dei cittadini: «Una sentenza Cassazione del gennaio 2017», scandisce il legale, «chiarisce che l'ente erogatore, l'Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato"». Insomma, si può fare ricorso e confidare, in base a questo pronunciamento, di vincerlo.

 

 

 

 Se i pensionati devono assumere un legale per dimostrare la propria buonafede, i mafiosi (magari in carcere), possono spassarsela a spese dell'Inps. È il caso di una ventina di delinquenti del siracusano: hanno presentato domanda, mentito e si sono aggiudicati complessivamente la bellezza di 200mila euro in assegni per il reddito di cittadinanza. Confidando proprio sui blandi controlli dell'Istituto 24 persone hanno percepito per mesi il reddito di cittadinanza. Fra questi signori 11 appartenenti a noti clan del siracusano e detenuti per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentato omicidio e rapina. Ai delinquenti (e ai loro familiari) è bastato compilare la domanda del bonus Di Maio. Omettendo di avere parenti e familiari ospiti nelle patrie galere. O di avere dei congiunti che scontavano una pena per associazione mafiosa. Se ne sono però accorti gli uomini delle Fiamme Gialle che hanno condotto le indagini. Adesso chissà chi di questi "indebiti beneficiari" del Rdc risponderà alle ingiunzioni dell'Inps...

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