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Guido Crosetto, "no" alla federazione del centrodestra: "Le fusioni a freddo mi convincono poco"

Paolo Becchi
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 Paolo Becchi ha lanciato un monito a Matteo Salvini: attenzione ad entrare nel nuovo mondo - quello del post-Covid - con un centrodestra vecchio: nella forma e nella proposta. «Un ragionamento serio» per Guido Crosetto, il "gigante" di Fratelli d'Italia che considera la sintesi nata nel '94 inadatta a rappresentare il momento attuale.

Ci spiega il motivo?

«È un termine che ha individuato un'epoca politica ormai finita. Berlusconi riuscì ad unificare tutto ciò che non era a sinistra ed a tenerlo insieme nonostante mille contraddizioni. Dopo di lui, però, nessuno ha più provato a farlo con determinazione. O almeno non ci ha provato chi poteva vantare la guida di una coalizione».

Oltre la federazione e la linea comune sullo scostamento di Bilancio, proposte dal leader della Lega, ci deve essere necessariamente qualcos' altro, insomma.

«La federazione non ho capito bene cosa e come dovrebbe essere ma le fusioni a freddo e teoriche mi convincono poco. Sulla Finanziaria sarebbe invece stupido che non riuscissero a trovare una linea comune che si concretizzi in 4-5 proposte concrete. Certo non basta, perché è un passaggio estemporaneo e momentaneo. Potrebbero partire con un coordinamento continuo dei gruppi per le battaglie politiche su temi più rilevanti per i cittadini e lo Stato».

Il centrodestra è una formula da ridefinire ma è estrema maggioranza nella nazione. Un controsenso?

«La maggioranza del Paese è insoddisfatta dalle risposte politiche ma soprattutto impaurita dalla sensazione che nessuno sappia governare la nave e si navighi a vista. Trasformare questo scontento in voto per l'opposizione è relativamente facile. Conservarlo significa costruire una proposta politica ma soprattutto una classe dirigente, credibili. Fare promesse senza avere persone serie e competenti per metterle in pratica sarebbe un suicidio».

La nuova battaglia, continua Becchi, non sarà più eurocritica ma riguarda la sovranità tecnologica europea contro i colossi americani e cinesi. Una forma di autarchia. L'idea sembra intrigante.

«C'è in corso una battaglia sulla sovranità tecnologica ma, a differenza di Paolo Becchi, io non ho mai visto una volontà europea nel fare fronte comune ma semmai una battaglia franco-tedesca per diventare l'asse portante tecnologico ed industriale di tutto il resto dell'Ue: un grande mercato a servizio di due industrie nazionali. Sui confini, poi, non esiste quasi dialogo tra le nazioni perché non esiste una politica estera europea ma 27 diversi approcci».

Giorgia Meloni continua a crescere. C'è chi assegna questa crescita al suo ruolo di "cerniera" e mediatrice nel centrodestra, c'è chi pensa invece che proprio per questo abbia tutti i numeri per prendere le redini della coalizione. Per lei?

«Chiamare Giorgia Meloni mediatrice significa non conoscerne la determinazione nel perseguire ciò che ritiene giusto ma ciò detto penso che abbia davanti a sé un'enorme e ulteriore possibilità di crescita semplicemente perché è brava, è una lavoratrice non comune e soprattutto approfondisce e studia. Salvini ha caratteristiche più intuitive e meno metodiche, forse, anche se a quantità di lavoro mi sembra non inferiore a nessuno. Ora però serviranno non solo le doti da solisti ma quelle da regista. L'importante è non percepirsi come avversari ma componenti della stessa squadra».

La sinistra è pronta alla grande riabilitazione di Berlusconi. Il Pd sì che ha una "visione": fantasticare su una destra a proprio uso e consumo?

«Che il Pd voglia cannibalizzare Forza Italia dopo averlo fatto con il M5S, mi sembra una strada comprensibile e in linea di ciò che è accaduto negli ultimi anni. Che FI ancora una volta accetti, mi sembra davvero strano: finora ogni volta che l'hanno fatto si sono ritrovati più deboli».

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