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Giustizia, il sondaggio: l'Italia ha i tribunali peggiori d'Europa

Francesco Specchia
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Sempre peggio. In tempi in cui i prestiti e i fondi europei risultano necessariamente legati alle riforme strutturali (mai fatte) dei tribunali, l'Europa segnala l'inadeguatezza del settore: la gente si fida quasi più dei commercialisti e dei politici che delle toghe; e la giustizia italiana soffre, più che il Covid, la propria, oramai romanzesca, inefficienza. Il nuovo "Rapporto sull'efficienza e qualità della giustizia in Ue" appena sfornato dal Consiglio d'Europa e ripreso dagli economisti della Voce.info, è spietato. In un sistema giudiziario che se funzionasse davvero recupererebbe 35/40 miliardi di Pil e attirerebbe 170 miliardi di investitori esteri (che si guardano bene dall'avvicinarsi agli italici lidi per il terrore d'incappare nei nostri processi eterni e talora bizzarri. Dove la giustizia è efficiente il credito medio è più forte), emerge infatti chiarissima la percezione dello scarso grado d'indipendenza della magistratura. Nel 2020 più del 50% dei cittadini e circa il 45% delle imprese l'ha ritenuto «piuttosto insoddisfacente» o «molto insoddisfacente». In pratica, in Italia «solo 3 cittadini su 10 - dato inferiore solo a quello della Slovacchia e a quello della Croazia - e solo 4 imprese su 10 hanno fiducia nell'indipendenza dei magistrati». La mole di sfiducia di popolo e sistema produttivo nei confronti del sistema è terrificante. Certo, con 3 milioni e passa solo di cause civile e commerciali pendenti, la sfiducia è ben riposta.

 

 

 

Confronto - Se si va nel dettaglio, è pure peggio. L'Italia vanta, appunto, il primato di avere la giustizia più lenta del continente. Prendete il settore penale. Qui, nel 2018 il tempo medio per pronunciare una sentenza di primo grado è stato di 361 giorni, record negativo tra tutti i paesi membri del Consiglio d'Europa, in cui la durata media è stata di 144 giorni. I dati trovano mesto riscontro anche nei successivi gradi di giudizio: in 4 processi penali d'appello su 10 il tempo medio per arrivare a giudizio è stato superiore a 730 giorni. Ancora più grave il settore civile e commerciale, dove per una sentenza in primo grado si devono attendere 527 giorni contro una media degli altri Stati di 233 giorni, e il settore amministrativo, con 889 giorni rispetto ai 323. Addirittura, in Italia si impiegano in media più di 1.200 giorni per una sentenza definitiva in terzo grado. Uno studio della Banca d'Italia conferma e anzi aumenta il divario: secondi nel continente dopo la Grecia come disposition time - cioè nel «tempo mediamente necessario per la risoluzione di una causa a capacità produttiva costante» - per sole cause civili e commerciali; ma primissimi se si calcolano i tre gradi di giudizio: 7 anni e 3 mesi di media, 2mila e 658 giorni. Il tutto in perenne violazione della legge 24 marzo 2001, n. 89 meglio nota come legge Pinto che dovrebbe fare desistere dall'irragionevole durata dei processi che scatterebbe qualora si superassero i tre anni per grado di giudizio. Il condizionale è naturalmente d'obbligo. E la sfiducia dei cittadini non è più solo da addebitare al grande Moloch della burocrazia. No. L'elemento nuovo e più grave è appunto la sfiducia stavolta diretta nei confronti dei magistrati: «Tra le ragioni alla base di queste valutazioni, vi è l'idea che la magistratura italiana sia soggetta a interferenze o pressioni da parte di portatori d'interessi economici (secondo il 36 per cento dei cittadini e il 41 per cento delle imprese) o da parte del potere politico (secondo il 37 per cento dei cittadini e il 41 per cento delle imprese)», recita il Rapporto Ue.

Risorse - Ferruccio de Bortoli in una pregevole inchiesta sul Corriere Economia spiega che, in tutto questo sfascio, pesa «dal lato dell'offerta della giustizia, l'eccesso di processi che finiscono in Cassazione (per centomila casi sono cinque volte di più che in Germania). E, dal lato della domanda le troppe impugnazioni anche per questioni di scarsa importanza». E, tra quest' ultime, noi metteremmo le cosiddette "liti temerarie" che toccano spesso i giornalisti e che dovrebbero essere sanzionate ma che in realtà i giudici non sanzionano quasi mai. De Bortoli spiega anche che non si tratta di una questione di risorse, «la Svizzera con gli stessi soldi (0,2 per cento del Pil) è quattro volte più veloce di noi»; e cita il caso della Corte d'Appello di Venezia dove «tra il 10 marzo e l'11 maggio sono stati rinviati il 91 per cento dei procedimenti civili dei sette tribunali ordinari del distretto»: ci s' è messo pure il Covid con le sue «migliaia di processi rinviati che si sommeranno all'arretrato storico». Secondo il Rapporto suddetto c'è anche una buona notizia: «È lievemente aumentata la fetta di bilancio che gli stati dedicano alla giustizia, circostanza auspicata da molti studiosi: se nel 2010 la spesa era di 64 euro per abitante, nel 2018 è stata in media di 72 euro. In Italia è stata di 83,2 euro, con un incremento del 14 per cento, il che tenuto conto del tasso di litigiosità del nostro paese è cosa buona». Ma poi lo stesso Rapporto aggiunge che, se si continua così l'intero sistema rischia di saltare. Strano, non ce ne eravamo accorti 

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