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Coronavirus, per colpa della pandemia stiamo diventando schiavi della tecnica

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Francesco Bertolini
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La tecnologia ci distruggerà. Una affermazione di questo tipo ti classifica subito tra gli anti-scienza. Sarà, ma se essere pro-scienza significa abdicare all'uso del cervello, beh, allora sono anti-scienza. Controlliamo il cellulare in media sette volte l'ora, siamo continuamente connessi e speriamo che il vaccino ci consenta di tornare alla normalità, magari con un passaporto sanitario obbligatorio e un braccialetto che misuri tutte le nostre funzioni vitali, oltre che tutte i nostri spostamenti e le nostre azioni. Una meraviglia, penserà qualcuno, entusiasta di diventare un robot idiota totalmente manipolabile da chi avrà il controllo del suo braccialetto.

La tecnologia avrebbe dovuto liberarci il tempo, consentirci di vivere meglio e di avere più tempo libero; il risultato quale è stato? Abbiamo incrementato il nostro benessere? I consumi di antidepressivi sono ai massimi di sempre; uno dei pochi settori che ha avuto grandi benefici dalla pandemia, insieme alle piattaforme online, la rivincita del calzino bucato. Le riunioni on line, oggi inevitabili, oltre a far decollare il valore di azioni come Zoom e altri titoli tech, hanno avuto come risultato l'appiattimento generalizzat. Inevitabilmente, on line, il carisma, la leadership e l'empatia vengono meno; il mondo è ormai sempre più nelle mani degli asperger della Silicon Valley, incapaci di corteggiare una donna se non attraverso una tastiera.

 

 

Gli antichi greci accettavano la tecnica come continuazione della natura e a patto che non fosse in conflitto con la natura stessa; oggi la tecnologia ci ha totalmente allontanato dalla natura, ci ha disumanizzato, per poi raccontarci le 4 balle della green revolution, fatta da app per contare le calorie di cibi coltivati secondo tecniche innovative senza più terra, e nutrite da concentrati preparati in laboratorio. Come se poi il prodotto finale avesse le stesse proprietà; le erbe di campo, per sopravvivere, devono combattere il freddo, il caldo, la carenza di acqua o la troppa acqua, sviluppando così sistemi difensivi che le rendono straordinarie per la nostra salute.

Ma anche con le piante la strada è segnata; rendere tutto il più standardizzato possibile, rendendo anche il loro sistema immunitario sempre più debole, come quello di quei poveri bambini che oggi obblighiamo a sanificarsi in continuazione e a coprirsi il viso con le mascherine. Difficile uscire da questo meccanismo; ne siamo forse in molti consapevoli, ma ne siamo dipendenti, come denunciato dagli stessi manager delle grandi big tech nel docu film social Dilemma; e purtroppo la società nel suo complesso non ha ancora, se non in minima parte, consapevolizzato il rischio, non esistono cliniche di disintossicazione tecnologica, se non ritiri yogici nella foresta nera, che non incidono sul trend che il mondo ha preso. E la pandemia ha accelerato questa degenerazione; forse l'unico modo per uscirne sarà un botto colossale, quando finalmente si capirà che non si possono mangiare le app e che tra un incontro reale e un incontro virtuale passa tutto il senso della vita che stiamo perdendo.

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