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Servizi segreti, l'accusa di Iuri Maria Prado: stanno erodendo la nostra democrazia e noi non reagiamo

Iuri Maria Prado
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 In democrazia, pressappoco, funziona così: si ricerca il consenso per occupare i luoghi del potere e, possibilmente, per esercitarlo bene. Nei sistemi autoritari funziona diversamente: si occupano i luoghi del potere per organizzare il consenso. Nel primo caso si arriva al potere per governare. Nel secondo caso si governa partendo dal potere. La sottoposizione dei Servizi segreti alla grinfia personale del presidente del Consiglio appartiene a quel secondo tipo di concezione e gestione del potere: con uno slalom tra i pali normativi e consuetudinari della nostra democrazia repubblicana, egli perviene ad astringere al proprio dominio singolare quel comparto delicatissimo dell'organismo statale. Non ha fatto tutto da solo, perché il potere sui Servizi segreti fu appaltato a Conte per concessione della sinistra collaborazionista al tempo della spartizione anti-elettorale del 2019: ma ora a quel potere si è avvinghiato, mentre l'alleato di governo assiste sbigottito al consolidarsi della protervia avocativa dell'autocrate che va in tv a spiegare che se molla le deleghe il Paese è a rischio.

 

 

Anche questo delizioso spettacolo, degno delle retoriche sicuritarie del socialismo asiatico o di qualche junta novecentesca, è guardato qui da noi come se si trattasse di una bizzarria un po' naïf dopotutto innocua, l'ennesima disinvoltura di un avventizio al quale non si è ancora spiegato che l'ordinamento repubblicano è una cosa diversa rispetto a un fondaco da imbottire di amici e famigli. Ed è esemplare che questa maggioranza e questo governo, impasticciati con la malta di una propaganda che ci salvava dall'assedio della truculenza sovranista, siano quelli che proprio in omaggio alla manutenzione del profilo democratico del Paese lo hanno avvolto in un lugubre manto di correzione autoritaria e illiberale.

Nel Paese che non si è mai guadagnato la libertà e che, anzi, spontaneamente vi ha rinunciato durante un ventennio per poi affidarsi a un corso civile profondamente infettato dalla peste comunista, non sorprende questa involuzione: né stupisce che vi si assista con questa sostanziale noncuranza. L'errore però è credere che questo disinteresse diffuso dimostri che non sta succedendo niente di grave, perché è esattamente il contrario: non è far spallucce davanti a un'inezia, è assuefazione al disastro. D'altra parte il Parlamento esautorato ci leva il piatto di minestra? No, e allora chissenefrega. Con una legge buona anziché con un decreto incostituzionale mica ci facciamo colazione, e dunque che cosa cambia? E se i Servizi segreti sono rimessi al capriccio del premier e dell'ingegnere Rocco Casalino, che sarà mai: godiamoci l'abolizione della povertà, i ristori e i vaccini simbolici. Quanto alla democrazia, funzionano meglio Rousseau e le conferenze stampa del super commissario.

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