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Filippo Facci, l'unico vantaggio del Covid è che ha fatto sparire l'influenza: come si spiegano i rari contagi

Filippo Facci
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C'è una notizia tutta da interpretare, e sarebbe che l'influenza stagionale «comune» sembrerebbe scomparsa dal nostro paese: a dirlo è l'Istituto Superiore di Sanità (Iss) secondo il quale praticamente nessun virus che non sia il Covid-19 è stato segnalato nel nostro Paese. I numeri sono trascurabili: nell'ultima settimana si registrano circa 92mila simil-influenze che risultano cioè «stabilmente sotto la soglia basale, con un valore di 1,5 casi per mille assistiti» (totale 1.265.000 casi). Mentre gli anni scorsi com'era? Nella settimane che corrispondevano a questa, eravamo a 3,9 casi per mille assistiti. Per capirci: a oggi, Trentino alto Adige, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria non hanno neppure ancora attivato la consueta sorveglianza influenzale, e chi l'invece l'ha attivata ha registrato incidenze al massimo di 3,03 casi su mille (nella fascia da 0 a 4 anni) e per tutte le altre fasce niente che si discosti dall'uno-virgola.

 

 

In pratica niente. Dei 90 campioni clinici analizzati nell'ultima settimana, i positivi all'influenza sono stati questi: zero. Non siamo gli unici a fare questo tipo di monitoraggio, e anche in Europa e Stati Uniti i virus influenzali sono praticamente spariti rispetto alla media. Ora cominciamo a far piazza pulita delle considerazioni più banali ed ovvie. Una è che la moneta cattiva scaccia quella meno cattiva, ergo: chi ha avuto una «semplice» influenza (anche se le influenze in teoria possono ammazzare) un anno fa si sarebbe lamentato e imbottito di farmaci rompendo le scatole a medici e farmacisti: oggi, invece, chi ha un influenza o simil-influenza o cosiddetti sintomi da raffreddamento (espressione peraltro scorretta) tira un sospiro di sollievo, e magari neppure lo racconta, temendo il panico ingenerato anche da un banale colpo di tosse. L'influenza comune è una preoccupazione da benessere, anche perché il benessere genera piccole ipocondrie che si dissolvono quando ci sono problemi di salute più seri: durante la Guerra e nell'immediato Dopo guerra erano in pochi a rivolgersi a un medico per una febbriciattola, una caduta di tono, una modesta depressione o altre sindromi.

LE PREVENZIONI
Altra considerazione ovvia ma meno banale: le prevenzioni anticontagio per il Covid-19 (mascherina, distanze, no assembramenti, no promiscuità) hanno teso a isolare ogni altro virus che si diffonda nello stesso modo, tipicamente l'influenza stagionale. Esempio limite: quello della Sicilia. L'isola è diventata influenza-free: da novembre a oggi non si è registrato nemmeno un caso di contagio, e parliamo di roba che ogni anno mandava in rianimazione decine di anziani, ma che ha protetto anche i bambini: spariti anche i virus gastrointestinali e respiratori che mandavano in tilt gli ospedali pediatrici. Ovvio che c'entrino anche i lockdown e i vaccini anti-influenzali (negli ospedali si è vaccinato contro l'influenza il 65 per cento del personale contro il 10-20 per cento degli anni passati) ma le considerazioni fatte per esempio dal professor Francesco Vitale, direttore del laboratorio di Epidemiologia clinica, suonano anche un po' serenità-free: «Anche nel dopo-Covid bisogna continuare a curare l'igiene delle mani, tossire nella piega del gomito o indossare la mascherina nei luoghi affollati».

Una prospettiva da futuro distopico, a cui aggiungere che se ci chiudessimo tutti singolarmente in una camera iperbarica - come faceva ogni giorno il maniacale Michael Jackson, il cantante - forse ci ammaleremmo ancora meno. Però resta vero che «nel nostro laboratorio», dice Vitale, «arrivano tamponi da tutta la Sicilia e su 3mila provette analizzate non c'è stato alcun caso dall'inizio della stagione influenzale». Forse anche il colera farebbe calare i casi di influenza comune, ma nel complesso resta una buona notizia. La rivista scientifica Nature ha quantificato anche su scala globale come la pandemia abbia cancellato influenze e molte altre malattie respiratorie, e questo, come detto, principalmente per le risposte preventive date al Covid-19, compresa l'igiene personale migliorata e la riduzione dei viaggi. Nature è dettagliato, e spiega che l'enorme e aumentata diffusione viceversa di virus minori come il raffreddore suggeriscono che potrebbero risultare una protezione contro Covid.

Una cosa che si sa poco, infatti, è che raffreddori e influenze persistono sin dall'alba dell'uomo ma conservano ancora molti misteri: non è ancora detto che non rappresentino un'autodifesa del sistema immunitario anziché un segno del suo indebolimento. Invece di notare un po' genericamente che «il caldo faccia calare i virus» (una frase che scientificamente non ha senso) si potrebbe cioè notare che d'estate calano i raffreddori e anche i Covid-19, e non per questioni di temperatura: uno dei luoghi al mondo in cui non si prendono mai malattie da raffreddamento, paradossalmente, è l'Antartide o l'Artide: fa un freddo boia, ma non c'è nessuno che possa contagiarti. È la ragione per cui le raccomandazioni di nonne e mamme (copriti che sennò ti ammali) non hanno senso se non per il mal di gola. In sostanza anche l'articolo di Nature, che è molto lungo, lascia intendere un futuro poco invitante che indica il modo migliore di prevenire tutte le pandemie, non solo il Covid-19: non viaggiare o farlo il meno possibile.

IL RAFFREDDORE
Va detto che esistono centinaia di virus che provocano sintomi respiratori simili a quelli di un comune raffreddore: e la maggior parte è calata in tutto il mondo. È successo anche per il cosiddetto virus sinciziale (Rsv) che in tutto il mondo causa il 5 per cento delle morti nei bambini sotto i cinque anni. In Australia, per dire, è calato del 98 per cento, anche se le scuole erano aperte. C'è un solo raffreddore che non si è fermato: quello comune, il «rinovirus», di cui esistono più di un centinaio di ceppi. Vari studi indicano che potrebbero fornire una parziale protezione incrociata contro il Covid-19: se fosse vero, si potrebbero studiare vaccini «universali» contro tutti i coronavirus, ma ci sono anche studi di segno contrario. Gli studiosi si sono piuttosto appassionati all'argomento, e nel complesso viene ritenuto «uno scenario molto probabile» che i comuni raffreddori aiutino contenere la diffusione del Covid-19. Ma è anche vero che i virologi sinora ne hanno sparate tante. La conclusione è agrodolce. Ammalarsi poco, forse, aiuta a non ammalarsi molto. In secondo luogo, smettere di vivere - isolarsi, non viaggiare, non frequentare - aiuta a non morire.

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