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Giuseppe Conte ci imprigiona anche senza maggioranza: tanti saluti alla democrazia

Giovanni Sallusti
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Per focalizzare l'anomalia italiana, bisogna fare un passo di lato. Estraniarsi dagli editoriali dei giornaloni e dalle veline di Palazzo Chigi (sempre più indistinguibili tra loro) e tornare alla descrizione fattuale della nuda realtà. Se oggi un cronista di una democrazia occidentale fosse catapultato di colpo nell'Italietta giallorossa, nel caso si riprendesse dallo choc, scatterebbe la seguente istantanea. Un governo esautorato, privo di qualsiasi legittimità sostanziale di fronte al popolo sovrano, che persevera a sequestrare il medesimo popolo in uno stato d'eccezione permanente, congelandone le libertà fondamentali (quelle garantite dalla Costituzione che per i compagni, dopo il matrimonio con la Casaleggio&Associati, non è la più bella del mondo). Se non è il Venezuela, poco ci manca.

 

Da quando Renzi ha compiuto quello strappo che i retroscenisti col sopracciò ci avevano ammonito non avrebbe mai compiuto, l'esecutivo demogrillino non soffre più solo di uno scollamento materiale con la maggioranza silenziosa del Paese, ma anche di un vulnus formale immane. Il governo Conte-Travaglio-Casalino (tutti gli altri sono comparse, e non a caso molti sostengono sott' acqua l'offensiva del Rottamatore) ad oggi non dispone più di una maggioranza parlamentare. Non solo non è stato votato da nessuno, non solo contraddice quello che è l'umore dominante in Italia secondo tutte le rilevazioni, ma addirittura non ha più la premessa istituzionale che ne giustificava l'esistenza.

RAPPRESENTANZA
Non c'è più alcun rapporto, nemmeno cavilloso, tra questo governo e quel dettaglio che nelle democrazie si chiama principio di rappresentanza. La maggioranza dei rappresentanti del popolo, ad oggi, non sostiene Giuseppi in entrambi i rami del Parlamento. E costui, fino a due anni e mezzo fa oscuro avvocato di Volturara Appula, non ritiene di consegnare al Quirinale le sue dimissioni, né di riferire immediatamente in aula. Per ora, si barcamena in una fumosa via di mezzo: sale da Mattarella e lo rassicura sulla "volontà di promuovere in Parlamento l'indispensabile chiarimento politico", senza specificare quando. Ma a trascinare l'Italia sotto il livello dell'ultima Repubblica delle banane sudamericana c'è un dettaglio che è passato come fisiologia amministrativa, quando è pura patologia dello Stato di diritto. Il governo privo di sostegno parlamentare, infatti, è lo stesso che ha prolungato lo stato d'emergenza, ovvero la deroga dalla normalità costituzionale, fino al 30 aprile. Non esistono più politicamente, ma continuano a sequestrare la democrazia.

 

DIRITTI
È qualcosa che nessun barbaro "sovranista" aveva mai osato immaginare. E persistono: hanno appena approvato un Decreto legge e lo hanno integrato nella notte con l'ennesimo Dpcm (atto d'imperio di quello che è a tutti gli effetti un premier-fantasma). Il combinato dei due prevede le solite simpatiche torsioni delle libertà individuali, come il coprifuoco, il divieto di spostamento tra Regioni, addirittura il divieto di effettuare vendite da asporto per bar e ristoranti (quelli non ancora falliti) dopo le 18. Con la lievissima postilla che questa volta, ad amputare il nostro diritto alla circolazione, all'impresa, al lavoro, è un non-esecutivo che ad oggi non dispone più del rapporto di fiducia col legislativo. Diciamo che il nostro cronista immaginario, catapultato dal Primo Mondo alla nazione in cui il ruolo di Richelieu lo svolge Rocco Casalino, si aspetterebbe quantomeno che proclamazione dello stato d'emergenza e Dpcm liberticidi siano rinviati, in attesa che si verifichi se in Senato esista un gruppo in grado di sostituire Italia Viva, e rigarantire a Conte una maggioranza, per quanto spudoratamente rabberciata. In caso contrario, gli risulterebbe assai difficile parlare di democrazia. 

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