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Giuseppe Conte e i giallorossi? Per sopravvivere rilanciano Liliana Segre: una grande donna, non se lo meritava

Renato Farina
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Il Corriere della Sera, nel suo bollettino delle ore 12, spedito agli abbonati, informava ieri sul lavoro dei sensali impegnati a procurare i voti necessari alla sopravvivenza di Giuseppe Conte. Ed eccoci al capitolo senatori a vita. Pesano eccome quelli che Francesco Cossiga con fantastica autoironia chiamò «i voti col pannolone»: sempre lì stanno appesi i governi di sinistra nell'ora fatale. Nessuna intenzione di svilire il «sì» alla fiducia sulla base del pregiudizio razziale di una data di nascita. Impressiona però il resoconto del Corriere: «Sono in corso trattative per convincerli a tornare a Palazzo Madama e votare». Trattative con la coscienza? Escludiamo mercimoni, ovvio. Quale sarà allora l'offerta che non si può rifiutare per convincerli a viaggiare per Roma? C'è aria di ricatto morale, e di una tacita accusa di viltà qualora accampassero la medesima ragione per cui hanno dovuto dire di no alle visite dei nipoti. Tranne Elena Cattaneo e Mario Monti, che si sa voteranno «sì» , gli altri - Giorgio Napolitano, Liliana Segre, Carlo Rubbia, Renzo Piano - sono sopra gli ottanta.

 

 

Immaginiamo il discorso dei questuanti. Al diavolo il rischio Covid, che sarà mai, di fronte alla prospettiva di salvare Giuseppe? Il ministro della Salute Roberto Speranza ha assegnato quelli della loro età ad una stanza chiusa con il silicone, essendo soggetti a rischio. Ma si può anzi si deve fare uno strappo - da lì la trattativa (a base di amuchina?) - per vederli a Palazzo Madama per pronunciare la paroletta magica che magari può compromettere la loro salute ma preserva quella di Conte.

SOGGETTO A RISCHIA
E siamo al caso di Liliana Segre, 90 anni, usata come insegnano i canoni del socialismo reale, vedi i manifesti sovietici delle eroine disposte a morire per Stalin. Non lo meritava. La senatrice è una grande donna. Qualunque cosa faccia avrà da noi solo reverenza. Ma ecco come la gazzetta ufficiale di Conte - ci siamo capiti: è il Fatto Quotidiano - ha enfatizzato la sua scelta che è diventata il titolo di prima pagina: «Segre: "Sono indignata, vado a Roma per la fiducia a Conte"». Spiega: «Non partecipo ai lavori del Senato da molti mesi perché, alla mia età, sono un soggetto a rischio e i medici mi avevano caldamente consigliato di evitare. Contavo di riprendere le mie trasferte a Roma (da Milano) solo una volta vaccinata, ma di fronte a questa situazione ho sentito un richiamo fortissimo, un misto di senso del dovere e di indignazione civile».

MESSAGGIO SUBLIMINALE
Soprattutto è indignata con chi vuole fare cadere Conte per difendere «quello che Guicciardini chiamava il particulare». Domanda: è proprio sicura che non sia invece Conte a tenersi stretto con le unghie e con i denti il suo particulare destino di potere? Inquieta me, non so voi, che Conte non si sia alzato per implorarla di non rischiare la vita per la sua cadrega, non serve, se cado ne trovano un altro; al massimo si va a votare, e lei voterà attraversando la strada. Invece niente. Neppure Nicola Zingaretti ha eccepito dicendo: non si esponga, almeno la si scafandri. Zero. Si accettano sacrifici umani per stare al potere, ovviamente per il bene comune. Un altro titolo del Fatto virgoletta parole che la Segre si guarda bene dal pronunciare nel testo firmato da Gad Lerner: «Italia in pericolo». C'è un messaggio chiaro. Una volta lo si sarebbe detto subliminale, oggi si chiama ipertesto. Traduco. Il pericolo non è il Covid ma il fascismo razzista in agguato se cade il governo. Segre infatti vuol dire Shoa. È la testimone più autorevole - lo diciamo ai due italiani su cento che lo ignorassero - dell'orrore di Auschwitz, dove fu rinchiusa nel 1944. È stata fatta senatrice per il suo impegno di una vita a tenere accesa la memoria del genocidio. E - va detto - il tutto senza mai prestarsi a strumentalizzazioni di partito. Finché il 22 gennaio del 2020 sospese «gli incontri con le scuole e gli studenti per limiti di età». Il nipote spiegò: «Dopo 30 anni di continui appuntamenti è provata». Conte salvala, è più importante di te, tanto ti salvi lo stesso.

COME ROSY BINDI
C'è il caso di un'altra signora oggetto di trattativa. È la senatrice Paola Binetti, Udc. Partita con l'Ulivo se ne andò dal Partito democratico in polemica con le posizioni pro-aborto e matrimoni omosessuali. Docente universitaria di psichiatria, non ha mai ceduto su nulla, divenendo un bersaglio costante della sinistra e dei grillini sui temi etici. L'ultima dichiarazione della Binetti si riferisce alla decisione del ministro dell'Interno Lamorgese di tornare a far scrivere genitore 1 e genitore 2 sulle carte di identità dei minori di 14 anni. «È l'ennesimo attacco alla famiglia e alle figure di padre e madre che questo governo non ha mai tutelato». Politicamente scorrettissima. È bastato però girasse voce di una sua propensione a votare la fiducia a Conte per essere trattata come una diva, un trattamento verso una cattolica che nel giro giallorosso a suo tempo toccò solo a Rosy Bindi. Alla Binetti è toccata una settimana di vezzeggiamenti, lusinghe, ammiccamenti. Persino protagonista ieri del programma più popolare e gustoso di Radio Rai, Un giorno da pecora. Ha detto di no, «voto la sfiducia». Ma per evitare di essere messa allo spiedo ha soggiunto: «Domani voto no, dopodomani vedremo». Secondo me la impiccano al suo cilicio.

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