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Pietro Senaldi: Giuseppe Conte e lo Zelig della politica. I guai non sono finiti, soprattutto per noi

Pietro Senaldi
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Il premier Conte è lo Zelig della politica, un ex sconosciuto capace di ottenere in due anni e mezzo la fiducia da tre maggioranze diverse, di destra, popolare e sovranista, di sinistra, pauperista e salottiera, e di una melassa senza colore, europeista e qualunquista. Detta così, sembrerebbe un fenomeno, la realtà è che resta in sella solo perché il Parlamento è talmente debole che troverà sempre i numeri per sopravvivere. A Napoli si direbbe di lui che «è uno che sa benissimo in che buco si ficcano le zoccole». Analizzare chi, tra i teatranti di questa crisi del cavolo che formalmente non si è neppure aperta, ha vinto e chi ha perso è secondario. Il grande sconfitto non è Renzi, che non ha ottenuto il suo scopo, qualunque esso fosse, e neppure il Pd, che ha perso un'altra occasione per dimostrarsi forza di governo e non di poltrone, o i grillini, nati incendiari anti-casta e diventati pompieri democristiani prima addirittura di arrivare alla pubertà. Sconfitto non è neppure l'avvocato Giuseppe, anche se da ieri il suo governo è un bisConte dimezzato, senza più pieni poteri né piena maggioranza. Il grande sconfitto è il popolo italiano, sempre più, nel settimo centenario della morte del suo inventore Dante, «nave senza nocchiero in gran tempesta». Il governo era già paralizzato quando godeva di una maggioranza assoluta. Figurarsi cosa può fare ora che si regge su una melassa chiamata Gruppo Misto e deve ringraziare pure i senatori a vita, il cui appoggio rilevante porta sempre con sé il suono delle campane a morto. Per il premier le fatiche non sono finite ieri notte. Dovrà dedicarsi alla ricerca di ulteriori stampelle che gli consentano di zoppicare meglio, tra un semestre bianco e uno stato d'emergenza pandemico, fino all'elezione del presidente della Repubblica, tra un anno, per poi tirare avanti fino a fine legislatura.

Tirare avanti

Cosa succederà nel frattempo? Lo scopriremo solo vivendo, è il detto. Il dramma però è che lo scopriremo solo crepando, viste le performance del premier sul fronte sanitario e su quello economico. Per non parlare del fronte vaccini. Pfizer ce ne dà meno di quelli che ci ha promesso, i contratti firmati dal governo non ci consentono di alzare la voce e si avanza il sospetto che siano stati fatti a capocchia. L'Europa li ha segretati, ma se la profilassi subirà ulteriori rallentamenti, Conte e Arcuri non potranno continuare a cavarsela ignorando le domande o rispondendo con un sorriso. Questa è la buccia di banana su cui il foggiano e la sua banda possono cadere. «Aiutatemi» è stato il grido che il presidente del Consiglio ha lanciato al Parlamento, appellandosi a «popolari, socialisti e liberali», un concentrato dei valori della Prima Repubblica che avrebbe dovuto far venire il voltastomaco ai grillini, i quali invece gli hanno dato la fiducia ancora una volta. Al prossimo giro, probabilmente i pentastellati gli consegneranno direttamente tutto il partito, magari insieme a Liberi e Uguali, che si disperderanno tra la nuova creatura contiana e il Pd, che ancora una volta si è dimostrato un partito senza anima e senza leader. Il vero errore di Renzi è stato in fondo pensare che i dem facessero seguire alle critiche verso Conte i fatti, condividendo con Italia Viva l'analisi che non ammazzare il foggiano oggi significa regalargli milioni di voti domani.

Civil servant?

Ma il Pd è immobilizzato, terrorizzato dal perdere le elezioni e dal giudizio dell'Europa, che rischia di essere l'altro problema che l'esecutivo di Conte avrà. Per concederci a debito i miliardi del Recovery Plan infatti la Ue vuole dei progetti concreti e la nostra struttura burocratica e di governo è incapace di redigerli. L'essersi liberati di una voce critica come Renzi non servirà infatti a sveltire i processi decisionali perché il fiorentino è stato sostituito non da un esercito e neppure da un drappello ma da un insieme di singoli mercenari in cerca di prebende e che al premier potranno sempre rinfacciare di averlo aiutato, ricordandogli che deve sdebitarsi. I tanti estimatori che il premier ha tra gli osservatori giurano che, trovata la fiducia, il più è fatto, anche grazie alla terza trasformazione che lo Zelig di Volturara Appula ha inscenato, da re travicello populista a dittatorello sanitario a "civil servant", tecnico prestato alla politica, come gradito al Quirinale. Noi non siamo così ottimisti e attendiamo il giorno in cui Conte, il Pd ed M5S per salvare la poltrona non dovranno più appellarsi al voto del Parlamento e chiedere aiuto ai trasformisti ma a quello degli italiani; i quali è auspicabile abbiano, per una volta, buona memoria.

 

 

 

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