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Joe Biden, un giuramento in tono minore: gli unici a festeggiare sono gli immigrati

Giovanni Longoni
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 Un Paese diviso, una capitale blindata. Il giuramento di Joe Biden è stato il più triste che si potesse immaginare per la più antica democrazia al mondo. C'è stato pure un allarme bomba con gli edifici della Corte Suprema subito evacuati. Non c'era l'atmosfera di un cambio della guardia ma quella di uno scontro fra due visioni inconciliabili. Trump non era nemmeno presente, partito per casa sua, in Florida. Dall'altra, un'esultanza come di chi dopo quattro anni rimette le mani sulle leve del potere che gli spettano, per superiorità morale ed intellettuale. «È un nuovo giorno in America», aveva twittato dal mattino il nuovo presidente.

Parole che rimbalzano in Europa, accolte con giubilo dall'establishment continentale: da Ursula von der Leyen («Questa nuova alba negli Stati Uniti l'abbiamo attesa a lungo», ha detto l'europresidente), a Charles Michel («Invitiamo Joe a Bruxelles per un vertice straordinario», propone il presidente del Consiglio europeo che non sta più nella pelle), giù giù fino a Luigi Di Maio («È un nuovo inizio»). Fuori graduatoria per manifesta superiorità fra questi lecchini di Trump c'è Paolo Gentiloni: «È l'America che amiamo. Che emozione». Dopo aver giurato sulla Bibbia di famiglia, Biden ha tenuto il discorso di prammatica: «È il giorno dell'America, della democrazia», ha esordito, per poi esortare all'unità, alla solidarietà e alla ricostruzione. Niente male, dopo che il suo staff ha annunciato che sono già pronti 17 ordini esecutivi - decreti dall'effetto immediato che aggirano cioè ogni discussione in Congresso - per smantellare gran parte delle decisioni prese dal suo predecessore. Altro che ricostruzione, Joe maneggia la clava.

 

 

Tra gli obiettivi della sua presidenza, l'ex vice di Barack Obama ha detto che ci sarà la lotta al suprematismo bianco e al terrorismo interno, confermando così l'alleanza con il movimento Black Lives Matter. Ovviamente, Biden ha poi assicurato che sarà il presidente anche di chi non lo ha votato, che bisogna abbassare il tono dello scontro politico, e così via; Mattarella sarebbe stato più coinvolgente. «Vi do la mia parola», ha poi detto Joe, «sarò al vostro fianco e difenderò la costituzione, la democrazia e l'America». Probabilmente una classsifica: prima la Carta e la democrazia, poi la Nazione. Che le cose fossero tornate come erano prima di Trump lo si poteva capire dalla lista degli invitati e dal ritorno in forze dello star system a una inaugurazione presidenziale. star e disperati A partire da Lady Gaga che, spilla con la colomba della pace al petto, ha intonato l'inno nazionale subito prima del giuramento al Campidoglio, per passare all'esibizione di Jennifer Lopez e del cantante country Garth Brooks.

Tra i musicisti si notavano Bruce Springsteen, John Legend, Katy Perry, Demi Lovato, i Foo Fighters, Justin Timberlake e Bon Jovi. E poi Kerry Washington ed Eva Longoria con la leggenda del basket Kareem Abdul-Jabbar, lo chef Jose Andres e Kim Ng, la prima donna general manager nella storia della Mlb (Major League Baseball). Ma l'ospite inatteso è per ora fermo in Guatemala. Una carovana di migliaia di profughi honduregni - alcune fonti parlano di quasi 10mila persone - stanno marciando verso gli Stati Uniti fidando nell'arrivo alla Casa Bianca di Biden per essere accolti. Non è forse stato Joe il braccio destro di Obama che aveva cercato di naturalizzare 800mila ragazzi arrivati clandestinemente, i dreamers? Non ha detto il nuovo presidente che tra i suoi primi atti ci sarà il blocco al Muro col Messico? Le notizie girano in fretta.

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