Mario Draghi, tutti insieme per il premier? Ma quando mai: l'unità è già andata in frantumi, indiscrezioni dalle Sacre Stanze
Il sottogoverno, la fiducia, i pezzi di maggioranza che se ne vanno, i primi scazzi tra ministri. Parte subito in salita la strada di Mario Draghi. Che, a neanche ventiquattro ore dal giuramento, deve già affrontare una serie di questioni delicate che attraversano il complesso mosaico di forze che sostengono il suo esecutivo. SuperMario aveva raccomandato ai partiti "unità" e "sobrietà". Ma il messaggio, a quanto pare, non è stato sufficientemente recepito. Primo tema: viceministri e sottosegretari. Non un dossier secondario. Perché, attraverso l'attribuzione dei posti nei dicasteri, il presidente del Consiglio deve aiutare i leader di partito, soprattutto il Pd e i Cinquestelle, a sedare le rivolte interne fomentate dai colonnelli esclusi.
Pd, le donne escluse si lamentano? La verità è che nessuna di loro è in grado di fare il ministro
Ieri circolava questo schema. Che va preso con le molle, se Draghi deciderà di applicare lo stesso modus operandi utilizzato per i ministri, il "ghe pensi mi". In sostanza, sarebbero solo 41 le poltrone da distribuire. E saranno spartite - pare di capire - con questa proporzione: dieci al Movimento 5 stelle; otto ai Dem; sette alla Lega; sette a Forza Italia; tre a Italia viva; due ai cespugli di centrodestra; due ai partitini della sinistra; una da spartire tra Misto, Maie e Autonomie. Anche in questo caso, i posti sono molto meno degli aspiranti. E i partiti non avranno carta bianca. La scelta dei nomi avrà la bollinatura finale del capo del governo.
Tutto questo fa aumentare la tensione. E il malessere. Intanto mercoledì ci sarà il primo voto di fiducia al Senato, seguito il giorno successivo dallo scrutinio della Camera. Nel centrodestra è scontato il no di Fratelli d'Italia, confermato anche ieri da Giorgia Meloni. Però iniziano a emergere i primi distinguo leghisti. Ieri Matteo Salvini non ha affatto apprezzato l'uscita di Walter Ricciardi, il superconsulente del ministro Speranza, che ha chiesto un lockdown totale all'esecutivo. Così come i leghisti Garavaglia e Giorgetti hanno storto il naso per la decisione dell'esponente di Leu, che ha nuovamente rinviato l'apertura della stagione sciistica.
IMMIGRAZIONE
E dire che nel pomeriggio il Capitano era stato molto accorto sul tema dell'immigrazione: «Noi ci battiamo contro i clandestini, gli immigrati regolari sono miei fratelli, l'immigrazione controllata e qualificata è un fattore positivo, ma va sconfitta quella clandestina, penso che con Draghi su questo saremo in perfetta sintonia», ha detto il leader della Lega a "Mezz' ora in più" su Rai3. «Io non voglio politiche sovraniste», ha chiarito Salvini, «ma solo applicare quello che fanno altri Paesi. Draghi ha detto che i confini italiani sono confini europei, non era un capriccio di Salvini. Penso che abbia l'autorevolezza per ottenere in Europa quello che Conte non è riuscito a ottenere». Ma le tensioni più forti si percepiscono a sinistra. In casa grillina, per esempio. I senatori pentastellati ieri sono tornati a vedersi. Circa venti, su 92, sembrano orientati a non votare la fiducia.
Una disobbedienza, dice Vito Crimi, che porterà all'espulsione dal Movimento mentre per chi dovesse astenersi deciderà il da farsi. Un'altra polveriera è il Pd. Dove continua la polemica contro Nicola Zingaretti e la scelta dei ministri tutta al maschile. Le donne piddine protestano: «Non ci sono più scuse per le donne dem, che hanno da imparare una dura lezione: nessuno spazio ci sarà dato per gentile concessione», scrive su Facebook Debora Serracchiani. «Per noi è una ferita», aggiunge Cecilia D'Elia, portavoce della conferenza delle donne del Pd. Rosy Bindi chiede un «bilanciamento» con il sottobosco. E infatti Zinga sarà costretto, suo malgrado, a indicare tutte donne nei ruoli di vice ministro e sottosegretario. L'ultimo caso scoppia dentro Leu. L'Assemblea nazionale di Sinistra italiana ha deciso per il no alla fiducia. Quindi Draghi perde un voto alla Camera, quello di Nicola Fratoianni. I senatori di Leu, invece, voteranno sì al governo dell'ex presidente della Bce.