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Giovanni Gozzini, il prof che dà della "scrofa" a Giorgia Meloni? Comunista di ferro, nel 2008 gli insulti a Della Valle

Azzurra Barbuto
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Assurto ai disonori delle cronache per gli insulti rivolti in diretta radio alla leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni, il fiorentino Giovanni Gozzini, 65 anni, docente di storia contemporanea presso l'Università di Siena, che lo ha sospeso in seguito al suo comportamento tutt' altro che accademico, non è nuovo a questo genere di uscite incendiarie e triviali. Già nel 2008 fu obbligato a dimettersi dal ruolo di assessore alla Cultura del Comune di Firenze, dopo un solo anno di attività, per le frasi pronunciate sempre ai microfoni di Controradio. Quella volta nel mirino di Giovanni erano finiti i fratelli Della Valle. «Farebbero bene, di questo progettino, a farne un rotolino e poi a ficcarselo su per la tromba del cosiddetto», aveva tuonato lo storico contro gli imprenditori, allora proprietari della Fiorentina. Da comunista di ferro, iniziato da lattante al culto di falce e martello dal babbo, Mario Gozzini, il quale fu senatore del Pci per tre legislature a partire dal 1976, Giovanni, che avrebbe voluto ricalcare le orme del padre ma ha finito con il ricalcare soltanto la sua stessa ombra, ha coltivato fin da piccino, nel fondo del candido animo, la presunzione granitica che la società è divisa in due categorie.

 

 

Da un lato, ci sono quelli che la pensano come Gozzini, ossia i giusti; dall'altro, quelli che non la pensano come Gozzini e che per ciò stesso non valgono un soldo. risatine inutili Ad un professore, per di più universitario, autore di numerose pubblicazioni, le argomentazioni non dovrebbero mancare. Tuttavia, Giovanni ha difficoltà a racimolarne di buone, o quantomeno passabili, allorché si tratta di confutare il punto di vista altrui. E quindi predilige ricorrere al turpiloquio, all'ingiuria, alla denigrazione e al linciaggio. E sembra che questa attività lo diverta. Contento lui. Il docente, ad esempio, non faceva altro che ridere mentre definiva Meloni «vacca», «scrofa», «rana dalla bocca larga», «pescaiola», che in toscano significa, come è facilmente deducibile, "pescivendola".

Evidentemente, per Giovanni vendere il pesce è qualcosa di degradante, tanto da utilizzare tale sostantivo in funzione infamante. Strani questi comunisti di oggi, con la puzza sotto il naso e l'orologio d'oro al polso! Ad ogni modo, Gozzini e gli altri due partecipanti al dibattito radiofonico avente ad oggetto Meloni, ossia Giorgio Van Straten e Raffaele Palumbo, i tre eroi del tutti contro una, sembravano amici che si incontrano il sabato pomeriggio al bar e, tra un bicchiere e l'altro, mollemente si lasciano andare raccontando barzellette squallide e prodezze, pure sessuali, non prive di evidenti esagerazioni e forzamenti delle tinte, il tutto per dimenticare, almeno per un paio di ore, lo squallore delle proprie mediocri esistenze.

 

 

 

Purtroppo, però, c'era un pubblico ad ascoltare. «Io non posso vedere in parlamento gente simile, cioè di un'ignoranza di tale livello, che non ha mai letto un libro in vita sua. E che questa gente possa rivolgersi da pari a pari a Mario Draghi. Datemi dei termini: rana dalla bocca larga, vacca, scrofa», ha affermato Giovanni riferendosi a Giorgia. E ancora: «Questo concetto riduttivo che la democrazia è dare la libertà di parola a tutti va confutato». E proprio qui affiora uno dei caratteri dominanti di Gozzini, ovvero la tendenza a considerare gli altri dei cretini, tanto più se non di sinistra, e se stesso un dio, o un genio incompreso.

Nella testa del docente, il quale coltiva ambizioni politiche rimaste irrimediabilmente deluse, dentro le istituzioni dovrebbero starci uomini del suo calibro e non donnette come Meloni, alla quale dovrebbe essere negato persino il fondamentale diritto di parola. E perché non spedirla in vacanza in un bel gulag siberiano? sovranità Anzi, facciamo così, dal momento che la democrazia è un regime non perfetto, come ci fa notare il dotto Gozzini, eliminiamo le elezioni. La sovranità venga consegnata nelle mani del professore illuminato, il quale - unico - stabilirà chi possa accedere e chi meno alle aule parlamentari. Le scrofe fuori, i docenti comunisti estremisti dentro. E chissà che bel mondo ne deriverebbe! In conclusione, ci preme sottolineare che a noi la libertà di espressione piace, sebbene essa comporti di tanto in tanto uno spiacevole effetto collaterale: accendere la radio e udire le fregnacce di personaggetti meschini e scoloriti insigniti dell'aureola di illustri e ragguardevoli opinionisti.

 

 

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