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Paolo Becchi, le varianti del coronavirus: sei proposte per difenderci

Paolo Becchi - Giulio Tarro
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Cosa sono le "varianti", di cui tanto si parla? Quando il virus è sottoposto a pressione selettiva da parte degli anticorpi che limitano, ma non eliminano la replicazione virale, sorgono le mutazioni di un virus. Gli anticorpi specifici, che neutralizzano il virus, sono ancora in grado di agire sulla proteina virale "spike", nonostante i cambi di sequenza dell'acido nucleico virale siano presenti nella variante D614G, come nelle altre successive che hanno la finalità di permettere la sopravvivenza delle particelle virali. La mutazione D614G della proteina virale "spike" non sembra causare casi più gravi, anche se studi molteplici indicano che potrebbe essere più contagiosa. Prima di marzo 2020 la maggior parte dei genomi Sars-CoV2 aveva codificato nella sequenza un acido aspartico al residuo 614 della proteina virale "spike".

 

 

Da aprile in poi la maggior parte della sequenza virale contiene una mutazione singola del genoma che pone una glicina al posto dell'acido aspartico. La variante D614G si trasmette dunque più facilmente di quella D614D. I risultati dimostrano che la variante D614G rappresenta una soluzione positiva della trasmissibilità. Questa mutazione genetica è sorta ed è divenuta dominante per la sua migliore adattabilità. L'apparente maggiore contagiosità con la produzione di maggiori particelle virali giustifica la sua maggiore carica nelle vie aeree superiori. Tutto ciò prescinde dalla severità della infezione e pertanto da un farmaco o vaccino che possa proteggere meglio. Nell'agosto del 2020 un'altra variante è iniziata a propagarsi nel Regno Unito; spesso chiamata «variante inglese», ma etichettata come B.1.1.7. Questa variante viene ora isolata in molte nazioni inclusi gli Stati Uniti, la sequenza della variazione della proteina S viene chiamata N501Y e sembra aumentare la trasmissibilità del Covid-19.

Recenti studi hanno dimostrato che i vaccinati con Rna messaggero della Pfizer BioNtech e Moderna sono protetti da anticorpi neutralizzanti la nuova variante. Tuttavia altri studi di laboratorio alla Rockfeller University hanno dimostrato la riduzione dell'efficienza dei vaccini ad Rna messaggero sugli anticorpi che neutralizzano il virus. Queste osservazioni permettono di concludere che esiste la possibilità di una diminuita efficacia degli anticorpi specifici per il virus, e suggeriscono di poter effettuare una modulazione dei vaccini capaci di fare fronte alle varianti con l'elicitazione di nuovi anticorpi neutralizzanti. Una nuova variante adesso circola nella California del Sud Cai20C con sequenza genica chiamata L452Y che sembra agire in maniera molto simile alla variante inglese.

Purtroppo, vi è una nuova variante identificata in Sud Africa, N501Y.V2 (o B.1.351). A livello genetico la variante africana ha maggiori cambiamenti di sequenze sia della D614G che di quella inglese. Questa «variante africana» desta maggiore preoccupazione perché le nuove sequenze genetiche sono più vicine al grimaldello virale che si lega al recettore ACE2 delle cellule umane per penetrarle e quindi infettarle. Dal momento che la variazione di sequenza del virus risulta vicino alla "chiave" di entrata cellulare, l'anticorpo specifico potrebbe mancare di neutralizzare la componente virale che permette la penetrazione cellulare. Infine, un'altra variante con le stesse proprietà di quella Sud Africana è stata identificata in Brasile, di cui adesso cominciamo a conoscere la diffusione. Il problema principale dell'esistenza di queste varianti virali riguarda la risposta vaccinale.

Per esempio al National Institute of Health hanno dimostrato che gli anticorpi indotti dal vaccino a Rna messaggero della Moderna sono un sesto attivi contro la variante Sud Africana. In compenso i vaccini a Rna messaggero sono in grado di indurre sia cellule T citotossiche sia specifiche cellule T helper che sono implicate nella protezione contro il virus. In ogni caso pur riconoscendo la sensibilità inferiore della variante Sud Africana e di quella Brasiliana nei riguardi della sensibilità agli anticorpi neutralizzanti, rimangono validi i vaccini a Rna messaggero. D'altra parte, la stessa osservazione è stata fatta con vaccini inattivati sviluppati in Cina ed in India.

Non ci sono invece abbastanza dati sufficienti per conoscere l'efficacia dei vaccini con vettore adenovirale umano o da scimmia (AstraZeneca, Johnson e Johnson/Janssen e quello russo Sputnik V) oppure per le proteine ricombinanti della Novavax (Usa) e della Sanofi (Gsk). Le varianti diventano anche meno suscettibili agli anticorpi monoclonali neutralizzanti, prodotti in laboratorio ed usati farmacologicamente. Le stesse alterazioni che cambiano la forma della proteina S (spike) e sono capaci di distorcere il sito cui si legano gli anticorpi neutralizzanti hanno dimostrato di rendere inefficaci gli anticorpi monoclonali per la variante inglese ed in particolare per quella Sud Africana. Pertanto i nuovi anticorpi monoclonali autorizzati dalla Food and Drug Administration americana debbono essere in grado di neutralizzare anche queste varianti virali. Sin qui la scienza. Che fare ? La paura delle varianti dopo la paura del virus non è la soluzione. Il nuovo lockdown è una risposta irrazionale dettata dal panico ed è una risposta sbagliata. Qui qualche consiglio.

 

 

 

Occorre isolare i coronavirus dei soggetti vaccinati che sono di nuovo ricoverati in ospedale con Covid-19, perché sarebbe il primo segno che le varianti virali diventano resistenti all'immunità indotta dal vaccino. 2. Occorre mantenere attiva la sorveglianza e l'identificazione di eventuali nuove varianti, come fatto nel Regno Unito, al contrario degli americani e del resto del mondo. La cooperazione internazionale è essenziale. 3. Occorre creare un deposito centrale dei sieri dei soggetti vaccinati per misurare la capacità neutralizzante dei vaccini in circolazione e di quelli nella fase tre delle prove cliniche.

Questo centro potrebbe includere sieri che rappresentano sia i campioni dei soggetti già vaccinati con i vaccini approvati che quelli dell'ultima fase delle prove cliniche. 4. È importante limitare la propagazione globale delle varianti, in particolare la Sud Africana e la Brasiliana, dal momento che queste varianti indurrebbero una nuova reintroduzione del virus che porterebbe ad un ulteriore spargimento dell'infezione. 5. I vaccini sia a Rna messaggero sia con vettore adenovirale, debbono essere prodotti in base ai cambiamenti di sequenza delle varianti virali. Infatti questo può essere ottenuto con l'osservazione iniziale della nuova variante virale e quindi nella produzione del vaccino ad hoc. 6.

Le varianti non sono diffuse per aerosol, come per esempio il morbillo, e non hanno una distribuzione sulle lunghe distanze. Pertanto la distanza fisica o l'uso di mascherine possono prevenire il loro spargimento. In conclusione, le nuove varianti virali non devono essere utilizzate per alimentare il panico, rappresentano una evoluzione naturale del virus per la sua sopravvivenza e non costituiscono un serio pericolo per la salute umana, anche perché è possibile modulare i diversi vaccini nei riguardi delle particelle virali modificate. Non ha senso pensare di eliminare le varianti con un lockdown generalizzato e col coprifuoco, come non aveva senso per combattere il virus chiudere tutti in casa, tanto più che oggi abbiamo oltre ai vaccini terapie efficaci.

 

 

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