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Nicola Molteni avvisa Luciana Lamorgese: "Gli immigrati non ci servono, fermarli un dovere dell'Italia"

Lorenzo Mottola
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Onorevole Molteni, da ieri lei è un po' l'osservato speciale al Viminale. Con la sua nomina a sottosegretario tutti si attendono grane: il Pd aveva anche posto un veto sulla presenza di un leghista agli Interni.

«Porre veti è sinonimo di estrema debolezza. Qualcuno lo aveva fatto anche per la formazione del governo ed è andata male. Il Paese non chiede veti ma lavoro e sicurezza sanitaria e economica. La Lega non mette veti ma porta idee e soluzioni ai problemi del Paese».

Sbarchi aumentati del 77% rispetto al 2020. Come si può invertire la tendenza? Le Ong stanno tornando in mare, lascerete fare?

«Serve un cambio di rotta. La situazione ha proiezioni preoccupanti. In due mesi 4.500 sbarchi sono troppi. Nel 2016 sono arrivati in Italia 180mila migranti, nel 2019 con Salvini ministro 11mila. Francia e Germania e altri paesi Ue difendono e proteggono i propri confini. Tutelare le frontiere nazionali significa tutelare le frontiere Europee. Non si può più perdere tempo».

I dem hanno precisato che non intendono modificare linea sull'immigrazione, era tra i punti fondamentali per concedere l'appoggio a Draghi.

«Contrastare l'immigrazione illegale e il traffico degli esseri umani è un dovere non negoziabile da parte dei governi. Così come combattere sfruttamento, caporalato e lavoro nero. I paesi seri si scelgono l'immigrazione utile e necessaria. Oggi l'Italia non ha bisogno di nuova immigrazione. L'immigrazione va governata, non subita. Su questo mi attendo confronto».

Pensa davvero che con Draghi i Paesi Ue accetteranno di accogliere quote significative di profughi sbarcati in Italia?

«Il presidente Draghi nel discorso alle Camere ha chiaramente detto che l'Europa non può continuare ad essere spettatrice di un fenomeno globale e complesso come quello migratorio. I rimpatri degli irregolari fatti a livello europeo sono possibili se c'è la volontà politica. Lavoriamo per quello. Il negoziato per "Il Patto per le migrazioni e l'asilo europeo" va migliorato per superare il regolamento di Dublino che oggi penalizza l'Italia e i paesi di primo approdo. Questa è la sfida. Ad oggi ricollocamenti e la distribuzione, volontaria o automatica, dei migranti nella Ue ha avuto scarso successo».

Come sarà possibile convincere i Paesi del blocco di Visegrad, che finora hanno sempre detto no. Giusto prevedere sanzioni per chi non accoglie?

«I no ad una seria politica di solidarietà verso i paesi mediterranei, di condivisone e di distribuzione dei flussi migratori oggi arrivano soprattutto dai Paesi sia del centro che del nord Europa i cui governi sono spesso applauditi dal Pd. Il salto di qualità verrà fatto intervenendo direttamente nei paesi di partenza e transito anche con una sana politica di cooperazione internazionale».

Riguardo a questo si parla spesso di rimpatri e tanti hanno provato a stringere accordi con i Paesi di provenienza ma nessuno finora è riuscito a combinare nulla.

«Il decreto sicurezza 2 fatto dal ministro Salvini prevede incentivi economici, un fondo ad hoc, per i paesi extra Ue che riaccolgono migranti e irregolari. Questo fondo non è stato cancellato, va quindi applicato».

Sui taser è arrivata una prima vittoria, il Viminale ha appena effettuato un ordine per l'acquisto di pistole elettriche. Perché tutti sono sempre stati così sospettosi su questo strumento?

«Il Taser non è uno strumento di offesa ma di difesa. La pistola a impulsi elettrici è utilizzata, con successo, in oltre 100 paesi al mondo, bisogna accelerare e poi estenderla alla polizia penitenziaria e alla polizia locale. La procedura di utilizzo inizia nel 2014, ma è Salvini a firmare il decreto di sperimentazione nel luglio 2018 con la collaborazione del ministero della Sanità. Ci sono stati ritardi spero non ci siano pregiudiziali di natura politica».

 

 

Un anno di pandemia ha certamente impoverito il Paese, il che significa che sulla sicurezza i problemi aumenteranno. Quali saranno le ricette leghiste?

«La crisi sanitaria può diventare crisi economica e sociale. In più nelle crisi economiche la criminalità organizzata trova spazi di intervento. Bisogna continuare a potenziare gli organici delle forze di polizia. C'è un piano ministeriale per chiudere 23 presidi di polizia stradale, ferroviaria e di frontiera. Non è il tempo di chiudere ma di potenziare».

 

 

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