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Paolo Becchi, la verità sulla svolta europeista di Matteo Salvini: "Cambiata la Ue, non il sovranismo"

 Paolo Becchi

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L'entrata nel governo Draghi da parte della Lega è stata interpretata come una "svolta" in senso europeista da parte di Matteo Salvini. Tradimento delle posizioni "sovraniste"? Giravolta? Trasformismo? Europeismo di convenienza? La pandemia sarebbe riuscita dove non era riuscita la politica e cioè a sconfiggere il "sovranismo" una volta per sempre? Domande tutte legittime, ma cavarsela dicendo che la Lega - a differenza di Fratelli d'Italia - sarebbe diventata "eurosolubile" nel giro di una notte è troppo semplice ed in ultima istanza - come cercherò di dimostrare - è sbagliato.

 

Queste riflessioni sono state scritte prima della lunga intervista rilasciata ieri da Salvini al direttore di Libero, ma mi sembrano restino attuali, per questo le presento, sperando possano aprire una discussione. Per rispondere bisogna anzitutto ricordare come le posizioni della Lega sull'euro, sulla moneta unica, siano cambiate già da tempo e nel corso del tempo: è ciò perché l'euro stesso è cambiato, proprio con quelle politiche di Quantitative Easing - per la verità non proprio in linea coi Trattati - inaugurate dalla Bce guidata da Draghi. Il che non significa affatto "condividere l'irreversibilità della scelta dell'euro", come ha di recente ribadito il presidente del Consiglio, per la semplice ragione che stare dentro o fuori dall'eurozona è una decisione politica che dipende esclusivamente dall'interesse della nazione e non da chi volesse in un modo o nell'altro imporre dall'alto qualcosa di irreversibile.

Nella storia tutto è reversibile. E dormire un po' nello stesso letto non significa necessariamente avere gli stessi sogni. Beninteso, oggi nessuno sogna l'uscita dall'euro perché qualcosa sembra essere effettivamente mutato nella gestione di questa moneta, ma nessuno ha la sfera magica per leggere il futuro, neppure il futuro dell'euro. Al momento possiamo solo dire che non sono i "sovranisti" che si sono adattati ai vincoli della moneta unica, ma l'Unione europea che di fatto ha allentato quei vincoli. La Lega ne ha preso politicamente atto.

 

 

DOGMATISMO - Sull'euro ha dimostrato pragmatismo, Draghi invece dogmatismo. E le posizioni dogmatiche sono fideistiche non politiche. Passiamo all'Unione europea. Sull'Unione certamente la Lega ha sempre manifestato una posizione critica, ma non ha mai sostenuto l'ipotesi di una "uscita", la necessità di una strategia di exit. Peraltro anche questa non è una ipotesi demoniaca, è possibile sulla base dei Trattati uscire dalla Ue, come ha mostrato il Regno Unito. Anche qui non c'è niente di irreversibile. Il "divorzio politico" è ammesso. Draghi vuole però una "Europa sempre più integrata"? Ok, spieghi cosa vuol dire? Integrazione in Europa delle nazioni che preservano la loro sovranità ma consentono ad alcune limitazioni o la cancellazione pura e semplice degli Stati nazionali? Dobbiamo condividere questa seconda tesi per essere "europeisti"? Ecco, Salvini non condivide questa tesi. La confusione che spesso si fa è dovuta al non sapere distinguere tra il sovranismo leghista e il nazionalismo tradizionale dell'epoca della "nazionalizzazione delle masse".

Il sovranismo muove, insomma, da due fallimenti: quello del nazionalismo nella prima metà del secolo scorso e quello dell'Unione europea nella seconda metà, un progetto europeo che, per come è stato costruito, più passa il tempo e più rivela la sua inadeguatezza e la sua pochezza - basti pensare, di recente, alle politiche sanitarie ed alla distribuzione dei vaccini -, chi ha "aspettato l'Europa", è rimasto con il cerino in mano, e chi invece ha davvero risolto il problema, lo ha fatto da solo. E così alla fine abbiamo visto un Draghi "sovranista" bloccare le esportazioni di vaccini verso l'Australia. Il sovranismo della Lega è un nuovo "sovranismo delle identità e dei bisogni", nel senso che difende le libertà contro la "dittatura" sanitaria. Il superamento di quella sovranità "assoluta" proprio dello Stato-Leviatano.

 

 

I tatticismi non bastano, la retorica sui migranti e sul "meno tasse" neppure, ci vuole una "visione" di Paese, un progetto per l'Italia in una Europa in trasformazione, se si vuole governare. Il "buon senso" di cui parla sempre Salvini da solo non basta. Come si fa a parlare di "primato della politica" senza cultura politica? Politica industriale, politica economica, politica energetica, politica del diritto, politica ecologica, politica demografica, politica culturale e della ricerca, politica delle libertà contro la tirannia sanitaria. Cosa c'entra tutto questo discorso con la partecipazione al governo Draghi? Si tratta di un governo di transizione e la Lega può fare attraverso questa partecipazione un po' di "anticamera", "ripulendosi" da accuse infamanti. Prima di governare può, per dirla con Carl Schmitt, conquistarsi un "corridoio verso l'anima" del potere.

DUE ANIME Vale a dire dimostrare che razzismo, fascismo, sciovinismo, xenofobia e fanatismo non hanno nulla a che fare con la sua concezione politica. Per quanto quell'immagine non le appartenga, è un fatto che le sia stata ascritta, ebbene grazie a Draghi quella immagine viene meno e cadono anche i distinguo d'alemiani: "La Lega non è fascista, ma Matteo Salvini sì". Come se esistessero due "anime": quella di una Lega in doppiopetto, impersonata da Giorgetti, e quella invece xenofoba del suo leader "truce". Ma non esiste una Lega "in doppiopetto", e neppure una "xenofoba": esiste una Lega che sperimenta un nuovo tipo di "sovranismo", "debole" ed "eurocompatibile". Il grosso limite è che lo fa senza sapere di farlo, perché nella Lega manca quasi del tutto l'elaborazione politica.

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