Uno strano coso

Claudio Borghi attacca: "Coronavirus, a Milano la mortalità è sotto la media"

Lorenzo Mottola

Claudio Borghi contesta le chiusure e litiga con i virologi: per questo nei salotti tv viene trattato come il fratello cattivo di Hannibal Lecter. Anche quando dice cose vere. Facciamo un esempio: l'onorevole due giorni fa ha pubblicato una tabella corredata da questo post: «A Milano ormai da molti giorni mortalità totale sotto la media del quinquennio precedente. Eh sì, si moriva anche nell'epoca pre-Covid, anche per malattie di stagione come le influenze. I picchi Covid ci sono stati a marzo e novembre, adesso non pare». Meno decessi durante la pandemia? Ovviamente ne è nata la solita polemica sul negazionismo, ma il parlamentare, sentito successivamente dall'AdnKronos, non si è tirato indietro: «È così, sono i fatti».

La tabella è quella pubblicata qui a lato e che, come dicevamo, riguarda i defunti registrati dall'anagrafe nella sola città di Milano. Giorno per giorno. E risulta abbastanza intuitiva: la linea degli anni passati (2015-2019) mostra un andamento lineare. Quella del 2020 ha due picchi sanguinosi a marzo e a novembre. Per il resto, siamo più o meno sugli stessi livelli. Per quanto riguarda il 2021, a gennaio siamo arrivati addirittura sotto la media degli ultimi cinque anni. Quindi Borghi sembra avere pienamente ragione, fino ad adesso (non ci sono dati sulle ultime due settimane, nelle quali è partita la terza ondata). Anche se probabilmente questo accade proprio perché indossiamo le mascherine e manteniamo il distanziamento.

 

 

Come spiega Ariela Benigni, segretario scientifico dell'Istituto Mario Negri, «ovviamente bisognerebbe approfondire, ma a una prima occhiata è facile pensare che la causa potrebbero essere le misure di protezione anti-Covid, che hanno fatto sostanzialmente sparire l'influenza, come tutte le altre malattie stagionali. Perfino il raffreddore sembra meno frequente». Gennaio e febbraio, infatti, sono tradizionalmente i mesi di picco per quanto riguarda l'influenza, che ogni anno miete parecchie vittime e che nel 2021 non s' è vista. Per evitare di contrarre il virus cinese, tuttavia, non basta coprirsi naso e bocca: «Abbiamo capito che la mascherina sicuramente è importante ma purtroppo non basta. E le varianti potrebbero anche peggiorare la situazione. Per questo stiamo introducendo misure che limitano ulteriormente la mobilità». E la questione non si risolverà rapidamente: «È necessario abituarsi all'idea che non ci separeremo dalle mascherine ancora per molto tempo».

 

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CALA LA SPERANZA DI VITA
La pandemia, in effetti, ha stravolto tanti dei macro-numeri cui ci siamo abituati. Uno dei vanti italiani è da tanti anni quello di essere uno dei Paesi con l'aspettativa di vita più alta al mondo. Ora rischiamo di scivolare in classifica. Siamo tornati indietro di 10 anni, esattamente al 2010 perché l'evoluzione positiva è stata duramente frenata nel periodo tra il 2010 e il 2019. Il Coronavirus ha colpito soprattutto nel Nord Italia, annullando ogni progresso fatto, e in parte anche al Sud. Secondo il rapporto Bes dell'Istat, nel settentrione la speranza di vita era 82,1 anni nel 2010, era arrivata a 83,6 nel 2019 e ora torna a 82 anni nel 2020. Al Centro Italia la speranza di vita era in media 81,9 anni nel 2010, era arrivata a 83,1 anni nel 2020 e anche qui si torna indietro nel tempo. Infine nel Mezzogiorno si ritorna a 81,1 anni, quando eravamo arrivati a toccare gli 82,2, con perdite meno consistenti nell'ultimo anno (rispettivamente -0,5 e -0,3 anni). Da notare: nel complesso non siamo messi così male: in cima alla classifica c'è il Giappone, con 83,7 anni. Non lontano.