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Vittorio Feltri, la P2? Uno scandalo pilotato: quando i comunisti si inventarono i reati della loggia

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Quaranta anni orsono scoppiò uno scandalo mai visto prima né dopo: quello della P2, cioè Propaganda 2, che era una loggia massonica segreta, ma non tanto. Successe il finimondo perché gli affiliati erano accusati di qualsiasi reato, tranne che della crocifissione di Gesù. Tutto quello che era accaduto negli anni Settanta nel nostro travagliato Paese venne attribuito ai piduisti, persone importanti che nel giro di pochi giorni passarono per incalliti criminali. Corriere (Lapresse) Licio Gelli, conosciuto come «Maestro venerabile» della Loggia P2; a sin. Fanco Di Bella che perse la poltrona di direttore del Vi risparmio quasi tutti i nomi dei presunti delinquenti, eccetto uno che ovviamente non c'entrava un fico secco: Giulio Andreotti. Il quale, pur essendo pulito come un lenzuolo fresco di lavanderia, era considerato Belzebù, tanto per dire quante fesserie all'epoca fossero prese come verità accertate. Secondo gli investigatori dei miei stivali, la P2 era una banda che finanziava addirittura il terrorismo in chiave anticomunista. 

 

Una balla gigantesca cui se ne aggiunse un'altra: la loggia, guidata da Licio Gelli, un imprenditore aretino, avrebbe invaso anche il mondo dell'informazione finanziando il Corriere della Sera e vari altri giornali per influenzare la opinione pubblica, ormai orientata a sinistra. In effetti Angelo Rizzoli, il quale aveva in giovane età ricevuto tramite eredità l'azienda fondata dal mitico nonno, obtorto collo si rivolse al Banco Ambrosiano per ottenere finanziamenti, dato che il padre aveva acquistato il primo quotidiano italiano a un prezzo superiore assai al suo valore reale: 200 miliardi anziché 60. Tragico errore che costrinse il ragazzo Angelo a chiedere aiuto. Lo ottenne dopo che gli era stata offerta la iscrizioni alla P2 in favore della quale poi non mosse un dito. Gli aderenti alla filiale massonica erano oltre 2000 e tra loro spesso non si conoscevano neppure. Ma si rafforzò il concetto errato che si trattasse di una associazione per delinquere, quando in realtà non emerse a suo carico alcun reato se non inventato e mai punito, tanto è vero che la commissione parlamentare di inchiesta assolse l'intero gruppo. Nonostante ciò nel 1981 decine di soggetti vennero ingiustamente sputtanati e obbligati a dimettersi da posti di alto livello. 

LA FINALITÀ
La prima vittima fu Franco Di Bella, eccellente direttore del Corrierone, il cui nome figurava tra i reietti assoldati da Gelli. Dovette sloggiare pur essendo immacolato come un canarino in gabbia. La sua colpa era quella di aver portato il foglio della borghesia a livelli di vendita pazzeschi. Liquidato con ignominia e sostituito da Alberto Cavallari, che fece le scarpe a Ronchey sul filo di lana quantunque non fosse capace di dirigere l'orchestra giornalista. E da questo dettaglio si capì quale fosse la finalità della cosiddetta inchiesta P2: eliminare chiunque fosse anticomunista e impedisse alle legioni di Berlinguer di dominare la scena. 

 

Infatti la candidatura di Alberto al trono di via Solferino fu fortemente sostenuta da uomini influenti del PCI, cosicché egli fu incoronato. Cavallari non ebbe poche difficoltà, poiché il Corriere uscì dallo scandalo artefatto con le ossa rotte. E la Repubblica ne fu avvantaggiata imponendosi sul mercato come concorrente pericoloso del foglio tradizionale di Milano. Con Di Bella ci lasciarono le penne molti altri, tra cui alcuni cronisti: per esempio Ciuni e Donelli, i quali erano stati cooptati nella P2 senza un autentico motivo. Pure l'arresto di Angelo Rizzoli, persona specchiata, avvenne di conseguenza pur essendo l'editore totalmente estraneo al bordello piduista. 

L'INVITO
Una pagina triste della storia Repubblicana che dimostra qualcosa di grave: la lotta politica dalle nostre parti si svolge con armi scorrette se non persino delinquenziali, come ben sa Silvio Berlusconi, condannato e perseguitato in quanto personaggio di eccessivo successo. Ora della P2 non si parla più dal momento che non c'è niente da narrare se non che fu una bolla di sapone trasformata dai compagni in una bomba atomica. Arma che ferì tanta gente inconsapevole e uccise tante carriere oneste. 

Fu un autentico disastro che pochi ricordano e molti descrivono pur essendo disinformati. Ripeto, sono trascorsi 40 anni da quei tempi schifosi, ma prima di chiudere questo articolo mi piace raccontarvi che anche io, lavorando al Corriere, venni invitato a entrare nella loggia. Mi fu consegnato da un collega il modulo da compilare. Lo misi nel cassetto della scrivania e lì lo dimenticai, così ebbi modo di schivare di essere preso a calci comunisti. Poi affermano che di Sanculo non bisogna fidarsi.

 

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