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Giulio Tremonti sul caos-vaccini: "Colpa dello Stato, violata la Costituzione. Mario Draghi? Non vedo il cambio di passo"

Pietro Senaldi
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«Dal marzo dello scorso anno, e ininterrottamente, i governi hanno violato la nostra Costituzione, all'articolo 32 e all'articolo 117, secondo comma lettera q. Qui non ci interessa la tipologia degli illeciti, tuttora commessi - omissione di atti d'ufficio, violazione di legge, deviazione dei poteri -; importa che l'inerzia del governo sta facendo salire di giorno in giorno il costo della tragedia umana». A parlare è il professor Giulio Tremonti, dall'alto di un curriculum accademico e istituzionale disarmante se rapportato a quelli di chi ha gestito e gestisce l'emergenza Covid dal suo inizio. Le sue parole sembrano una risposta all'intervento di Draghi, ieri in Parlamento. A confermarlo è, da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale del 24 febbraio scorso, secondo cui «spetta allo Stato e non alle Regioni determinare le misure necessarie al contrasto della pandemia». Questo non è un verdetto a favore dei governanti, impegnati per un anno in un insulso e dannoso braccio di ferro con i governatori, bensì è la certificazione dell'incompetenza e della scarsa responsabilità istituzionale di chi ci dovrebbe guidare. «Il conto delle responsabilità morali e politiche lievita quotidianamente», spiega Tremonti, «e a esso dovranno essere aggiunti i costi sociali ed economici conseguenti alla mala gestione della pandemia». Il vecchio parlamentare nota che è stato fatto quello che non si doveva fare, realizzando il caos, ma non è stato fatto quel che si doveva fare, cioè esercitare i poteri esclusivi del governo e fare una legge quadro che regolamentasse l'emergenza sanitaria. Da questa lacuna, mai colmata, sarebbe derivato tutto il disastro che ha segnato l'ultimo anno.

Professore, perché parla di Costituzione violata?

«Ci sono due articoli violati per omissione. della Costituzione. L'articolo 117, secondo comma lettera q, sul quale si è pronunciata la Corte Costituzionale, e l'articolo 32».

Rapporti tra poteri dello Stato e federalismo e rapporti etico sociali tra istituzioni e persone

«Partiamo dall'articolo 117. Nella notte dell'8 marzo 2020, quella della fuga da Milano, quando tutto comincia, avendo una certa conoscenza del titolo V della Costituzione, avevo notato, credo per primo, che la materia era di competenza esclusiva del governo, trattandosi di profilassi internazionale. Qui non c'entrano nulla federalismo e poteri delle Regioni, sul punto la Costituzione è perfetta: la profilassi internazionale è competenza esclusiva dello Stato, trattandosi di competenza a necessaria estensione, dalla salute ai confini nazionali, dagli edifici agli esercizi pubblici, ai trasporti e così via. La norma può essere addirittura rinforzata prevedendo che lo Stato avochi a sé ulteriori competenze regionali, ma per come è scritta, per gestire la profilassi internazionale in tutti i suoi aspetti».

Il governo Conte a suo dire ha disapplicato la norma. Ma se l'accusa all'ex premier è stata di aver voluto accentrare tutto

«È stato invece l'opposto: lo spappolamento dei poteri statali, l'anarchia federale, presidenti di Regione che parlavano contro il governo e contro i colleghi. Sindaci e Tar, abbiamo visto di tutto».

Perché il governo non ha richiamato tutti all'ordine?

«Per dare un'idea del livello delle nostre classi dirigenti: questa anarchia è stata legittimata dalla "cultura" costituzionale italiana, che si è sviluppata proprio contro il Titolo V, fatto proprio dalla sinistra, ignorando che esso conteneva la norma giusta, l'unica da applicare, l'articolo 117 della Costituzione».

Emerge lo spaccato di una classe dirigente ignara del proprio ruolo e dei mezzi che la Carta le dà e preoccupata solo di apparire in tv per esprimere il proprio punto di vista e imporl con mezzi impropri anziché con quelli costituzionali...

«Il conto dei morti e quello economico e sociale prima o poi porteranno a far emergere ogni tipo responsabilità».

E cosa c'entra l'articolo 32 della Costituzione?

«È quello sulla salute e sulla sua tutela come diritto dell'individuo e interesse della collettività. Autorizza, se necessario, e la pandemia rientra nel caso, l'obbligo di introdurre per legge trattamenti sanitari. In principio potevano riguardare il lockdown e ora sono fondamentali a proposito di profilassi».

 

 

 

Lo Stato può imporre la vaccinazione di massa anti-Covid?

«Dovrebbe; anzi mi chiedo perché una legge di questo tipo, necessaria per Costituzione, non sia stata ancora fatta. Non si tratta solo dell'obbligo di profilassi, manca una legge generale che regoli tutta la gestione della pandemia in atto. Nella sua facoltà, il legislatore può formulare le sue scelte, più o meno dure, ma fare una legge quando c'è un'epidemia è invece un obbligo costituzionale e non averla fatta e non volerla fare è cosa di assoluta e irresponsabile gravità. Invece si è proceduto attraverso i decreti della presidenza, i cosiddetti dpcm, atti strampalati non si capisce scritti da chi».

A Bergamo è stata aperta un'indagine sull'esposto di 500 famiglie che chiedono di chiamare in giudizio Conte e Speranza: lei vede responsabilità penali?

«Ripeto, abbiamo due norme costituzionali: una violata perché disapplicata, l'articolo 117, e una violata perché ignorata, l'articolo 32. Io preferisco parlare di responsabilità politiche, ma è certo che qualche responsabilità penale prima o poi verrà fuori».

Sono accuse pesanti

«Oggettivamente che ci siano stati dei reati è evidente, e non è solo Bergamo, con i suoi morti. Tutto ha inizio con un insopportabile tasso di leggerezza e irresponsabilità. Come dimenticare, a inizio 2020, gli omaggi ai cinesi nella logica della Via della seta? Oppure gli spritz sui Navigli dei leader in trasferta da Roma? E le photo opportunity nella sala di comando della Protezione Civile con il premier in pullover di cachemire, signore in tailleur, ufficiali in mimetica, e poi la progressione nella quale dentro Palazzo Chigi cresceva il numero delle bandiere, europea, italiana e palatina, messe sullo sfondo per ostentazione e si facevano scomparire le pochette per trasmettere un messaggio di dovuta compunta serietà».

La narrazione del governo è stata che nessuno affrontava la pandemia meglio dell'Italia

«Fino alla follia dell'estate, quando si celebrarono vittoria sul virus e il supposto primato dell'Italia sul resto del mondo».

Adesso abbiamo voltato pagina?

«Sono passati mesi, è anche cambiato il governo, ma la situazione mi pare invariata. Forse non è abbastanza del tutto noto che il piano delle vaccinazioni è ancora quello di prima, presentato in dicembre. Solo si susseguono e moltiplicano le sigle (Coi, Igea, Eos). Sbianchettato Arcuri, sono apparse figure non dissimli per folklore. Si costituiscono nuove squadre, il look è diverso, i pettorali non sono borghesi, ma la realtà è più o meno la stessa. A Palazzo Chigi ancora oggi poco pare cambiato».

Ora è in campo l'esercito e la gestione della pandemia ha trovato un manico

«Andiamo alla sostanza. Forse è interessante notare che il numero delle unità militari mobilizzabili al servizio del piano non eccede i 2.000 elementi. Se si considera che si tratta di raggiungere due volte almeno 50 milioni di italiani, ci si rende conto che tutto tende al ridicolo. Si parla di autocolonne dell'esercito da inviare in migliaia di piccoli Comuni con duemila militari».

 

 

 

Non solo esercito, è stata attivata anche la Protezione Civile

«La Protezione Civile, che è forse un po' meno esposta televisivamente, è molto ben organizzata, ma lo è fin dall'origine per interventi specifici, quelli che una volta si chiamavano crateri, il luogo di un disastro, un terremoto Ma quello su cui è necessario un intervento non è uno specifico cratere, è l'Italia. E qui forse servirebbe un altro tipo di gestione e di visioni e, a monte, un altro tipo di politica. Certamente serve un piano nazionale, magari nuovo, quindi una matrice che raccolga e sintetizzi tutte le informazioni necessarie. Ma non basta ancora, perché se hai la matrice e un piano aggiornato, devi scegliere il campo di applicazione e questo non può essere, lo insegna l'esperienza, il campo delle Regioni, alle quali non basta e non serve fare la predica o una severa critica, come pare sia nelle intenzioni del governo».

Professore, anche lei ce l'ha con le Regioni?

«Per capire dove calare un piano pandemico nazionale, sempre che tu ce l'abbia, non devi e non puoi passare dalle Regioni. Basta guardare la carta geografica. Non ci sono solo le grandi aree metropolitane, ma 8.000 Comuni organizzati in oltre cento prefetture. Il vecchio Stato si basava sul quadrilatero governo, prefetture, carabinieri, farmacie. Se il prefetto chiama, tutti accorrono: i sindaci, il volontariato, i sanitari, le organizzazioni economiche. Nelle nostre province, la prefettura è ancora il palazzo del governo, con fuori le bandiere».

Lei darebbe il piano pandemico e di vaccinazione in mano ai prefetti sul territorio?

«Le prefetture sono state negli anni depotenziate, ma sono ancora la prefettura dello Stato, dove i prefetti possono coordinare i piani».

Perché il piano di vaccinazione è in crisi?

«Per una ragione molto semplice: perché non c'è una legge, non definisce le responsabilità e garantisce l'anarchia. Perché per ogni vaccinazione che fa, ogni sanitario deve compilare e firmare undici fogli».

Colpa anche del ministero della Salute?

«Al disastro della pandemia si affianca il disastro delle nostre classi dirigenti, politiche o tecniche che siano. In un mondo normale Conte avrebbe esercitato il potere, delegandolo agli altri, invece abbiamo avuto un caos nel quale il premier faceva la vedette televisiva e Regioni e sindaci prendevano provvedimenti illegittimi. Nella Repubblica di Platone, dove si parla di politica, si fa l'elogio della politica e si dice che è forma superiore della tecnica. Ma devi conoscere la nave, l'equipaggio, le correnti, i fondali, i venti e le stelle. Diversamente hai un sicuro naufragio. In questo momento direi: più Costituzione e meno televisione».

 

 

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