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Scuola, contrasto tra il ministro Bianchi e i presidi: divergenti posizioni sulle promozioni

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La scuola sta diventando il terreno di scontro del nostro paese. Le proteste più clamorose sono quelle dei genitori e degli studenti. E il successo dei politici pare si giochi sul consenso che riescono a ottenere nelle famiglie. Al punto che un governatore come Emiliano ha chiesto di iscriversi alle chat di gruppo dei genitori per capire cosa fare sulle riaperture. Prima di sposare una tesi piuttosto che l'altra, occorre però decidere che educazione dare ai nostri figli. L'ultimo grande tema è infatti quello delle bocciature. Ho dovuto rileggere tre volte il titolo di ieri del Corriere della Sera perché non mi capacito di come il nodo "promossi-bocciati", in epoca di pandemia e triste conta dei morti, possa davvero diventare "un caso". Non fraintendetemi, la scuola è fondamentale.

Ma pare che il mondo intero si stia interrogando e accapigliando sull'opportunità di chiudere l'anno scolastico con una promozione generalizzata oppure no. Il ministro dell'istruzione Bianchi è stato perentorio: dopo aver reintrodotto il giudizio di ammissione alla Maturità abolito l'anno scorso per pandemia, ha già precisato che non ci saranno ordinanze in tal senso e neppure percorsi agevolati e comunque saranno i consigli di classe a decidere le valutazioni. I presidi però sono divisi, chi invita alla cautela e "a tenere conto del disagio di un anno travagliato" e chi invece chiede di dar mano libera ai prof. Mentre tutti indistintamente temono una valanga di ricorsi («mio figlio non si connetteva... era distratto») peraltro già annunciata dal solito granitico codacons, e i rappresentanti degli studenti in coro - li comprendiamo, siamo stati anche noi sui banchi - vogliono incassare la sufficienza e l'anno prossimo si vedrà.

 

 

 

Lo dico con contezza. La dad è stata una prova di coraggio per tutti i nostri ragazzi e loro grandiosi nell'affrontarla e gestirla. Tuttavia predicare una promozione di "massa" come l'anno scorso non ha senso alcuno se non quello di crescere una "massa" di somari e impoverire ulteriormente la già debole istituzione scolastica. Purtroppo la pandemia non è più un'emergenza ma una condizione di vita tremenda cui abbiamo dovuto adattarci. Preghiamo e speriamo che finisca entro la fine dell'anno o appena sarà vaccinata la totalità della popolazione. Ma la realtà è che non abbiamo alcuna base certa per dirlo. Questo significa che la didattica a distanza potrebbe essere il modo di far scuola dei nostri figli per tanto tempo ancora. Forse l'unico.

Dunque che cosa vogliamo fare? Abdicare al ruolo di educatori e di insegnanti, chi apprende bene chi non ci riesce va avanti lo stesso? O dare la sensazione che in quel modo di fare istruzione, per quanto difficile, faticoso e diverso, a tratti maledettamente falsato da un computer che rimanda una voce metallica e non l'emozione e la passione di certe indimenticate lezioni, sia comunque scuola e valga la pena impegnarsi per non finire bocciati e perdere un anno dell'età più preziosa? Dicono i genitori di figli adolescenti: "Fai presto a parlare tu che hai le figlie piccole, ma i ragazzi grandi perdono la concentrazione, fanno fatica, si lasciano andare". Verissimo. Lo vediamo ogni giorno.

 

 

 

 

Ci sono ragazzini che si dondolano dal divano al letto come fantasmi inebetiti. Altri che si presentano a lezione direttamente in pigiama che tanto la prof "non vede, non sente e se mi becca spengo la telecamera". Percepiamo il disagio, la stanchezza, la socialità rubata insieme alle risate, agli amori e ai primi assaggi di libertà. Ma non sarà togliendo agli studenti la possibilità di essere promossi se meritano, e bocciati nel caso non si impegnino, che daremo un senso alle loro giornate o un'àncora di salvezza. Semmai affosseremo quelli che già sono in bilico e indurremo alla mollezza e pigrizia chi ha ancora la voglia di fare. Già l'anno scorso il ministro Azzolina aveva sollecitato corsi di recupero durante l'anno per i ragazzi promossi senza merito. Qualche scuola li ha organizzati, la maggior parte ha dovuto rinunciare alle prese com' era con l'allarme sanitario e l'esigenza di sistemare le aule in modo tale da evitare contagi che comunque si propagavano perché i trasporti erano pieni e nel mondo là fuori la politica non aveva fatto nulla per risolvere i problemi.

Ovvio, esistono le eccezioni. I ragazzi, soprattutto in certe zone d'Italia, che non hanno i pc, i mezzi e la connessione. Fortunatamente una minoranza. Per loro il discorso è diverso. Andranno valutati alla luce delle difficoltà incontrate e la scuola dovrà metterli alla pari coi compagni nel più breve tempo possibile se non vuole perdere la faccia e la credibilità. Ma per tutti gli altri la scuola deve continuare a bocciare e promuovere come ha sempre fatto. E sentirsi nuovamente investita di quell'autorità e quel ruolo di guida morale che troppe volte ha smarrito. Ci lamentiamo tanto che i nostri ragazzi sono immaturi. Che abbiamo due milioni di giovani che non studiano, non lavorano, non si impegnano. La verità è che i primi ad allevare bamboccioni siamo noi adulti. Non abbiamo le palle per fare gli insegnanti e i genitori.

Li proteggiamo, difendiamo e coccoliamo a prescindere dalle situazioni, convinti che sollevarli dalle responsabilità, persino del loro percorso scolastico, sia l'imperativo e la missione di noi grandi. Hanno fatto la dad, poveretti. Siamo d'accordo, ma la dad non è la guerra e loro non sono cretini. Siamo più cretini noi a pensarlo

 

 

 

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