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Vaccino contro il coronavirus, Italia fanalino di coda: l'esercito di incapaci che ci ha portato a questo rimarrà impunito

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Maria Emma Galbassini
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Se in Italia i vaccini sono quasi un'utopia e in molti storcono il naso difronte all'idea di farsi inoculare il siero salvifico, in altre parti del mondo è tutta un'altra cosa. In America il giorno della vaccinazione viene vissuto come un momento di grande festa. A San Diego ad esempio, nella South Bay Vaccination super station, c'è un viavai continuo di gente. Chi è appena stato vaccinato viene intrattenuto nell'area di osservazione da ballerini, attori e cheerleader volontari con pompons scintillanti e la scritta "Woohoo you did it!" mentre gli altoparlanti suonano brani musicali degli anni '80. E non è un caso isolato. Molti centri vaccinali degli States sono diventati negli ultimi 4 mesi veri e propri luoghi di svago. Nel polo di Disneyland ad Anaheim in California si arriva camminando su un red carpet allietati da animatori che indossano i cerchietti con le orecchie di Mikie Mouse in un clima fiabesco. Gli Stati Uniti, insomma, invogliano la gente a vaccinarsi e stanno lavorando per rendere il vaccino anti-Covid disponibile per tutti gli adulti dal 1 maggio. Più si vaccina e più la popolazione abbandona il timore della somministrazione del siero, lo dicono i dati.

 

 

Negli States poi ci si sta preoccupando anche d'immunizzare i senzatetto, per loro la scelta si sta orientando sul vaccino monodose Johnson & Johnson data la difficoltà di raggiungere due volte questo tipo di target. In Inghilterra oltre la metà della popolazione ha ricevuto la prima dose di vaccino e 2,3 milioni hanno ricevuto anche la seconda. Sono state riaperte le strutture sportive all'aperto e si può viaggiare liberamente all'interno del Paese, insomma si è tornati a vivere. In Israele addirittura è stata vaccinata il 60% della popolazione, continuano le riaperture di hotel, palestre, stadi, luoghi di cultura e ristoranti. A maggio si inizierà ad immunizzare anche i bambini. Anche in Cina si procede a ritmo spedito, qui i criteri sono però diversi da quelli europei. La priorità è per gli under 60, cioè la fascia della popolazione in età da lavoro, insomma le categorie produttive vengono prima di quelle fragili, protette dalle misure restrittive.

 

 

Secondo i dati ufficiali allo scorso 24 marzo erano state somministrate 85,86 milioni di dosi. L'obiettivo di Pechino è quello di arrivare a immunizzare il 40% della popolazione entro giugno, parliamo di 560 milioni di persone. In Italia invece da mesi non si fa altro che parlare di piani vaccinali e di arrivo massiccio delle dosi ma in pratica stiamo riuscendo a malapena a vaccinare gli anziani e i fragili. Ciò significa che saremo tra gli ultimi ad uscire dalla pandemia e ovviamente ne pagheremo le spese non solo in termini di vite umane ma anche in tema di ripresa economica, partendo da una situazione già disastrosa. Senza contare la figura planetaria in termini di capacità di gestire le situazioni emergenziali. Ci piacerebbe sapere chi risponderà per le mancanze e i ritardi che ci hanno ridotto in queste condizioni. Ma il sospetto, anzi la certezza, è che ancora una volta ci sarà un'esercito di incapaci che rimarranno impuniti.

 

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