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Gregoretti, ecco perché la sinistra deve chiedere scusa a Matteo Salvini: ma quale reato?

 Matteo Salvini  

Lorenzo Mottola
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«Ritengo che la condotta dell'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini non integri gli estremi del reato di sequestro di persona e per questa ragione si ribadisce la richiesta di non luogo a procedere» (...) l'ex ministro dell'Interno è finito alla sbarra per aver fermato per alcuni giorni lo sbarco di 131 profughi che erano stati trasferiti a bordo di una nave della Guardia di Finanza dopo esser stati soccorsi al largo della Libia. Da qui è partito un esposto per sequestro di persona. Teoria risibile: perfino commentatori come Marco Travaglio - che non è esattamente una guardia padana - l'avevano giudicata inconsistente: come si può parlare di "rapimento" dei passeggeri di una nave che ha piena libertà di movimento in tutto il Mediterraneo? Eppure l'ipotesi piaceva molto in Parlamento. Pd e Cinquestelle hanno votato l'autorizzazione a procedere contro il leader del Carroccio, indicandolo come l'unico responsabile per quanto successo nel luglio del 2019. Ecco, se una verità è emersa dalle udienze preliminari di questo caso è che i giallorossi si sbagliavano: se c'è un reato (e non c'è), l'ha commesso l'intero governo. Forse qualcuno sperava di far fuori un nemico politico per via giudiziaria. Ma ha fallito.

 

IL DISCORSO
Ieri la Procura di Catania per la terza volta ha chiesto di archiviare il caso Salvini. Secondo il Pm Andrea Bonomo, il leghista «non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali», le sue scelte sono state «condivise dall'esecutivo» e la sua posizione «non integra gli estremi del reato di sequestro di persona» perché «il fatto non sussiste». Qualcuno a Roma dovrebbe meditare sulla possibilità di presentare delle scuse. «Signor Presidente, in questa aula mancano un po' di imputati...», ha detto l'avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, riferendosi ai ministri che all'epoca si occuparono della Gregoretti, ma che successivamente hanno cercato di dimostrare di essere dei semplici passanti. 

Su tutti, Danilo Toninelli, che «ha avuto paura», ha affermato la Bongiorno nel suo intervento (durato ben un'ora e mezza). «Della sua testimonianza mi ha colpito l'ansia di dimostrare che la poltrona di ministro dei Trasporti era vacante. Un ministro a sua insaputa». Prima della fine dell'udienza, è toccato agli avvocati di parte civile parla re e chiedere ancora il massimo della pena per l'ex ministro, dipinto come un torturatore di profughi. Con qualche tensione con la Bongiorno. E con un piccolo caso: secondo la difesa una parte della tesi degli accusatori si basava su un clamoroso errore di traduzione dall'inglese: ("until" tra dotto come "immediatamente" invece di "fino a"). LA FINE La sentenza arriverà il prossimo 14 maggio. Il Gup Nunzio Sarpietro leggerà, sempre nell'aula bunker di Bicocca a Catania, la sua decisione. Che a questo punto È la terza volta che la procura di Catania chiede il «non luogo a procedere» nei confronti di Matteo Salvini sul caso Gregoretti. Anche in questo caso i pm siciliani hanno ribadito che in quell'estate 2019 l'allora ministro dell'Interno non si macchiò del reato di sequestro di persona. Un sospiro di sollievo per il leader leghista per il quale, però, i guai giudiziari sul fronte migranti non sono finiti. 

LA NAVE SPAGNOLA
Innanzitutto, il procedimento sul caso Open Arms. Una vicenda, a dire il vero, molto simile a quella della nave della Guardia Costiera Gregoretti. Anche in questo caso i fatti si sono verificati nell'estate 2019, precisamente ad agosto. A inizio mese, vengono soccorsi 124 migranti dalla nave della organizzazione non governativa spagnola Open Arms. A questi, nei giorni successivi se ne aggiungono altri 39 e la Open Arms chiede un porto sicuro all'Italia. Alla nave, però, è applicato il decreto sicurezza bis e il divieto di entrare in acque italiane. 

 

Da qui inizia una lunga battaglia di ricorsi, giudizi del Tar ed esposti alla procura di Agrigento che durerà una ventina di giorni. Alla fine, dopo diversi trasferimenti il procuratore di Agrigento sale a bordo della nave e decide di disporre lo sbarco e il sequestro preventivo d'urgenza della nave, ipotizzando il reato di abuso d'ufficio. A novembre 2019, Salvini viene indagato dalla Procura di Agrigento per sequestro di appare abbastanza scontata. Ma non è finita qui Salvini, deve ancora affrontare il processo di Palermo per il caso della Open Arms. 

Per quanto riguarda quell'episodio, la Procura del capoluogo siciliano si è mostrata decisamente più agguerrita rispetto ai colleghi catanesi, anche se in realtà le accuse persona e omissione d'atti d'ufficio. A febbraio 2020 il tribunale dei ministri chiede al Senato l'autorizzazione a procedere. A maggio la Giunta per le immunità la respinge, l'Aula la approva. In questo caso, però, a differenza della Procura di Catania, i pm di Palermo il 20 marzo scorso hanno chiesto il rinvio a giudizio puntando sul fatto che il rifiuto all'attracco sarebbe stato un atto amministrativo e non politico: se l'atto politico è competenza del Parlamento, quello amministrativo è competenza dell'autorità giudiziaria e quindi il processo sarebbe giustificato. La prossima udienza sarà il 17 aprile. 

LA COMANDANTE TEDESCA
C'è poi la vicenda di Carola Rackete, la comandante della nave tedesca Sea Watch 3 che, sempre in quella estate 2019, nel tentativo di forzare il blocco navale italiano urtò una motovedetta della Guardia di Finanza. L'accusa contro Salvini in questo caso è di diffamazione per le esternazioni rilasciate nei confronti del giovane capitano tedesco (per esempio, nel corso di una diretta Facebook, Salvini definì la Rackete «una sbruffoncella che fa politica sulla pelle degli immigrati... pagata non si sa da chi». Il 17 gennaio scorso la Procura di Milano ha rinviato il leader leghista a processo. «Non vedo l'ora di incontrare la speronatrice» era stato il commento dell'ex ministro.

 

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