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La libertà di espressione? Va difesa solo se è di sinistra, altrimenti l'Europa tace

Bandiera europea  

Gianluca Mazzini
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Dallo scorso mese di febbraio si continua a parlare, anche in Italia, della chiusura di una radio libera ungherese: Klubradio, definita l'ultima emittente indipendente del paese. Sul banco degli imputati il premier Orban accusato di voler tacitare l'opposizione e i giornalisti. Subito è scattata l'indignazione di Bruxelles che si è detta "seriamente preoccupata". In una lettera spedita al governo di Budapest si legge che l'Ungheria «dovrebbe rispettare la carta Ue dei diritti fondamentali, inclusi i diritti alla libertà di espressione, all'informazione e la libertà di condurre impresa». Presa di posizione ineccepibile ma colpisce la diversità di comportamento di Bruxelles davanti a casi analoghi. Si prenda da noi la vicenda di Byoblu, il noto blog di Claudio Messora, chiuso in modo censorio e ingiustificato da Facebook.

 

Anche qui una voce libera e critica è stata silenziata ma nessuna istituzione, in Italia e in Europa, ha denunciato l'episodio e visto in pericolo la libertà di espressione. Per capire il criptico metro di giudizio sul tema l'eurodeputato Vincenzo Sofo, del gruppo Conservatori e Riformisti Europei (ECR), ha presentato un'interrogazione al Parlamento europeo.

DOPPIOPESISMO - «È evidente che né l'Unione né i singoli stati tutelino l'informazione sui colossi del web che ormai condizionano e orientano la vita sociale e politica a loro piacimento», denuncia Sofo. «Siamo davanti a una sorta di sistema di servizio pubblico non normato che nasconde anche opachi meccanismi di funzionamento. La chiusura di testate nazionali, regolarmente registrate, da parte del web è stata accolta in un silenzio assordante. Parallelamente Bruxelles tiene lezioni di democrazia ad Orban e agli stati di Visegrad ma si dimentica della libertà quando le vittime non fanno parte del politically correct. La libertà è ormai diventata un'arma politica per colpire gli avversari e non un valore assoluto da difendere».

 

 

BYOBLU - La maggioranza culturale che domina in Europa condivide esattamente questa impostazione. Se le libertà sono quelle a favore dei diritti LGBT o delle tesi immigrazioniste vanno difese con tutti i mezzi. Se ci troviamo davanti a critiche al pensiero mainstream allora non c'è tutta questa sensibilità e la censura non è un grande problema. Che ci sia, però, poca voglia di sottostare a questi diktat cultural-politici lo dimostra proprio il caso di Byoblu. Spiega il fondatore Claudio Messora: «Devo ringraziare i nostri 500 mila follower che si sono subito mobilitati contro la censura di Facebook che ha cercato di cancellare 14 anni di lavoro e di contenuti. Il nostro crowdfunding è un successo e sta raccogliendo centinaia di migliaia di euro che ci serviranno per acquisire frequenze digitali e trasmettere con la tutela di quella legge italiana che non viene riconosciuta dai signori dei social».

 

 

Il successo della raccolta fondi a favore della "Tv dei cittadini" di Messora dimostra come la gente abbia disperato bisogno di libertà. Di ascoltare punti di vista diversi e di confrontarsi. La provocazione di Byoblu costituisce un precedente importante perché dimostra come un pluralismo dell'informazione sia possibile anche senza i grandi editori. In Italia come in Europa.

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