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Coronavirus, siamo obbligati a seguire regole liberticide: un flagello normativo

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Iuri Maria Pardo
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La portata liberticida delle regolamentazioni anti-Covid non costituisce neppure il difetto più grave di quel flagello normativo: a renderlo anche più temibile è infatti l'assoluta incertezza che esso ingenera e per cui si caratterizza, con prescrizioni pazzoidi inviluppate in un groviglio semplicemente impossibile da estricare. I comportamenti dei cittadini sono ordinati - perché solo questo si capisce - da un generico obbligo di astensione: non circolare, non viaggiare, non manifestare, non lavorare, non svagarsi, non mettere a tavola con troppi coperti, insomma l'inibitoria indiscriminata di quel che fa una vita normale. 

 

Ma scrutinare il merito esatto dei divieti, delle sanzioni, delle esenzioni, delle scriminanti, dei lasciapassare dati fuori durante un anno di questa furibonda opera di decretazione significa perdersi in una palude disorientante. Si prenda il caso esemplare delle regole sull'uso delle mascherine, che nella percezione indotta dal terrorismo del potere pubblico si ritiene obbligatorio punto e basta: al contrario, ma appunto riesce ad esser peggio, è stabilito che devi avere sempre con te la mascherina ma puoi non indossarla quando «per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantito in modo continuativo l'isolamento da persone non conviventi». 

Che cosa significa? Diciamolo in latino: non significa un cazzo, e mi devi spiegare chi e come decide se le caratteristiche del luogo garantiscono l'isolamento (un vicolo è per definizione da esplorare mascherati?) e quando l'isolamento da continuativo diventa precario (un passante ogni tre ore fa scattare l'obbligo di bavaglio?). Si dirà: ma in fondo che sarà mai, infilati questa mascherina e smettila di rompere le scatole. Ma chi dice così non capisce che la libertà di spogliarsi di quel soffocante dispositivo, e il diritto di sapere bene dove essa finisce, e magari anche se la limitazione è sorretta da un motivo ragionevole, costituiscono i requisiti che distinguono la vita di una persona da quella di un automa: e fino a prova contraria è una distinzione che vorremmo poter rivendicare e vedere protetta anziché messa tra i dettagli sacrificabili in nome del modello italiano. 

 

Inutile aggiungere che il governante attuale lavora sulla base di un lascito altrui, e non ha colpa del pasticcio di incertezza prodotto dal predecessore in pochette, ma tra le tante cose che meriterebbero la sua attenzione c'è anche quell'esigenza: rendere almeno chiare e comprensibili, e dunque rispettabili, le già abbastanza nocive restrizioni che fanno irrespirabile la vita degli italiani.

 

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