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Vittorio Feltri, la sentenza: "Perché Mario Draghi su Erdogan ha sbagliato. Siamo più a terra della Turchia"

 Vittorio Feltri

Vittorio Feltri
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Premesso che con Erdogan non berrei neanche un caffè, ha sbagliato Draghi a definire pubblicamente il leader turco un dittatore, sebbene questi lo sia sotto ogni punto di vista. Il problema è che il despota, al vertice del suo Paese dal 2003, ha risposto per le rime al nostro premier, dicendo che l'Italia in fatto di regimi tirannici ha un'esperienza abbastanza importante. Egli si riferiva a Mussolini, il quale in effetti, essendosi oltretutto alleato con Hitler, non certo un angioletto, dimostrò a suo tempo inclinazioni liberticide. È così e c'è poco da discutere. Tra l'altro occorre rammentare che i nostri esecutivi non si sono mai opposti all'ingresso della Turchia nell'Unione Europea, forse pensando a vantaggi economici da verificare. Il che significa che Erdogan non ci faceva schifo prima che il presidente del Consiglio lo chiamasse oppressore.

 

 

Insomma in tutto questo mi sembra di ravvisare una tendenza di Draghi a contraddirsi, quantomeno ad esporsi a critiche pesanti e abbastanza fondate. Bisogna poi tenere conto di alcuni elementi incontestabili. Nelle classifiche internazionali riguardanti la libertà di stampa, che non è secondaria ai fini di valutare il livello di democraticità di una Nazione, l'Italia figura negli ultimi posti per motivi concreti. Intanto la stampa di casa nostra è quasi interamente di proprietà di imprenditori che, per quanto liberali, antepongono la propria tasca a quella dei lettori. Idem le radio e le televisioni, di sicuro non asettiche. La Rai non è privata e teoricamente non dovrebbe essere asservita a interessi personalistici, in realtà è un feudo della politica, dominio dei partiti di maggioranza. Quindi, quando si parla di autonomia dei giornalisti, si scherza ben sapendo di scherzare: la categoria a cui non appartengo da un po' è la più incline ad attaccare l'asino dove vuole il datore di lavoro. L'indipendenza, come si evince soffermandosi su ciò che ci circonda, è un mito, una illusione che tutti seduce e che nessuno è in grado di volgere in pratica.

 

 

Se aggiungiamo che noialtri siamo i soli al mondo a disporre di un ordine dei giornalisti, di ispirazione fascista e deputato a sanzionare i soggetti più indomabili, il panorama si completa. Forse non siamo schiavi, ma camerieri sì. Pertanto il governo di Roma non è abilitato ad assegnare patenti di autocrate a nessuno se non a se stesso. Pure perché perfino le parole che usano i cronisti ormai sono soggette a censura. Se dai del frocio a un omosessuale vai all'inferno. Inoltre l'invidia sociale influenza la mentalità progressista: chi ha guadagnato quattro soldi è giudicato un evasore fiscale, come minimo. Il guaio non è Erdogan, bensì siamo proprio noi, perdio.

 

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